Germania divisa di fronte alla crisi greca
Berlino Da rimandare al mittente o «un primo passo nella giusta direzione»? La lettera della discordia firmata Yannis Varoufakis indirizzata all’Eurogruppo ha diviso, l’altro ieri, il governo tedesco. Per il ministro […]
Berlino Da rimandare al mittente o «un primo passo nella giusta direzione»? La lettera della discordia firmata Yannis Varoufakis indirizzata all’Eurogruppo ha diviso, l’altro ieri, il governo tedesco. Per il ministro […]
Da rimandare al mittente o «un primo passo nella giusta direzione»? La lettera della discordia firmata Yannis Varoufakis indirizzata all’Eurogruppo ha diviso, l’altro ieri, il governo tedesco. Per il ministro delle finanze, il democristiano Wolfgang Schäuble, nella missiva del collega greco non c’era nulla di buono, mentre secondo il vice-cancelliere e leader socialdemocratico Sigmar Gabriel c’erano motivi per ritenerla positiva. Qualcosa si è mosso, dunque, anche nei palazzi del potere di Berlino. Siamo ancora molto lontani, tuttavia, da ciò che servirebbe davvero: l’apertura di un confronto politico autentico e profondo all’interno del gabinetto di grosse Koalition guidato da Angela Merkel. Le dichiarazioni di Gabriel e di qualche altro esponente della Spd non rappresentano, da sole, la necessaria messa in discussione delle scelte compiute sin qui.
In questa difficile partita a poker, da cui dipende il destino dei greci e non solo, nulla va sottovalutato, e dunque il fronte anti-austerità deve guardare con favore a ogni contraddizione interna all’attuale maggioranza che governa la Germania. Con la consapevolezza, però, che si tratta per ora di contraddizioni minime, di segnali ancora molto deboli. Ieri se ne sono registrati altri, raccolti in un articolo dello Spiegel online. Il vicecapogruppo socialdemocratico al Bundestag, Carsten Schneider, ha rimproverato a Schäuble l’uso di toni troppo duri, che non favoriscono il negoziato. Sulla linea di Schneider si sono esposti anche altri esponenti della Spd: si sono fatti sentire il responsabile esteri Niels Annen («rimanere fermi nella difesa dell’austerità senza compromessi non mi sembra una posizione costruttiva») e Axel Schäfer, un altro vicecapogruppo parlamentare, secondo il quale «con la Grecia serve il dialogo e non i diktat, e il rapporto deve essere improntato alla pari dignità».
Il leader del partito Gabriel non si era spinto a tanto il giorno prima, essendosi limitato semplicemente a giudicare diversamente da Schäuble il contenuto dell’ormai famigerata lettera di Varoufakis. Se la Spd batte un (debole) colpo, ricordandosi di essere un partito socialdemocratico, lo si deve anche al fatto che tutti i principali dirigenti sindacali tedeschi avevano firmato nei giorni scorsi un appello esplicitamente a sostegno del nuovo corso intrapreso da Alexis Tsipras. «I greci hanno votato contro l’austerità e di questo si deve tenere conto» sostengono i leader delle organizzazioni dei lavoratori riunite nella confederazione Dgb, riavvicinatasi alla Spd dopo la rottura negli anni delle riforme neoliberali dell’ex cancelliere Gerhard Schröder. Ora che i rapporti sono migliori, la dirigenza socialdemocratica sa di non poter giocarsi il sostegno del sindacato – come si nota anche sulla vicenda del Ttip, l’accordo di libero commercio Usa-Ue, che vede il partito di Gabriel alle prese con un difficile travaglio interno.
Se nella querelle sugli aiuti alla Grecia si giungerà a un accordo duraturo, sicuramente la Spd si intesterà una parte del merito. Ma non tutti in Germania lavorano all’intesa. Crescono di intensità e importanza le voci che non escludono la «Grexit». Ultime in ordine di tempo, ieri, quelle di quattro componenti del Comitato dei saggi economici, organismo consultivo del governo: «Non è vero che l’austerità è fallita, i greci hanno scelto un governo che sta peggiorando la situazione, e un’uscita di Atene dalla moneta unica potrebbe rafforzare la zona-euro», è il succo del loro documento, anticipato dal sito della Frankfurter Allgemeine. Una posizione durissima, che trova una corrispondenza in un’indiscrezione diffusa dallo Spiegel: tecnici della Bce si starebbero preparando seriamente alla «Grexit».
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