Lunedì il «tavolo su automotive e siderurgia», ieri quello sulla «moda», oggi ancora quello sull’automotive ma senza siderurgia. Il ministro Adolfo Urso vuole mostrare agli italiani che lui in vacanza non ci va, che lavora indefessamente.

Peccato che per farlo stia convocando tavoli completamente inutili, senza alcun risultato o notizia data. Insomma: lavorare in agosto come totale perdita di tempo.

Anche perché i sindacati continuano da mesi – inascoltati – a chiedere che riguardo ai due temi più caldi – ex Ilva e Stellantis – i tavoli si tengano a palazzo Chigi proprio perché il ministro Urso e il suo Mimit – dicastero a cui ha apposto la dizione «made in Italy» – hanno dimostrato di non ottenere alcun risultato. Specie da Stellantis che continua ad aumentare l’uso degli ammortizzatori sociali in tutti gli stabilimenti e posticipa l’obiettivo del milione di auto prodotte l’anno al 2030 che Urso si era venduto lo scorso agosto. Il ministro continua ad agitare lo spettro della «golden power» sulla vendita di Comau ma ancora non ha fatto alcun passo per bloccare la vendita dell’azienda di robot che Tavares a ceduto al fondo statunitense One Equity Partners.

IL TUTTO MENTRE DA PIÙ PARTI arrivano indiscrezioni sull’arrivo in Italia del costruttore cinese di auto Dongfeng che addirittura potrebbe coinvolgere anche imprese italiane del settore della componentistica e perfino una partecipazione pubblica di minoranza.

Ma la domanda sorge spontanea: se Urso ha veramente in mano questa carta perché non l’ha annunciata lunedì in risposta alle critiche dei sindacati?

Finora invece i cinesi hanno preferito altri paesi europei: a febbraio la Byd Company, tra i principali produttori di veicoli elettrici e ibridi al mondo, a febbraio ha scelto l’Ungheria di Orban costruendo il suo primo stabilimento a Szeged.

DALLO STESSO MIMIT si anticipa che il tavolo automotive di oggi si concentrerà sulla definizione degli incentivi ed ecobonus per i prossimi anni. Insomma, niente annunci roboanti.

Ieri mattina – al sempre più celebrato palazzo Piacentini per il suo stile molto “ventennio” – si è tenuto il «tavolo della moda». Il comunicato del Mimit rende molto bene l’idea della sua inutilità: il tavolo infatti aveva «l’obiettivo di accogliere le istanze del settore attraverso un confronto tra le parti interessate nel quadro di una politica industriale tesa a valorizzare le filiere nazionali che il dicastero sta promuovendo da inizio della legislatura».

Aria fritta soprattutto per chi rischia il posto di lavoro, come le lavoratrici della Perla, lo storico marchio dell’intimo bolognese che è finito – guarda caso – a un fondo e rischia di chiudere: l’olandese Tennor, guidato dall’astro nascente della finanza tedesca Lars Windhorst. Il tavolo di crisi La Perla si è tenuto in contemporanea con il consesso generale. «La vertenza La Perla impone il massimo impegno di tutte le parti coinvolte e finalmente Urso ha dimostrato attenzione – commentano Filctem Cgil e Uiltec – e un interesse concreto per la soluzione celere, tanto da determinare da subito una sessione tecnica a oltranza il 10 e 11 settembre per trovare un possibile accordo tra le procedure che dovrà necessariamente tenere assieme marchio e maestranze delle tre aziende italiane coinvolte».

NEL CONSESSO GENERALE invece tanto fumo e poco arrosto verso un settore molto a rischio: «Ci siamo impegnati ad assicurare insieme all’Abi la rimodulazione dei prestiti bancari, a garantire alle imprese del settore l’utilizzo a pieno delle risorse per gli ammortizzatori sociali e a introdurre una misura saldo e stralcio in merito all’annosa questione dei crediti di imposta. Inoltre, siamo al lavoro, insieme al ministero degli Esteri e all’Istituto del commercio estero, per promuovere sui mercati il settore della moda e con i decreti attuativi al ddl Made in Italy stiamo sostenendo l’economia circolare». Insomma, in concreto siamo allo zero assoluta.

E qui i sindacati sono stati molto critici: «È necessaria una seria progettazione di politiche industriali che sappia rilanciare l’intera filiera della moda», commentano Filctem Cigl, Femca Cisl, Uiltec.