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I movimenti del papa

I movimenti del papaJõao Pedro Stedile, dell'Mst

Intervista Jõao Pedro Stedile, dell'Mst, al III incontro mondiale in Vaticano

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 2 novembre 2016

Da oggi a sabato, si svolge in Vaticano il III incontro mondiale dei movimenti popolari,voluto dal papa sui temi che gli stanno a cuore:Tierra, Techo y Trabajo, Terra, Casa e Lavoro.

Ne abbiamo parlato con Jõao Pedro Stedile, del Movimento Sem Terra (Mst),uno dei principali organizzatori.

Quali sono le aspettative dei movimenti popolari?

Da quando Francesco ha assunto il pontificato ha manifestato in diverse forme la volontà di costruire un ponte con i movimenti popolari, i lavoratori esclusi, i popoli nativi, gli indigeni, con le persone di tutte le etnie e religioni per analizzare i gravi problemi dell’umanità che affliggono la maggioranza della popolazione. Così abbiamo costruito un percorso permanente di dialogo. Abbiamo realizzato un primo incontro nel 2014, poi uno più latinoamericano e poi uno di massa in Bolivia, nell’agosto del 2015. E ora continuiamo con questo terzo, che riunisce oltre 200 compagni di tutti i continenti. Andremo avanti nella discussione su temi brucianti dell’umanità che riguardano tutti: quello della democrazia borghese ipocrita che non rispetta la volontà della popolazione; l’appropriazione privata dei beni comuni della natura, e i temi che avanzano i rifugiati in tutto il mondo. Da questo dialogo fruttuoso, traiamo sempre delle conclusioni, sintesi collettive, che ci aiutano poi a sviluppare dibattito politico con le nostre basi sociali sui gravi problemi che abbiamo nel mondo, sfortunatamente gli stessi ovunque, su quali ne siano le cause, e cosa dobbiamo fare per affrontarli.

Ma intanto continuano gli omicidi di ambientalisti, di chi difende i territori e le risorse, dall’Honduras alla Colombia. La deputata indigena Milagro Sala è sempre detenuta in Argentina e in Brasile Michel Temer spalanca le porte alle multinazionali del transgenico.

Si, purtroppo. Nel primo incontro a Roma abbiamo avuto la presenza di Berta Caceres, che ha consegnato un lungo documento al Papa sulle aggressioni del capitale all’ambiente e ai popoli indigeni in tutto il Centroamerica. In questo incontro non ci sarà. E’ stata assassinata. E molti altri, minacciati dal capitale e dai suoi governi in diversi paesi, non verranno a questo incontro. Per questo, certo che discuteremo con più profondità ancora dei crimini di ambientalisti che aumentano in tutto il mondo. E perché aumentano? Perché in tempo di crisi strutturale del capitalismo, le grandi corporazioni aumentano la pressione per l’appropriazione rapida e privata dei beni della natura, perché è la forma più veloce di trarre profitti straordinari, per l’enorme differenza tra il costo di estrazione (il valore del lavoro) e il prezzo del mercato, di beni che sono rari. In questo senso, fin dal primo incontro, siamo andati molto avanti nel dibattito. L’enciclica Laudato si’ raccoglie queste riflessioni comuni nella dottrina cristiana, ma le diffonde anche tra gli ambientalisti e i movimenti popolari. Questa enciclica è il nostro principale strumento per far crescere la coscienza e il dibattito in tutto il mondo. Francesco è riuscito a fare una sintesi del problema ambientale che nessun pensatore di sinistra aveva fatto prima.

Molte cose, purtroppo, sono cambiate dal secondo incontro: in Brasile, in Argentina…

E qui va approfondito il tema della falsa democrazia e del fallimento degli stati. Non si tratta solo di un’ondata offensiva della destra. E’ il fallimento del vecchio stato borghese, creato dalla borghesia industriale in Europa nel secolo XVIII che ora non funziona: nemmeno più per gli interessi del capitale finanziario. Gli stati nazionali non servono più al capitale finanziario e alle corporazioni internazionali, che fanno quel che vogliono. E le elezioni non rispettano più la volontà popolare, perché il voto è manipolato dalla televisione, dal denaro delle imprese, dalla corruzione, e questa situazione provoca disaffezione e scetticismo nelle masse. Ci aspetta un lungo cammino, però di certo dobbiamo pensare a un altro tipo di stato, altre forme di democrazia partecipativa, popolare. Per questo abbiamo invitato anche la moglie di Sanders, dagli Stati uniti, e Pepe Mujica, dall’Uruguay a discutere con noi in questo terzo incontro.

Per il Bicentenario dell’indipendenza dell’Argentina, il papa ha inviato un messaggio apertamente “bolivariano”. Come si evidenzia il tema della Patria Grande in questo incontro? E che pensa del dialogo tra Maduro e l’opposizione, assunto dal Vaticano in Venezuela?

Papa Francesco conosce molto bene tutto il Latinoamerica, fin dai tempi in cui aiutava a coordinare gli incontri del Consiglio episcopale latinoamericano. Nell’ultimo, realizzato in Brasile, ha coordinato la redazione del documento finale. Penso che abbia assunto un impegno profondo con tutti i poveri, i lavoratori, che proviene dal Vangelo. E sa che la maggioranza in tutto il continente continua a essere sfruttata da una minoranza, l’1% dei capitalisti, ora subordinato agli interessi delle imprese transnazionali e delle banche straniere. Per questo, sempre si pone dalla parte dei lavoratori e contro le grandi corporazioni. Credo che, a parte le contraddizioni dello Stato del Vaticano, che deve mantenere una diplomazia di buon vicinato con tutti gli altri stati, il papa sappia quel che sta succedendo in Venezuela. Lì si sta svolgendo uno scontro per il controllo della rendita petrolifera: per decidere se continuerà ad essere impiegata per gli investimenti sociali per tutto il popolo o se tornerà a servire gli interessi di una minoranza. Certo che il paese vive una grave crisi economica, come del resto tutto il continente, dal Messico al Cile. E tutti i modelli economici adottati negli ultimi decenni sono in crisi. E’ positivo che il Papa abbia tenuto un atteggiamento di negoziato nel caso del Venezuela, perché la destra chiede la guerra, vuole affossare il governo, come già ha fatto in Honduras, Paraguay e Brasile, con golpe istituzionali. Oppure con la manipolazione mediatica come fa in Messico, Guatemala, Panama, Perù, Colombia, Argentina, Cile, per citarne alcuni.

E a che punto sono le lotte dei movimenti popolari in Brasile e nel Latinoamerica?

Il Brasile vive una grave crisi economica, politica, sociale e ambientale, come tutto il continente. Di fronte a questo, i governi subordinati agli interessi degli Stati uniti e alle sue imprese, stanno implementando politiche neoliberiste sempre più selvagge: il che significa togliere diritti ai lavoratori, conquistati nel corso di secoli, appropriarsi delle risorse pubbliche e del bilancio, riducendo al minimo le spese sociali di educazione, salute, eccetera, appropriarsi delle risorse naturali, e incrementare misure repressive contro le manifestazioni. Però, in Brasile, e in ogni parte, ci sono reazioni, mobilitazioni popolari. Comunque, stiamo resistendo, siamo in una situazione di riflusso del movimento di massa in generale, in tutto il continente, però credo che, per via delle condizioni oggettive e della situazione politica, i problemi si aggraveranno e che ben presto la classe lavoratrice e la gioventù scenderanno in strada: però non solo per protestare, ma per esigere nuovi modelli di politica economica, nuovi programmi, nuovi governi. Siamo a questo punto, cerchiamo di far crescere la coscienza, organizzare i movimenti popolari, perché lottino, e vedere se in un futuro prossimo il movimento di massa si risolleva, sia in Brasile che in vari paesi del continente colpiti dal neoliberismo. E ci sono segnali in questo senso, perché la gioventù comincia a muoversi, già abbiamo oltre 1000 scuole secondarie occupate dagli studenti, e ora hanno cominciato le università, già sono dieci, compreso ieri gli studenti dell’università di Brasilia, hanno occupato…

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