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Giù le mani dai giovani

Roma, la carica della polizia alla manifestazione degli studenti pro Palestina all’università la Sapienza di Roma foto di Massimo Percossi/AnsaRoma, la carica della polizia alla manifestazione degli studenti pro Palestina all’università la Sapienza di Roma – foto di Massimo Percossi/Ansa

Indifesi I giovani caricati e picchiati ieri e nelle precedenti occasioni erano tutti a volto scoperto, senza strumenti di offesa, molti minorenni. Possibile che non li si possa fronteggiare senza usare la violenza?

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 18 maggio 2024

«Confesso che difficilmente riuscirò a non provare un moto di simpatia anche per i giovani che scenderanno in piazza per contestare le politiche del nostro Governo, perché inevitabilmente tornerà nella mia mente una storia che è stata anche la mia».

Queste parole di un passaggio del discorso di insediamento della Presidente del Consiglio Meloni mi sono venute in mente spesso – purtroppo – in questo anno e mezzo in cui la maggioranza di centrodestra ha governato il nostro Paese. Dov’è finito quel ‘moto di simpatia’? Mi sono rivenute in mente anche venerdì, quando non più di 200 ragazzi che manifestavano a Roma, si sono staccati dal corteo principale e sono stati caricati dalla polizia ed una di loro è finita in ospedale con la testa rotta.

Purtroppo non era la prima volta: era già accaduto a Roma, a Torino, a Pisa. E sempre con una modalità che va sottolineata. Ho partecipato a tante manifestazioni nella mia vita: spesso tra i manifestanti ve ne erano alcuni che venivano per creare scontri con le forze dell’ordine, a volto coperto, con caschi, bastoni, scudi, bottiglie, sassi… I giovani caricati e picchiati ieri e nelle precedenti occasioni erano tutti a volto scoperto, senza strumenti di offesa, molti minorenni. Possibile che non li si possa fronteggiare senza usare la violenza? Possibile che non si possa parlare e trovare soluzioni? La domanda è retorica: certo che si potrebbe.

A queste immagini si aggiungono quelle atroci delle violenze nel carcere minorile Beccaria di Milano. Sono anni che si parla dei giovani con disprezzo e derisione, che li si descrive come apatici, disimpegnati, schiavi dei social, con analisi impietose sul loro status e il loro futuro. Una società che invecchia e adulti egoisti che non sanno guardare con simpatia e speranza al futuro.
Poi si punta al “merito” (io cresciuto con don Milani ho l’orticaria), si puniscono coloro che intraprendono iniziative all’interno delle scuole, si chiamano ‘gretini’ con derisione coloro che si impegnano per l’ambiente e la casa comune…

Ma come? Non è questa la ‘generazione’ covid che tanto ha sofferto per la mancanza di socialità e che dovremmo gioire che si metta in movimento? La mamma di un ragazzo che venerdì ha manifestato ha detto: “sono contenta che mio figlio non sia tra gli indifferenti”; la penso come lei, perché per dirla con le parole di Papa Francesco ‘l’indifferenza è la malattia più brutta’, da cui noi adulti siamo stati ampiamente contagiati, assuefatti alle ingiustizie del mondo e al dolore degli altri. Ecco allora lo dico con forza: giù le mani (e i manganelli) dai ragazzi!

La destra che oggi governa ha tutto il diritto di implementare politiche che riguardano anche i giovani: non le condivido, le contrasto, ma hanno vinto democraticamente le elezioni. Ma si ricordi ogni giorno le parole del Presidente Mattarella quando a tutti ha detto che ‘manganellare i ragazzi è un fallimento’. Non vorrei che i giovani di oggi imparino dalle manifestazioni la diffidenza verso le forze dell’ordine, che vanno rispettate e che in uno stato democratico sono uno dei cardini della convivenza civile. La violenza non è mai la risposta. I ragazzi e i giovani di oggi stanno crescendo in un tempo difficile e per tanti versi cupo, con crisi, guerre, violenze: lasciamoli liberi di aiutarci a costruire l’oggi e il domani migliore.

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