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Il cambio dei principi costituzionali a trattativa privata

Autonomia rafforzata Carte quasi segrete, forzature leghiste, infortuni o incompetenze. Il passaggio di M5S di governo rischia di essere per il Sud come quello delle cavallette

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 21 giugno 2019

In politica la notte è spesso il tempo dei misfatti. Uno si è consumato nella commissione bilancio della camera dei deputati, che ha approvato un emendamento leghista volto a passare alle regioni i fondi per la coesione e lo sviluppo, sostanzialmente svuotando il ministero per il Sud. Una mossa contro la ministra Lezzi (M5S) e il Mezzogiorno.
Venendo dalla Lega, non meraviglia. Colpisce, invece, il parere favorevole dato dalla viceministra Castelli e dal relatore Raduzzi, entrambi M5S. O forse non ci sorprende, considerando che la prima – nata a Torino – è eletta in Piemonte, e il secondo – nato a Bressanone – è eletto in Veneto. E nemmeno ci sorprende il ricatto di Salvini: via l’emendamento in cambio del dossier autonomia per Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna in consiglio dei ministri. La ministra Lezzi nega lo scambio. Vedremo.

Supponiamo che il ricatto vi sia. Cosa arriverà in consiglio dei ministri? Il punto più grave è che a tutt’oggi non lo sappiamo. La ministra Stefani ci informa che si è lavorato per mesi e che le carte sono tante da non poter essere trasmesse al parlamento. Nemmeno le altre regioni hanno avuto modo – per quel che è noto – di vederle.

Le sole carte pubbliche sono sul sito del ministero autonomie, con l’etichetta «parte generale concordata». Danno poco più dell’elenco delle materie in cui le tre regioni hanno avanzato richieste, e di uno schema generale di privilegio fiscale, che concede a quelle regioni quote riservate e garantisce di veder sempre accrescere, e mai diminuire, le risorse loro assegnate. Ovviamente, a spese degli altri. Ma cosa si trasferisce davvero? Quanto costa, a chi? Lo sapremo solo con i decreti del presidente del consiglio dei ministri che disporranno in concreto il passaggio a ciascuna regione di poteri e risorse, in base alle determinazione di comitati paritetici ministero autonomie-singole regioni.
E quindi in consiglio dei ministri va una scatola vuota. Tutto si deciderà dopo la legge che approva – si fa per dire – le intese. Lo riconoscono in sede parlamentare Tria, Lezzi, Stefani, Giorgetti. Lo dice in audizione il 6 giugno il Presidente dell’Emilia-Romagna Bonaccini, ammettendo anche che la firma del pre-accordo con Bressa-Gentiloni fu una voluta e consapevole forzatura.

In realtà, come abbiamo più volte scritto, sui contenuti – dalla scuola, alla sanità, alle infrastrutture e molto altro – abbiamo elementi e ragioni di ritenere che siano del tutto inaccettabili. Nel retrobottega di una politica miserabile si va a cambiare irreversibilmente, a trattativa privata tra una ministra leghista e singole regioni, uno dei paradigmi fondativi della Costituzione del 1948: superare il divario Nord Sud-in una proiezione mediterranea e in chiave di eguaglianza dei diritti.

Invece, il Sud è la palla al piede della parte di Italia che potrebbe correre e ne viene impedita. Quindi, il divario deve rimanere, drenando dal Sud risorse per sostenere la corsa del Nord ad agganciarsi ai paesi forti dell’Europa. Per la nuova questione settentrionale superare il divario Nord-Sud sarebbe un danno, e non un vantaggio, per il paese.
Il tutto sulla base di cifre – come è stato ampiamente dimostrato – taroccate per anni al fine di rappresentare falsamente un Sud sprecone, male amministrato se non malavitoso, dedito a succhiare il sangue del Nord virtuoso ed efficiente. Un disegno che una volta partito per tre regioni scatenerebbe l’effetto domino di una ricorsa delle altre a dividersi le spoglie, strappando brandelli di potere a uno stato in via di dissolvimento, con buona pace dei diritti eguali.

Siamo nel merito e nel metodo lontanissimi dal disegno costituzionale, come afferma con forza un documento da ultimo approvato dall’Università di Napoli Federico II. L’emendamento passato in commissione è stato un infortunio? Per il Sud il Movimento ne ha accumulati troppi, dalla firma di un “contratto” che tace sul Mezzogiorno e invece assume l’autonomia per Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna come priorità, fino al parere favorevole ora dato in commissione che apre al ricatto di Salvini. È ormai evidente e provato il danno che viene al Sud dal regionalismo differenziato agli atti.

Infortuni, incompetenza o intelligenza con il nemico? Conta l’esito. Infortunio dopo infortunio, il passaggio di M5S di governo rischia di essere per il Sud come quello delle cavallette.

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