L’estrema destra brasiliana ha un nuovo mito. Il miliardario Elon Musk, già molto vicino all’ex presidente, ha definitivamente conquistato i cuori dei bolsonaristi attaccando a testa bassa il ministro della Corte suprema Alexandre de Moraes, colpevole di aver bloccato account di X sospettati di diffondere fake news.

«Questo giudice ha sfacciatamente e ripetutamente tradito la costituzione e il popolo del Brasile. Dovrebbe dimettersi o essere sottoposto a impeachment», ha scritto il capo di Tesla e proprietario di X, minacciando di ripristinare i profili bloccati per volere del giudice e accusandolo di aver «imposto pesanti multe», minacciato di arrestare i suoi dipendenti e «tagliato l’accesso a X in Brasile». Con la conseguenza, ha detto, di perdere «probabilmente tutti i guadagni» e «chiudere l’ufficio». «Qualcuno salvi il Brasile!», ha concluso.

GIÀ DA MOLTO tempo oggetto della furia bolsonarista – il progetto di decreto golpista presentato da Bolsonaro ai vertici militari prevedeva nientedimeno che il suo arresto – Moraes non si è fatto intimidire, ordinando, in risposta agli attacchi ricevuti, l’apertura di un’indagine contro il magnate statunitense, per ostruzione alla giustizia e incitamento al crimine. E ha pure incluso il suo nome nell’indagine sulle fake news per la «strumentalizzazione criminale della piattaforma digitale», affermando che «il social network deve astenersi dal disobbedire agli ordini giudiziari» e minacciando una multa equivalente a circa 20.000 dollari al giorno per ogni account riattivato.

NELL’INEDITO braccio di ferro tra il miliardario e il giudice responsabile delle indagini sui fatti golpisti dell’8 gennaio 2023, si è subito inserito Bolsonaro, che nel maggio del 2022 aveva già ricevuto una visita (blindatissima) del ceo di Tesla e dell’azienda aerospaziale SpaceX, interessato a lanciare sul territorio brasiliano il suo servizio Internet satellitare Starlink, presentato – in mezzo ai tagli all’educazione e alla devastazione ecologica portati avanti dal governo – come la soluzione magica per 19mila scuole senza connessione nelle aree rurali e per il monitoraggio dell’Amazzonia. Un affare a cui il governo Lula non aveva poi dato seguito.

Due anni più tardi, spinto alle corde dalle indagini sul suo tentativo di golpe ma non ancora sconfitto (gli ultimi sondaggi lo danno di poco al di sotto di Lula in termini di popolarità), Bolsonaro ha individuato in Musk un alleato preziosissimo, descrivendolo come un «mito della libertà»: «La nostra libertà oggi, gran parte di essa, è nelle sue mani», ha dichiarato l’ex presidente durante una diretta web, esaltando il miliardario per «non essersi lasciato intimidire» e annunciando una nuova manifestazione «per la nostra democrazia e la nostra libertà» il 21 aprile a Copacabana.

E IMBALDANZITI dall’audacia del magnate, Flávio Bolsonaro e il deputato Nikolas Ferreira hanno annunciato di voler presentare alla Commissione per i diritti umani dell’Oea (l’Organizzazione degli stati americani) una causa contro Moraes, includendo le dichiarazioni di Musk. Mentre un gruppo di parlamentari e di influencer di estrema destra ha lanciato un manifesto in appoggio al proprietario di X, in cui, denunciando le «minacce» di cui sarebbe vittima, rivendica il diritto alla «libertà di espressione» contro ogni abuso di potere e chiede l’impeachment del giudice della Corte suprema.

DALLE FORZE progressiste, invece, piena solidarietà a Moraes, un giudice conservatore che – nessuno in Brasile ha ora interesse a ricordarlo – si era persino schierato a favore dell’arresto di Lula nel 2018, e che adesso, per uno dei tanti scherzi del destino, è diventato una sorta di eroe della democrazia brasiliana. «Attaccando il ministro Alexandre de Moraes, presidente del Tribunale superiore elettorale, il miliardario Elon Musk minaccia direttamente lo stato di diritto e le istituzioni del nostro paese», ha dichiarato la presidente del Pt Gleisi Hoffmann, sostenendo la necessità di una regolamentazione delle piattaforme digitali – diventate ovunque il principale veicolo di diffusione dell’estrema destra – affinché non siano più «al servizio della diffusione di menzogne e di campagne d’odio».