Cultura

Il business della libertà di parola

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Internet La rete messa sotto controllo dagli stati nazionali e imprese globali. Per reprimere i movimenti sociali, ma anche per fare profitti

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 27 agosto 2014

È storia antica, quella dei virus debitamente sviluppati per poi presentare sul mercato programmi informatici sviluppati per difendersi da essi. Ma ormai la Rete è un mercato maturo, non tollera più i giochetti artigianali di piccole imprese che funzionano così. Su Internet le tecnologie della sorveglianza e del controllo sono infatti diventate un settore in forte espansione, che vede come committenti stati nazionali e imprese globali. Sono cioè parte integrante del complesso digitale-militare che consente tassi di sviluppo ancora al di sopra della soglia di sicurezza per l’informatica. Senza di esso, il termini più usato per indicare l’high-tech sarebbe crisi.
È stata la vicenda del Datagate a svelare definitivamente una realtà fatta da governi che finanziano lo sviluppo di programmi informatici per «spiare» le comunicazioni on-line. Oppure per colpire dissidenti e movimenti sociali. Alcune volte sono imprese private che hanno le commesse statali; altre volte sono università pubbliche, come testimonia il coinvolgimento dei centri di eccellenza informatici di Israele nello sviluppare programmi per la cyberwar contro le organizzazioni palestinesi. O di università cinesi che lavorano per i servizi di intelligence per tenere sotto controllo – con risultati alterni, però – gli utenti della Rete.
Le tecnologie del controllo sono cioè diventate una faccenda seria, che costringe a ripensare radicalmente il cyberspazio. Non più terra promessa di una libertà radicale, ma una realtà dove il panopticon è un residuo passivo di altri tempi. Internet infatti non è una realtà dove opera un «grande fratello» che tutto controlla, bensì è un synopticon che vede moltiplicarsi sistemi di controllo e sorveglianza tesi alla raccolta di dati, che vengono elaborati, impacchettati allo scopo non solo di limitare la libertà di espressione, ma anche per vendere «profili» alle imprese che pianificano le loro strategie di vendita. Il controllo e la sorveglianza sono cioè parte integrante di una valorizzazione capitalistica della comunicazione. Tutela della privacy come diritto universale e anonimato, così come lo sviluppo di software per «difendersi» da cookie, malware e spyware sono, ognuno a suo modo, strumenti indispensabili per sviluppare strategie di resistenza al controllo statale e imprenditoriale della Rete.

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