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Il cambiamento negli Stati uniti visto dalla procura di Philadelphia

Il cambiamento negli Stati uniti visto dalla procura di Philadelphia

Intervista Parlano gli autori della serie «Philly DA» Ted Passon, Nicole Salazar, Yoni Brook

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 9 marzo 2021

«L’elezione del procuratore distrettuale per noi è più importante di quella del presidente degli Stati uniti» dice un uomo durante un comizio nella sua comunità african american a Philadelphia. È in corso la campagna per l’elezione del nuovo District Attorney e le comunità più perseguitate dalla polizia e dal sistema penale – nella città con il maggior numero di detenuti degli Usa, a sua volta il paese «più incarcerato» al mondo – si sono mobilitate per Larry Krasner, un «outsider» la cui elezione sembra a tutti fantascienza: per trent’anni avvocato difensore e attivista per i diritti civili, vuole ora riformare dall’interno l’istituzione della procura contro cui ha combattuto per tutta la vita.

La sua schiacciante vittoria nel 2018 rappresenta l’inizio di Philly DA, la serie documentaria di Ted Passon, Yoni Brook e Nicole Salazar presentata nei giorni scorsi in Berlinale Series, che segue poi Krasner dentro gli uffici della procura, documenta il «terremoto» causato dalla sua elezione e soprattutto le sfide e gli ostacoli – fra cui il forte ostracismo della polizia – che incontra nel tentativo di correggere le storture di un sistema che, come osserva Passon, «non è mai stato pensato per aiutare le persone, ma per punirle».

Quando avete deciso di raccontare la campagna di Krasner?
Ted Passon: Conosco molti attivisti rappresentati da Larry: quando uno di loro nel 2017 mi ha detto che si era candidato alle elezioni per la procura era sembrata a tutti noi una cosa impossibile, quasi comica – ma anche se eravamo convinti che non avrebbe mai vinto ci interessava come questo avrebbe cambiato la conversazione sul sistema penale, e abbiamo cominciato a documentare la sua compagna. Quando poi è stato evidente che sarebbe diventato il nuovo District Attorney le nostre priorità sono cambiate: la storia non riguardava più le elezioni ma cosa sarebbe successo, le sfide che avrebbe affrontato. Così abbiamo passato i due anni successivi all’interno degli uffici della procura filmando le discussioni, le lotte per cambiare il sistema, allargando lo sguardo anche a quelle persone le cui vite sarebbero state influenzate da quelle decisioni – un ritratto a 360 gradi della mutazione della città.

Attraverso l’ufficio della procura di Philadelphia la serie affronta i temi che hanno scosso gli Stati uniti negli ultimi anni: razzismo, divisione di classe, violenza della polizia…
Nicole Salazar: I capisaldi della campagna elettorale di Larry non sono che la punta dell’iceberg del cambiamento necessario di un sistema che per generazioni non ha fatto che rendere il razzismo e la discriminazione sempre più radicati nella nostra società. La sollevazione popolare dopo l’omicidio di George Floyd prova che in tantissime persone c’è un grande desiderio di realizzare questi cambiamenti da un punto di vista politico, culturale e sociale. Speriamo che Larry Krasner e la sua gestione della procura possano rappresentare un esempio nel processo di smantellamento dello status quo in tutto il Paese: abbiamo voluto seguire questa storia molto oltre la sua vittoria delle elezioni proprio per avere un’idea di come il sistema avrebbe reagito, in che modo avrebbe ostacolato Krasner per tutelare se stesso.
Yoni Brook: La nostra serie è anche un modo per incoraggiare le persone a comprendere che ciò che accade nella propria città – a partire da chi è il DA – è una delle domande più importanti da porsi. Perché queste figure hanno un enorme potere che non sottostà ad alcun controllo: il loro operato su temi come la pena di morte o la libertà condizionata non può essere ribaltato neanche dal presidente. E porsi queste domande è fondamentale per capire come siamo diventati il paese «più incarcerato» al mondo.

La «riforma» di Krasner parte dal sistema della cauzione: quello che gli attivisti chiamano il «carcere per povertà». Chi non può permettersi di pagare resta in prigione in attesa di processo.
TP: Il sistema della cauzione in denaro è un’ottima metafora dell’intero sistema penale: chi ha i soldi se la cava, e chi non ne ha resta intrappolato nel sistema.
NS: E il sistema del patteggiamento è complementare a quello della cauzione: in tanti patteggiano mentre sono detenuti preventivamente, perché è il modo più veloce di uscire di prigione, dove altrimenti possono restare per anni in attesa che il loro caso venga dibattuto in tribunale. Secondo le statistiche il 95% dei casi in Usa viene risolto attraverso il patteggiamento – e tante di queste persone sono probabilmente innocenti.

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