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I microbi che ci sono sempre stati

I microbi che ci sono sempre stati

Materia oscura Al di sotto della boscaglia sudafricana, un gruppo di biologi un po’ speciali hanno trovato una colonia di microbi che abita lì da circa due miliardi di anni

Pubblicato 14 minuti faEdizione del 11 ottobre 2024

Al di sotto della boscaglia sudafricana, un gruppo di biologi un po’ speciali hanno trovato una colonia di microbi che abita lì da circa due miliardi di anni. È un sacco di tempo: la vita sulla Terra è comparsa circa tre miliardi di anni fa e da allora è evoluta parecchio insieme al pianeta: nell’atmosfera il metano è stato sostituito dall’ossigeno, il ghiaccio ha coperto la Terra e si è sciolto, cinque estinzioni di massa hanno azzerato la biodiversità – poi regolarmente rifiorita – e i continenti si sono separati, uniti e di nuovo separati. Scoprire che dei microbi sono passati indisturbati attraverso gran parte di questa storia travagliata è dunque una scoperta notevole.

A realizzarla sono stati gli scienziati di un team internazionale guidato dal giapponese Yohey Suzuki, che con i colleghi di varie università sudafricane e tedesche ha prelevato un campione di roccia da una profondità di quindici metri sotto l’altopiano del Bushveld, nel nord-est del Sudafrica. Nelle fratture del campione, gli scienziati hanno trovato i segni della presenza di organismi unicellulari. Le rocce in cui si trovano si sono formate dalla lenta solidificazione del magma e da allora non si sono mosse. Dunque, ritengono gli scienziati che hanno pubblicato la scoperta sulla rivista Microbial Ecology, quei microbi si sono adattati a un habitat stabilissimo e in due miliardi di anni non sono evoluti. Senza accesso a aria o acqua, sopravvivono metabolizzando le sostanze organiche e inorganiche presenti nei minerali argillosi. Rappresentano la forma di vita più antica sopravvissuta fino a noi, tra quelle scoperte finora. In precedenza, la forma di vita sulla Terra con l’evoluzione più antica era stata trovata sotto il fondale di un antico oceano nella Penisola Arabica e risaliva a 100 milioni di anni fa.

I microbi delle rocce sudafricane possono rivelarsi una miniera d’oro per la biologia evoluzionistica. «Studiando il Dna e il genoma di microbi come questi, potremmo riuscire a capire l’evoluzione delle forme primordiali di vita sulla Terra» sostiene Yohey Suzuki, che insegna all’università di Tokyo. Su quella fase abbiamo infatti pochissime informazioni. Dai fossili arrivano informazioni frammentarie che testimoniano l’esistenza di forme viventi risalenti a oltre tre miliardi di anni fa ma senza altre informazioni. Trovare e analizzare Dna così antichi è impossibile: il Dna si degrada e oggi al massimo si riesce a analizzare quello risalente a qualche decina di migliaia di anni fa. Lo studio a ritroso sulle mutazioni permette di ricostruire a grandi linee la tempistica dell’evoluzione, ma con un notevole grado di incertezza. Molte domande perciò non hanno risposta. Analizzare i microbi sotterranei del Sudafrica invece ci permette di guardare in diretta un organismo adattatosi in un pianeta assai diverso da quello attuale e rispondere ad alcuni di quegli interrogativi: da quali geni è iniziata la vita, perché quei mattoni e non altri, quanto è stato fortuito l’evento da cui tutto è nato?

Ma la prospettiva si allarga anche a mondi diversi dal nostro. Suzuki lavora nel Dipartimento di «Scienze terrestri e planetarie» ed è pronto a analizzare rocce assai più lontane del sottosuolo del Sudafrica. «Sono molto interessato all’esistenza di microbi sotterranei sulla Terra, ma anche alla possibilità di trovarne su altri pianeti» dice. Il rover Perseverance della Nasa sta riportando sulla Terra da Marte rocce che hanno un’età simile a quelle che abbiamo analizzato in questo studio» dice lo scienziato giapponese. «Trovare vita microbica in campioni terrestri risalenti a 2 miliardi di anni fa e confermarne l’autenticità mi fa pensare a quello che potremmo trovare nei campioni prelevati su Marte».

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