I fantastici labirinti delle musiche libere sul palco di Forlì Open
Festival Quartetto Maurice, Zaum Percussion, Large Unit, l’edizione 2019 della rassegna creata da Area Sismic
Festival Quartetto Maurice, Zaum Percussion, Large Unit, l’edizione 2019 della rassegna creata da Area Sismic
Un carosello eccitante e infernale. Questo è Forlì Open Music. Tanti interpreti tanti autori. Ognuno è una passione, ognuno è un problema. Occorre riflettere su Scelsi e Romitelli, su Bertoncini e Stroppa, su Bussotti e Scodanibbio, occorre riflettere sul Quartetto Maurice e sulla Large Unit di Paal Nilssen-Love, su Zaum Percussion e sul duo Monica Benvenuti-Francesco Giomi. E ce ne sono altri dello stesso alto livello. Che ti fanno godere e ti mandano all’inferno perché gli idiomi delle musiche libere, scritte o no, sono dei fantastici labirinti e non sei mai sicuro di uscirne.
LA REGIA è di Area Sismica. Si punta sulla radicalità, naturalmente. Il Giacinto Scelsi di Quartetto n. 4 è in cerca dell’essenza dell’unico suono ma ha fame di melodia, di timbri densi negli unisoni e di inquietanti/trattenuti giochi polifonici. Il Quartetto Maurice (Georgia Privitera e Laura Bertolino, violini, Francesco Vernero, viola, Aline Privitera, violoncello) letteralmente incanta. Un quartetto d’archi così sapiente e così affilato, così ricettivo del contemporaneo che è un modo di esistere oltre che un modo di suonare, in Italia ce lo sogniamo, e adesso il sogno si avvera. Le tre ragazze e il ragazzo mirabili sanno come prendere Fausto Romitelli, che amava il rave e qui (Natura morta con fiamme) lo fa solo intravedere con blocchi di suoni violenti che diventano materici con l’aggiunta dell’elettronica. L’elettronica è invece una voce in più nel Mauro Lanza di The 1987 Max Headroom Broadcast incident, con processi rumoristici fascinosi appena un po’ teatrali.
Zaum Percussion è formato da Simone Beneventi, Carlota Cáceres, Lorenzo Colombo. Proprio belli a rendere la raffinatezza indicibile, la lieve sonorità gestuale di Tune di Mario Bertoncini, pezzo che è ormai un hit in mano loro. E fanno conoscere il Polaris di Lorenzo Pagliei, prima uno studio sui gravi poi un battito quasi jazzistico in continuum. Joe Morris, chitarrista, è l’unico improvvisatore totale della prima serata. I momenti d’oro del suo set sono quelli in cui espone una fervida dura «inespressività».
Bussotti oh Bussotti! Saranno ormai classiche le pagine del grande Sylvano da Il Nudo, ma quelle per voce sola interpretate da Monica Benvenuti funzionano bene nella seconda giornata. Che piacere trovare la piega voluttuosa del canto disarticolato, il languore feroce. I frammenti di Attacca subito in versione per elettronica sola affidati a Francesco Giomi sono la miglior musica d’oggi che si possa desiderare, con i crepitii violenti, la voce di Bussotti che recita poche parole, le onde dolci come di synth, i fuochi d’artificio del pianoforte, tutto dentro le macchine. Benvenuti e Giomi sono assieme per Lacrimae e intrecciano canto e suoni digitali conquistando un’atmosfera di soavità.
MA FORSE la nuova «nuova musica» è quella delle Miniature estrose di Marco Stroppa suonate con chiarezza cristallina e sereno abbandono dal pianista Erik Bertsch (italiano nato in Olanda). Nessuna esitazione a sposare un leggiadro decorativismo mantenendo gusto e razionalità. O forse la è quella del compianto Stefano Scodanibbio in Terre lontane per piano, nastro e video. Un vagare attento e inquieto con successioni di accordi. Il pianista «di riferimento» non può essere altro che Fabrizio Ottaviucci.
NON C’È DUBBIO che è musica nuova, dirompente e meditata, quella del Large Unit diretto dal drummer norvegese Paal Nilssen-Love. Il gruppo di 15 musicisti interpreta una sinfonia ultra-free fatta da sortite combinate dei solisti – il sax alto, la tromba, il trombone, il sax baritono, la tuba, la chitarra elettrica, il live electronics -, da duetti, terzetti, pieni orchestrali sempre con frasi distinte mai in unisono, intermezzi di una fisarmonica siderale, una chiusura in pianissimo che farebbe invidia a Morton Feldman. Finale strepitoso della rassegna. È l’ora delle riflessioni su passioni e problemi.
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