Gli ambientalisti: «Dieci mosse per liberarci dal gas. Anacronistiche le misure del governo»
Economia

Gli ambientalisti: «Dieci mosse per liberarci dal gas. Anacronistiche le misure del governo»

Addio Ripresa Greenpeace, Legambiente, Wwf: «Entro marzo 2023 nuovi impianti di rinnovabili, tetto ai profitti da gas fossile e petrolio, un decreto per sbloccare le rinnovabili e sostituire le centrali a gas fatte costruire da Berlusconi dopo il blackout nazionale del 2003»

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 18 marzo 2022

Per Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia le soluzioni prospettate dal governo Draghi contro il salasso delle bollette energetiche e del carburante sono «anacronistiche e in controtendenza rispetto alla lotta all’emergenza climatica». Ad avviso delle associazioni ambientaliste gli aumenti che stanno facendo traballare il rimbalzo economico dopo il crollo dell’8,9% del Pil nel 2020, causati dalla crisi post-covid che si è intreccia alle conseguenze della guerra russa in Ucraina, non possono essere affrontate nel medio periodo con l’aumento della produzione nazionale di gas fossile o l’approvvigionamento di idrocarburi gassosi non provenienti dalla Russia. Il presidente del Consiglio Draghi e il ministro della transizione Roberto Cingolani hanno inoltre prefigurato il riavvio dei gruppi termoelettrici a carbone e quelli a olio combustibile.

Il messaggio ieri è stato recepito ad esempio da uno dei principali produttori di energia in Italia: la A2A che non ha escluso, qualora la situazione degli approvvigionamenti diventasse critica, la riattivazione della centrale termoelettrica a carbone di Monfalcone e la possibilità di interruzione, richiesta dal gestore di rete, della fornitura di energia a specifici soggetti industriali. Si è parlato anche della costruzione di nuovi rigassificatori che potrebbero lavorare la materia prima importata da altri fornitori che non siano la Russia e non si smette mai di inseguire il sogno rifiutato da un referendum, quello del nucleare «di quarta generazione». Senza contare che, per contenere gli aumenti, ha tagliato gli extracosti solo alla produzione di elettricità proveniente dalle fonti rinnovabili senza occuparsi quelli delle aziende che lavorano le fonti fossili o gli oneri che gravano sulle bollette. Insomma, nonostante il bla bla bla sulla transizione energetica nella nuova emergenza si riparte da Berlusconi. Dopo il famoso blackout nazionale del 2003 quel governo sbloccò le centrali termoelettriche a gas per sostituire quelle a carbone. Dunque, si ricomincia.

Per Greenpeace, Legambiente e WWF le decisioni del governo «non entrano nel merito dell’unica soluzione efficace che ci può permettere di affrontare questo problema in modo strutturale e senza lasciare indietro nessuno: la riduzione dei consumi di gas. Un obiettivo che si può raggiungere intervenendo soprattutto sulle prime tre voci di consumo: domestico e terziario (33 miliardi di m3 nel 2021), la produzione di elettricità (26 miliardi di m3) e l’industria (14 miliardi di m3), su cui bisogna operare con un forte sviluppo delle fonti rinnovabili, concrete politiche di risparmio energetico ed efficienza energetica in edilizia, l’innovazione tecnologica nelle imprese».

Pensare di riattivare gruppi termoelettrici a carbone o a olio combustibile è un’opzione irrilevante: se pure ripartissero 1.000 MW di potenza installata, aggiuntivi a quelli già in attività, con questi due combustibili fossili, ad esempio per 5mila ore all’anno, si potrebbero produrre 5 TWh all’anno che nei fatti permetterebbero di risparmiare solo 1 miliardo di m3 di gas fossile all’anno. Praticamente nulla al confronto del contributo strutturale e rispettoso degli obiettivi climatici e di lotta all’inquinamento atmosferico che garantirebbe lo sviluppo strutturale e convinto delle fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica, del sistema di pompaggi e accumuli e della rete di trasmissione e distribuzione.

Gli ambientalisti invece hanno avanzato ieri dieci proposte per «liberare il paese dalla dipendenza del gas». Si possono sviluppare l’0eolico offshore e a terra, il fotovoltaico sui tetti, anche nei centri storici e nelle aree come discariche o cave, l’agrovoltaico e il biometano. Entro marzo 2023 chiedono al governo di autorizzare nuovi impianti a fonti rinnovabili per 90 giga-watt di potenza da realizzare entro cinque anni. Va aggionrato entro giugno 2022 il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030 (Pniec), lo strumento per cambiare la politica energetica e ambientale verso la decarbonizzazione. Entro il 2035 si può raggiungere l’obiettivo del 100% di elettricità prodotta dalle rinnovabili. E nell’immediato fissare un tetto ai profitti delle aziende che estraggono e trasportano gas fossile o petrolio.

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