Il «manifesto» di 74 pagine che Brenton Tarrant Harrison ha inviato via email al governo neozelandese dieci minuti prima di attaccare due moschee di Christchurch, per annunciare le motivazioni del suo «passaggio all’atto», contiene ogni sorta di riferimenti all’immaginario della destra radicale e del suprematismo bianco. Dal Sole nero delle SS che campeggia sulla prima pagina del documento, alla citazione del motto delle «14 parole» contro il «genocidio bianco» coniato dal neonazista americano David Lane; dall’appello ai «cristiani bianchi» perché caccino gli «invasori» islamici, all’apologia della strage (77 vittime) compiuta da Anders Breivik, «per salvare l’identità del paese», nella capitale norvegese nel 2011: come in un tragico decalogo sono elencati i temi ricorrenti dell’ideologia della «guerra razziale».

Ma su tutti, c’è un elemento che lo stragista della Nuova Zelanda, pur nel suo evidente delirio, indica come determinante per la propria scelta di agire. Fin dal titolo, «La grande sostituzione», il suo «manifesto» evoca l’idea che sia in atto in tutto il mondo occidentale un vasto e terribile complotto, ordito dal capitalismo cosmopolita in combutta con le sinistre antirazziste, per rimpiazzare le popolazioni autoctone con immigrati utilizzabili come manodopera a basso costo e portatori di «altre culture» e fedi, in primis quella musulmana. In base a questa profezia razzista, l’Occidente starebbe perciò conoscendo un «declino» che non può che portarlo all’annichilimento sia culturale che identitario.

Per quanto non così dissimile dalla follia di chi annuncia un possibile «genocidio bianco», la tesi della «Grande sostituzione» ha però valicato da tempo gli ambiti ristretti della destra radicale, finendo per accompagnare ovunque l’emerge del «nazional-populismo» e imponendosi, per questa via, tra gli argomenti dibattuti nel dibattito pubblico
Espressa per la prima volta compiutamente nel 2011 dallo scrittore francese Renaud Camus, l’idea che sia in atto Le Grand Remplacement – dal titolo del suo libro omonimo pubblicato quell’anno – delinea i contorni di una sorta di «contro-colonizzazione» rispetto a quella subita in passato dal Sud del mondo ad opera degli europei. «La maggior parte delle nazioni europee – scrive Camus – aveva un popolo, ma con un solo ricambio generazionale ne hanno già un altro o molti altri. Strade, quartieri, città intere si sono trasformate, sono diventate irriconoscibili; per non parlare delle scuole e dei trasporti pubblici. In zone sempre più vaste del territorio, gli autoctoni sono spariti, sono stati sostituiti». Il testo dell’attentatore di Christchurch riprende interamente questi argomenti, e anche la forma con la quale lo scrittore francese li ha espressi, vale a dire attraverso un viaggio per la Francia al termine del quale si è reso conto che «gli invasori hanno già sostituito gli autoctoni».

Oltre all’ossessione per i migranti, le tesi sul «remplacisme» di Camus, più volte protagonista anche di sortite apertamente antisemite e grande estimatore di Jean Marie Le Pen, sembrano echeggiare quelle di Samuel P. Huntington sull’inevitabilità di uno scontro di civiltà tra l’Islam e l’Occidente, e se si vuole anche un classico del complottismo, il cosiddetto «Piano Kalergi», dal nome di un aristocratico austriaco attivo fin dagli anni Trenta cui viene attribuito un inesistente progetto di «genocidio dei popoli europei».

Le idee di Camus sono però tra le più citate dagli oppositori radicali all’immigrazione. Dai tedeschi di Pegida a Marion Maréchal Le Pen, dagli Indentitari francesi a Casa Pound, da alcuni dei blogger più noti in questo circuito, come la canadese Lauren Southern e il norvegese Fjordman, dal polemista conservatore britannico Douglas Murray al giornalista francese Éric Zemmour, fino al premier ungherese Viktor Orbán e al vicepremier italiano Salvini che, senza citare esplicitamente l’autore francese sembra averne ripreso più volte le idee. Come quando nel 2014 via twitter sosteneva che «la sinistra, a livello mondiale, ha pianificato un’invasione (di immigrati), una sostituzione di popoli», o, nello steSso anno dai microfoni di «Radio Anch’io» spiegava che «lo Ius Soli in Italia non lo accetto, è una sostituzione di popoli».