Con lo stop improvviso dello sconto in fattura e della cessione del credito per qualsiasi incentivazione sull’efficienza energetica in edilizia senza cercare alternative attraverso un confronto costruttivo con gli stakeholder, si è rallentato il lavoro fatto da oltre dieci anni sulla ristrutturazione edilizia, in un paese che ha uno dei parchi immobiliari tra i più energivori – costosi da gestire – in Europa ed è anche fortemente sismico.
SENZA CESSIONE DEL CREDITO diventa difficile sostenere le politiche di riqualificazione edilizia nel futuro, specialmente per tutte quelle fasce di popolazione per le quali la sola detrazione fiscale in più anni non è accessibile, come gli incapienti sul piano dell’Irpef, le persone a basso reddito e gli anziani.

SPESSO SI TRATTA DI SOGGETTI per i quali il caro bollette rappresenta una grande differenza dal punto di vista della qualità della vita, che non possono o faticano ad anticipare il 100% delle spese da sostenere o ad attivare un finanziamento. Si dovrebbero piuttosto sviluppare meccanismi finanziari per rendere l’efficienza energetica più attraente per l’intera filiera costruendo una linea di sviluppo industriale nazionale, inserita in una strategia energetica pluriennale, con strumenti strutturali migliorati sulla base delle esperienze di questi anni.

SE CI SI COMPORTA COSÌ con l’efficienza energetica, nonostante quanto certificato da Enea di una riduzione di circa 1,1 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio ogni anno rispetto agli attesi 1,26, non solo si nega l’importanza del processo di decarbonizzazione, ma si negano anche i molti altri benefici collegati, di natura fiscale ed occupazionale, evidenziati dal Censis nel recente rapporto Ecobonus e Superbonus per la transizione energetica del Paese.

IL CENSIS HA STIMATO a ottobre 2022, circa 115 miliardi di spesa attivata a fronte di 55 miliardi di investimenti da parte dello Stato, con 900 mila addetti attivati. E rispetto al calcolo dei supposti 110 miliardi fatto dal Governo non si considerano le entrate correlate all’incremento dei lavori come per esempio invece calcola correttamente il Censis. In pratica ora si bloccano gli incentivi sull’efficienza energetica, mentre non si sono toccati gli oltre 20 miliardi di sussidi alle fonti fossili che paghiamo ogni anno.
RECENTEMENTE ABBIAMO affermato che la struttura del Superbonus doveva essere rivista proprio in funzione degli obiettivi posti dalla nuova Direttiva sull’efficienza energetica che fissa una road map precisa. Ma con il decreto che ferma lo sconto in fattura e la cessione del credito non si fa cenno a una programmazione, bensì s’inverte la rotta sui fronti della decarbonizzazione, degli aiuti energetici ai cittadini e si nega di fatto alle imprese e agli altri rappresentanti della filiera edile la capacità di crescere e strutturarsi per guidare un nuovo rinascimento dell’edilizia, in direzione sostenibile consegnando il Paese a un ruolo di retroguardia sulle ecotecnologie.

Occorre non eliminare ma, facendo tesoro degli errori del passato, migliorare gli strumenti con un decalage, tarando meglio gli incentivi, come per esempio limitarli alle prime case, non riferirli alle caldaie fossili, adottando delle strategie di calmieramento dei prezzi dei materiali e proteggendo le fasce di popolazione più deboli. Questo ci saremmo aspettati da un Governo che vuole rispettare gli impegni presi in sede europea sulla decarbonizzazione e sulla sicurezza energetica e l’attenzione ai conti di imprese e famiglie.
IL GOVERNO, SE NON SI CAMBIA l’impostazione, ha scelto la stasi economica, la disoccupazione di migliaia di addetti e il fallimento di altrettante migliaia di Pmi, l’ossatura del nostro sistema industriale. Speriamo in una modifica sostanziale durante il passaggio del decreto in Parlamento, per il quale noi del Coordinamento FREE siamo a disposizione di tutte le forze politiche per fornire idee e contenuti».