Il disegno neocentrista dell’agenda Draghi
Crisi di governo Una svolta nella politica estera per i prossimi decenni seppellendo in un sol colpo l’Europa come terza forza, l’Eurasia e scenari futuribili di possibile neutralità
Draghi forever avevamo scritto a suo tempo. Era infatti chiaro fin dall’inizio che un governo affidato ad una figura di grande prestigio internazionale non sarebbe stato il solito esecutivo tecnico all’italiana.
E, col passare del tempo, è apparso subito evidente che se Conte aveva contribuito a sbloccare l’austerità verso l’Italia sfruttando la spinta emotiva del Covid, il varo di un Pnrr con tutti i dettagli tecnici, con procedure, processi e tappe dettagliatamente definiti e con un piano di riforme collegate, avrebbero fatto di Draghi ben più di un semplice capo di governo. Ne avrebbero fatto il garante verso l’Europa e verso i mercati di un processo pluriennale e strategico di governo del nostro paese.
Questo per più ragioni. Innanzitutto perché si tratta di un processo che si dispiega in un arco temporale quinquennale. In secondo luogo perché esso deve produrre effetti finanziari capaci di fronteggiare sia il debito preesistente che quello nuovo che lo stesso piano produrrà al netto dei finanziamenti a fondo perduto.
Un processo, quindi, che richiede un assetto politico che sia insieme riformatore e di risanamento finanziario; un assetto ben lontano dal quadro politico preesistente in cui le forze dominanti erano movimenti e non partiti e, per giunta, esasperatamente populisti. Un caos congeniale alla nascita di un nuovo ordine.
Quindi altro che governo di emergenza ed altro che governo tecnico. Al contrario, un governo con una visione e con un disegno politico ambizioso e complesso. E chi, allora, meglio di una persona che ha avuto grandi responsabilità, esperienze e relazioni? La scelta di Draghi è stata di questa natura. Ed egli si è mosso in coerenza con questo mandato.
Come spiegare altrimenti la capacità iniziale di intrecciare nella composizione del governo tecnici e politici e di far fare concretamente il Pnrr a tecnici e consulenti dando al Parlamento solo due giorni di tempo per esaminare un piano di quella portata? Idee chiare e scelte decise. Imposte da uno e digerite da tutti.
E, per avvicinarci ai fatti più vicini, come spiegare la capacità di districarsi nelle vicende seguite all’aggressione russa all’Ucraina muovendosi con lucida determinazione nelle due direzioni di rafforzare il legame Europa-Nato e di rafforzare l’egemonia Usa nella corsa ad un nuovo assetto geopolitico volto a confliggere con Russia prima e Cina dopo?
Un disegno, questo, di portata storica che, senza un dibattito democratico nel paese o nel parlamento, compie, sotto l’emozione della terribile guerra scatenata da Putin , una svolta radicale nella politica internazionale per i prossimi decenni seppellendo in un sol colpo l’Europa come terza forza, l’Eurasia e scenari futuribili di possibile neutralità.
Ma non si tratta solo di questo. In questo scenario va collocato anche il rapporto tra le diverse forze politiche assemblate per concorrere al governo di unità nazionale. Forze con storie ed identità diverse, spesso ricomposte con bonus e ristori, quindi con spesa pubblica mirata a gruppi sociali di cui i neopopulisti sono stati bravi portatori di interessi.
Un disegno, quindi, anche di politica interna: guidare un processo di ristrutturazione, di scomposizione e ricomposizione delle forze politiche, per produrre un nuovo scenario più omogeneo e stabile, coerente con gli obiettivi di lungo periodo di cui si parlava. La cornice è quella che viene definita come l’agenda Draghi, non scelta da nessuno, ma evocata da troppi, da forze diverse, sparse ed in forte agitazione.
La redazione consiglia:
Draghi, 516 giorni di politiche economiche conservatrici e fallimentariUn primo passo in questa direzione è stato fatto, non a caso, con la scissione di Di Maio che ha scomposto l’ex M5S e dato vita ad una formazione filo Draghi e ad un’altra oscillante tra una vecchia identità non riproponibile ed una nuova tutta da definire.
Non siamo ancora al partito di centro o a quello di Draghi. Ma su quella strada. Quello che è in ballo in questa crisi è il futuro di questo disegno e non solo il destino dei singoli protagonisti, Draghi o Conte, come vuol farci credere la cronaca.
Vedremo cosa accadrà. Ma i prossimi avvenimenti dovremo analizzarli con questa chiave di lettura. Perché è solo all’interno di questo processo che potremo e dovremo capire quale spazio e quale ruolo per le forze progressiste e di sinistra.
Certo poco dipende da noi e molto dagli altri . Ma già sarebbe tanto se potessimo evitare di ripetere schemi micropoliticisti di vecchi residui impregnati di personalismi ed identitarismi. Invece sembra che la storia tenda ancora a ripetersi.
Mentre tanti giovani sognano e gridano ambiente, clima, solidarietà, giustizia sociale, siamo lontani dal fare massa critica, dal produrre leadership, dal creare soggetti. Non ci resta che sperare che le spinte giovanili crescenti, il disagio sociale che monta, i movimenti che coinvolgeranno soggetti sociali e soggetti politici toccati dai processi di ristrutturazione che si sono messi in moto, aprano spazi ed attivino processi.
Forse avremo ancora Draghi e per un certo tempo. Sapendo, però, che non è un mago, ma espressione di un disegno politico sovranazionale che ha un segno conservatore e tutt’altro che progressista. E che la sinistra ha un senso ed un futuro se costruisce un disegno ed una visione alternativi.
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