«Grano padano», una questione di forma
Prima pagina del 24 ottobre Il consorzio ci scrive
Prima pagina del 24 ottobre Il consorzio ci scrive
Egregio Direttore,
sul numero del 24 ottobre del quotidiano da lei diretto figura in grande evidenza in prima pagina e richiamato nelle pagine interne il titolo «Grano padano».
Detto titolo è riferito ad un articolo a firma di Andrea Colombo dedicato all’esito dei referendum per l’autonomia tenutisi in Lombardia e Veneto domenica 22 ottobre e il contenuto dell’articolo in questione non presenta quindi alcun problema per quanto ci riguarda.
Dobbiamo viceversa stigmatizzare decisamente il titolo dell’articolo in questione, che riecheggia volutamente e in maniera fin troppo evidente la Denominazione di Origine Protetta Grana Padano, facendone un uso che verosimilmente vorrebbe risultare spiritoso, ma che di fatto si rivela del tutto inappropriato e inopportuno, in quanto si risolve in un grave ed ingiustificato danno per il prodotto da noi tutelato.
Non crediamo ci sia bisogno di ricordare che il formaggio Grana Padano, autentico vanto della migliore tradizione agroalimentare italiana ed emblema dello straordinario patrimonio agroalimentare del nostro Paese, è il formaggio DOP più venduto nel mondo, trasformando il 25% della produzione di latte italiana, proveniente da 4.300 allevamenti e lavorato in 130 caseifici, dando lavoro a 40.000 persone nel comparto e generando un valore di 1.550 milioni di Euro alla produzione e 2.684 milioni di Euro al consumo.
È del tutto evidente che il titolo in questione, considerata la specifica tematica dell’articolo a cui è riferito, non fa altro che gettare indirettamente discredito sulla Denominazione di Origine Protetta e dunque sul formaggio a cui essa è attribuita, in quanto produce l’associazione diretta ed immediata ai territori della Lombardia e Veneto che, se costituiscono la parte principale della zona di origine del formaggio Grana Padano, non rappresentano certo la totalità di detta zona e in ogni caso penalizza la dimensione nazionale ed intemazionale del prodotto che reca la denominazione Grana Padano.
È altrettanto evidente come, considerata la delicatezza della tematica in questione e la particolarità del momento in cui sembrerebbero prevalere particolarismi ed interessi locali a discapito di una più ampia visione di solidarietà e identità nazionali, questa associazione non possa che essere fonte di fastidio e antipatia da parte dei consumatori, quantomeno di quelli delle Regioni diverse dalla Lombardia e Veneto.
Tanto più che l’area in cui il Grana Padano è quantitativamente più venduto e dove registra lo share più alto tra tutti i formaggi della categoria «duri vaccini» è il sud Italia.
Ci auguriamo che i consumatori possano essere sufficientemente maturi ed evoluti da non farsi influenzare da questi fattori e che ciò non sia fonte di ripercussioni significative sui consumi di Grana Padano, ma resta tuttavia il fatto che il titolo da voi scelto rischia seriamente di creare un danno assolutamente immotivato al formaggio Grana Padano, danno tanto più grave in quanto il formaggio medesimo nulla ha a che vedere col contenuto dell’articolo ricordato.
È notorio il fatto che in Italia non siamo particolarmente bravi a valorizzare i tesori e i patrimoni di cui disponiamo, ma in casi come questi si arriva addirittura ad essere inutilmente e sciaguratamente autolesionisti.
È appena il caso di rammentare che la mistificazione in questione riguarda una denominazione che è stata riconosciuta meritevole di protezione a livello europeo, oltre che conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo, vera bandiera del Made in Italy, tanto da essere il prodotto DOP più venduto al mondo.
Pare veramente inconcepibile che se ne abusi in modo tanto disinvolto e distorto, tanto più da parte di un organo di informazione, che per sua natura è in grado di influenzare l’opinione della gente.
Tenuto conto di tutto quanto sopra, con la presente vi invitiamo formalmente ad astenervi, per il futuro, da simili «appropriazioni indebite» della Denominazione di Origine Protetta Grana Padano ed a porre una maggiore attenzione sulle implicazioni che potrebbero avere titoli quali quello in questione, che rischiano di rivelarsi estremamente negative, ancorché non deliberatamente volute.
Vi invitiamo altresì a pubblicare la presente nota sul vostro giornale, con adeguata evidenza, in modo da circoscrivere almeno in parte il danno ingiustamente arrecato al formaggio Grana Padano. Distinti saluti.
Consorzio Tutela Grana Padano
Il Direttore Generale
Dott. Stefano Berni
La replica del manifesto
È chiaro che per un «autentico vanto della migliore tradizione agroalimentare italiana» l’associazione con i peggiori istinti della politica italiana, come azzardava il titolo in oggetto, susciti un fastidio paragonabile a una denuncia dei Nas.
Ma quel «riecheggiare» era un tributo riservato solo ai grandi brand nazionali e internazionali, che sono tali anche grazie alle infinite modalità con cui s’incuneano nel linguaggio corrente.
A non tutti piace il formaggio, ma tutti intuiscono che il «grano» si riferiva ai soldi su cui in ultima analisi verteva il voto lombardo-veneto. Il titolo, va confessato, voleva essere «spiritoso». Ma la rimostranza che ha provocato lo è forse di più.
Ora sui «consumatori» non sapremmo dire, ma sui nostri lettori mettiamo la mano sul fuoco: sono «sufficientemente maturi ed evoluti da non farsi influenzare».
E continueranno a votare o a non votare, a mangiare o a non mangiare grana a prescindere dai titoli grattugianti del manifesto.
(m.bo.)
- Leggi anche la lettera pubblicata sul manifesto del 31 ottobre 2017
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