Gli Ultrasuonati
Alias

Gli Ultrasuonati

ART ROCK ITALIA Una critica affilata Claudio Milano, vocalist estremo che con il suo canto e la sua dizione adagia un ponte di velluto e di spine tra sponde opposte […]
Pubblicato circa 2 mesi faEdizione del 31 agosto 2024

ART ROCK ITALIA
Una critica
affilata

Claudio Milano, vocalist estremo che con il suo canto e la sua dizione adagia un ponte di velluto e di spine tra sponde opposte della musica e del dire, come facevano Stratos e Bene, spesso è attivo anche col suo progetto «storico» NichelOdeon e diramazioni laterali. Sempre nel segno di una critica affilata ed espressionistica al mondo in cui viviamo, ben più lacerato e lacerante di quanto l’arte consapevole riesca a dire. Quigyat (Snowdonia) è la prima produzione di NichelOdeon con Teo Ravelli, in arte borda, artista elettronico: recital tra monologhi, abstract painting, droni che sono invocazioni e urlo estremo, a saettare le medesime frecce di certo post metal, o a mettere al sole i panni disturbanti di Cronenberg. Potente. Si è tentati di usare il medesimo aggettivo per il sulfureo I Sincopatici & Claudio Milano di Decimo cerchio (L’inferno 1911 O.S.T.): il primo kolossal muto del cinema italiano musicato con elettronica, l’assedio feroce e ossianico dello zeuhl di Vander e del rock in opposition meno «carino», lacerti romanticheggianti, intrusioni della quieta disperazione alla Peter Hammill. (Guido Festinese)

ALTERNATIVE
Attenti
a quei nomi

Segnatevi questi nomi perché è probabile che di qualcuno ne sentiremo parlare, da qui a breve. In particolare dei Font, quintetto di Austin, Texas, che debutta con Strange Burden (Acrophase). Prendendo spunto da due gruppi, Talking Heads e Radiohead, i cinque texani costruiscono un mix di post punk, art rock, dance funk che può richiamare, alla lontana e per restare nell’oggi, i Black Midi. Esordio anche per un’altra band di Austin, di stanza a Filadelfia, i Blood (da non confondere con l’omonima metal band nipponica). Il disco, Loving You Backwards (Ramp Local), è un passo avanti, o un arretramento a seconda di come la si voglia vedere, rispetto ai brani pubblicati in precedenza, con un sound più diretto e meno «arcigno». Reminiscenze post punk e indie con le chitarre in bella evidenza. Buono, ma un gradino sotto ai loro conterranei. Infine si va in Olanda dove troviamo i Personal Trainer, gruppo a formazione variabile al secondo lavoro con Still Willing (Bella Union/Pias/Self). Siamo in zona inde rock Usa, vedi Pavement, ma con arrangiamenti decisamente più complessi. Un lavoro di qualità. (Roberto Peciola)

JAZZ ITALIA
Il passato
non esiste

Nel jazz il passato non esiste, nel senso che il repertorio di standard o il lascito di grandi solisti vive da sempre nell’attualizzazione di nuovi improvvisatori: è il caso di questi tre trii, partendo dallo splendido To Giants (Birdbox) del pianista Antonio Simone (con Verbena, contrabbasso, e Spallucci, batteria), dedicato a sette grandi della tastiera (Ellington, Hancock, Jamal, Powell, Palumbo, Zawinul più Coltrane), riaggiornati facendo sentire il calore di quello spirito blues-swing-bop-funk spesso latitante nell’odierno sincopato tricolore. Diverso il metodo per Lacy in the Sky with Diamonds (Tram Azul) di Roberto Ottaviano (soprano), Danilo Gallo (corde), Ferdinando Faraò (percussioni): gioco di parole tra il cognome del compianto Steve e il brano dei Beatles, l’album è composto per quasi la metà da original integrati perfettamente con le composizioni del grande artista. Infine Space Echo (Dodicilune), debutto del chitarrista Simone Sessa (con ritmica di Lepore e Castaldo) con otto proprie composizioni che si rifanno alla fusion, al prog, alla classica, al post rock, elaborate con un rispettabile interplay. (Guido Michelone)

SPERIMENTALE
Scintille
improvvisative

Prendere spunto dal passato per cercare forme nuove di sperimentazione. Ha carattere il trio Thuluth. Il progetto è composto da Magda Mayas al pianoforte e alla manipolazione percussiva di oggetti, dal contrabbassista Raed Yassin a cui si aggiunge la voce di Ute Wassermann. One Third of the Sun è il loro esordio e si compone di tre lunghi temi in cui gettano un ardore improvvisativo di stampo free jazz, mai troppo cerebrale. Lo si evince dal brano Radiant Geometry. Il tutto esce per la label Al Maslakh che si occupa anche degli Hic Up che pubblicano Fuchsia Fever, altra opera prima generata da un concerto eseguito dal quartetto al Morphine Raum di Berlino nel 2022. Le due suite che raggiungono i quaranta minuti sono specchio fedele della composita anima del gruppo, da cui chitarre frammentate, flauti amplificati, dj ed elettronica garantiscono creatività. Suonate Hyperpyrexia. Intrigante anche The Telescopic Aulos of Atlas (Ideologic Organ) di Lukas De Clerck che utilizza lo strumento greco antico chiamato aulo, un doppio flauto che rammenta le launeddas. Per voi Sacrifice of a Reed. (Gianluca Diana)

LEGENDA
* nauseante
** insipido
*** saporito
**** intenso
***** unico

ALTERNATIVE/2
Un inno
alla gioia

NICK CAVE & THE BAD SEEDS
WILD GOD (Pias/Self)

**** Dopo una serie di lavori scuri, culminati con l’ode al figlio scomparso, Ghosteeen, è giunta l’ora di cambiare registro per Nick Cave. Ed ecco quindi il suo inno alla gioia. Certo, una gioia comunque contenuta, ma sta tutto lì, in quel pensiero che ci dice che la vita è bella, nonostante tutto. Anche nonostante la tristezza per l’ennesima dipartita, quella della vocalist e collaboratrice Anita Lane, a cui dedica un brano. Chiaramente non aspettatevi frizzi e lazzi, Wild God è un disco di ballate orchestrate splendidamente, che sono forse l’antitesi della gioia, ma questo è Nick Cave! (roberto peciola)

ALTERNATIVE/3
E va bene
anche così

FONTAINES D.C.
ROMANCE (XL Recordings/Self)

**** Mettiamo subito in chiaro una cosa: i Fontaines D.C. sono una delle realtà più interessanti che il rock (e sue derivazioni) ci abbiano regalato nell’ultima decade. Ciò non significa che si stia per stroncare Romance, ma forse neanche esaltarlo. Il perché risiede nel fatto che i cinque «dubliners» hanno definitivamente mollato il sound post punk degli esordi ma non hanno trovato una vera strada alternativa. Qui c’è un po’ di tutto, dai Depeche della title-track in apertura all’hip hop di Starbuster, dal Brit pop di Bug allo shoegaze di Sundowner fino a ricordi di Deftones (la splendida Desire). E va bene anche così. (roberto peciola)

ART ROCK ITALIA/2
Leggere
increspature

HIT
BUTTERFLY (Emme)

**** Hit è un trio elettrico con base romana con chitarra, basso e batteria, in cui tutti e tre i musicisti, Bruno Marinucci, Marco Rovinelli e Pierpaolo Ranieri, maneggiano assai bene l’elettronica, e, soprattutto, le dinamiche del suono, che alla fine sembra guizzare di forza propria. Provate a far ascoltare il primo brano, Artemisio, a qualcuno che apprezzi gli Smile di Thom Yorke, parlandogli di un inedito: ci cascherà. Tessiture jazz, art rock e post rock complesse, increspature di suono raffinate, leggere e imprevedibili : la «farfalla» del titolo. (guido festinese)

BLUES
Una somma
di colori

SHELTON POWE
SAME TRAIN (Music Maker Recordings)

**** Il bluesman classe 1957 proveniente da Charlotte, North Carolina, sale in cattedra. Siamo davanti a quattordici brani di blues in pieno stile Piedmont, arricchiti da alcuni passaggi gospel: nei fatti, una sommatoria di colori african american che sintetizzano provenienza e sviluppo artistico dell’artista. La chitarra acustica e la voce si intrecciano di continuo, creando quella tipica delicatezza e ariosità del blues della East Coast, sia sui tempi lenti che in occasione di maggiore ritmicità. Esempio lampante sono Payday Mary, Who Brought the Potato Salad? e Train Comes Along. (gianluca diana)

ALT COUNTRY
Romagna
chiama America

SATELLITE INN
SATELLITE INN (Autoprodotto)

**** La band romagnola ha alle spalle una storia lunga e complessa, con un album negli anni Novanta che fece breccia nel panorama americano, con tanto di tour e recensioni più che positive. Dopo un secondo lavoro nel 2007 il gruppo si ferma. Ritorna ora, ripartendo dalla tradizione americana, tra alternative country, intense ballate, asperità varie, attraverso il Neil Young più duro fino agli Uncle Tupelo e a pennellate di Paisley Underground dalle parti dei Dream Syndicate. Ottimi e incisivi, un ritorno con i fiocchi. (antonio bacciocchi)

DOMENICO CIMAROSA
L’OLIMPIADE (Chateau de Versailles)
***** Composta per il teatro Eretenio (Vicenza) nel 1784, su libretto del poeta Pietro Metastasio, l’opera in due atti racconta i giochi di Olimpia, nell’antica Grecia, dove gli atleti gareggiano anche per contendersi le grazie della principessa Aristea, in una trama intricatissima, che però consente al musicista di inserire qua e là arie meravigliose, rese ancora più brillanti dalla direzione di Christophe Rousset (maggior difensore del repertorio italiano settecentesco) assieme ai cantanti e agli orchestrali del collettivo Les Talens Lyriques. (guido michelone)

STEFANO DI BATTISTA
LA DOLCE VITA (Warner)
*** Impiegare il repertorio pop italiano – canzoni, score, brani d’autore per il teatro, ovvero Carosone, Dalla, Conte, Modugno, Rota, Morricone, Piovani, Umiliani, Trovajoli – potrebbe rivelarsi la via migliore a un jazz autoctono di ascendenza mainstream, se la materia tematica viene plasmata in modo originale, creativa, fruttuosa: è ciò che avviene in quasi tutti i brani dove il sax del leader in quartetto/quintetto (Nardin, Sorrentino, Ceccarelli, Cutello) fa brillare di luce propria un repertorio arcinoto, evitando le facilonerie da pianobar e le tentazioni (più che ricordi) di un Fausto Papetti. (guido michelone)

VITTORIO MONTALTI & BLOW UP PERCUSSION
THE SMELL OF BLUE ELECTRICITY (Col Legno Music)
**** Montalti è un giovane compositore apprezzato e già assai premiato in molti ambiti delle note contemporanee. Questo è un progetto che prevede elettronica in tempo reale, campo d’elezione di Montalti, in interazione con il gruppo Blow Up Percussion: dunque un misurarsi senza rete tra cluster ritmici, regolarità, increspati glitch, musica delle macchine. Dedicato a chi ama Xenakis, certe avventure di Centazzo, i lavori della Rune Records, i Faust dei suoni ossianici e delle fibrillazioni ritmiche marziali pronte a sfarinarsi in pure oasi timbriche. (guido festinese)

MICHELE SCANDROGLIO
GENTLY BROKEN (Auand)
**** Ecco uno di quei dischi che, di taglio, attraversano regioni stilistiche e poetiche che per altri sono confini presidiati. Lui, bassista e contrabbassista toscano ha attorno il suo quartetto elettroacustico, in più ha convocato in studio molti ospiti, per un viaggio di progressiva rifinitura del materiale di base grezzo, col risultato finale di attraversare una favolosa zona a rischio dove avant jazz e scaltrito post rock si danno la mano, dove suggestioni ambientali fanno da contrappeso all’art rock. Peso specifico alto, levità del tutto anche. (guido festinese)

TRONDHEIM JAZZ ORCHESTRA & ESPEN BERG
MAETRIX (Odin Records)
*** È una bella novella quella dell’ensemble che dal 2000 garantisce idee, luoghi e opportunità per far crescere al meglio l’onda verde del jazz norvegese. Alla pletora di nomi che hanno collaborato garantendo esperienza – gente come Chick Corea, Atomic, Jason Moran e altri -, si aggiunge ora il pianista Espen Berg. Il titolo racconta l’unione di un approccio metrico nella scrittura e del film Matrix, il disco narra di una sessione ispirata dove potenza e leggerezza sono unite da melodie notevoli. Significative sono Bølge e Artemix + Cadae. (gianluca diana)

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento