Non bastasse l’ormai infinita ondata di protesta dei movimenti sociali in Brasile contro il modo in cui è stato organizzato il Mondiale di Calcio 2014, esce sempre più alla luce del giorno la precarietà dei lavoratori del pallone nel Paese pentacampione del mondo.

Si è saputo in questi giorni che molti calciatori semplicemente non vengono pagati dalle loro società, nonostante negli 80 club più importanti siano sottoposti a calendari sportivi massacranti. Altri calciatori, invece, che giocano nei club meno rappresentativi (oltre 500), rimangono fermi quasi tutto l’anno.

Dinanzi a tanta disuguaglianza, ci si arriva a chiedere: c’è buon senso nel calcio brasiliano?

La risposta è sì, e si chiama proprio Bom Senso Futebol Clube (Bsfc). È un gruppo creato nel settembre del 2013 per occuparsi dei diritti dei calciatori, nonché dei tifosi e dello sport in genere.
Come più di trent’anni fa, quando la Democrazia Corinthiana di Sócrates, Wladimir e Walter Casagrande disturbò la pace sia dei dirigenti dei club che della stampa sportiva conservatrice, in Brasile, il Bom Senso non fa che ricevere critiche da tutte le parti, nonostante l’impegno profuso.

Per esempio, è bastato che i calciatori provassero a protestare contro l’aggressività della tifoseria e contro tutti gli altri problemi stando fermi in campo per 30 secondi, l’anno scorso, per scatenare un putiferio. «Esagerano», dice l’ex-calciatore Carlos Alberto Torres, eroe del Mondiale del ’70. «Sbagliano obiettivi», critica l’attuale mega-dirigente Ronaldo. Non la pensa così l’ex centrocampista Raí Souza Vieira, fratello più piccolo del «Dottor» Sócrates: «È un’iniziativa lodevole, ispirata a Sócrates. Bisogna creare la cultura del riflettere sui problemi della categoria, non dimenticando che il calcio è un riflesso della società», ha detto in un’intervista tv.

StanChi di non essere ascoltati dai dirigenti, i ragazzi del Bom Senso – ormai una realtà a cui hanno aderito 1200 atleti – hanno firmato una proposta di legge per la responsabilità fiscale delle società calcistiche, e un paio di altre misure per riportare fairplay e trasparenza nel calcio brasiliano. Per rafforzare il loro impegno, la settimana scorsa un gruppo di12 atleti del Bsfc sono andati a Brasília per parlare con la presidentessa Dilma Roussef, tentando di sensibilizzarla riguardo la loro precarietà, dovuta alla cattiva gestione del calcio brasiliano. Tra i calciatori c’erano Gilberto Silva, pentacampione del mondo, Juan (ex-Roma) e Dida (ex-Milan): «La presidentessa si è detta costernata e ci ha tenuto ad assicurarci che non era a conoscenza di questa situazione».

Nonostante la pressione contraria dei detrattori, le minacce dei dirigenti e il malessere venutosi a creare tra le emittenti tv e i potenti sponsor, i ragazzi del Bom Senso Futebol Clube non mollano: «Dobbiamo aspettare che il nostro progetto di legge passi al Senato, e che dopo sia inviato alla presidenza della Repubblica per essere approvato». E avvertono: «La partita non è ancora finita». Forza Bom Senso.