Lavoro

Genovesi: «Serve il badge di cantiere e un nuovo modello di impresa senza subappalti»

Genovesi: «Serve il badge di cantiere e un nuovo modello di impresa senza subappalti»Una manifestazione della Fillea Cgil contro le morti sul lavoro

Sindacato Il segretario della Fillea Cgil: la patente a crediti ha molte ombre e qualche luce. È nata male, modificando il Testo unico del 2008 che puntava alla qualificazione delle imprese e prevedeva meno punti in partenza

Pubblicato circa 5 ore faEdizione del 1 ottobre 2024

Alessandro Genoversi, segretario generale Fillea Cgil, dopo molte polemiche, oggi entra in vigore la Patente a crediti nei cantieri edili: è uno strumento che renderà più sicuro il lavoro come sostiene la ministra Marina Calderone?
Lo strumento ha molte ombre e qualche luce. È nato male, modificando l’articolo 27 del Testo unico sulla salute e sicurezza che puntava prima alla qualificazione in ingresso delle imprese e poi a un sistema con meno punti in partenza, riduzioni immediate in caso di infortuni e recuperi solo investendo in più formazione e sicurezza.

Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil

Alle vostre critiche si assommano quelle delle imprese che denunciano gravi problemi burocratici per iscriversi al sistema: nessuno pare contento.
Tra piattaforma informatica da implementare – tra l’altro per far accede alle informazioni i rappresentanti sindacali o gli enti bilaterali – e autocertificazione, eventuali cambiamenti nei modelli organizzativi si vedranno solo nel medio periodo. Sicuramente serve altro per combattere gli infortuni.

Una vostra storica richiesta è quella del badge di cantiere, strumento tecnologico semplice che consentirebbe di conoscere chi è al lavoro, per quante ore e con che contratto. Le sperimentazioni da voi proposte che esiti hanno avuto?
Le sperimentazioni finora hanno funzionato bene e per questo deve diventare strumento ordinario a partire per esempio dalla ricostruzione post sisma del 2016. Se lo avessimo avuto a Brandizzo o all’Esselunga di Firenze avrebbe immediatamente fornito informazioni preventive e finanche per accertare le responsabilità di tutti i soggetti coinvolti. Però serve anche altro: quello che va cambiato è un modello di fare impresa: meno subappalti, più controllo sul territorio, rispetto dei contratti edili a partire dagli orari, possibilità automatica di emersione dei migranti ricattati e più qualificazione, anche riformando il sistema delle attestazioni Soa da rendere obbligatorie nel privato.

L’11 ottobre verrà eletto il nuovo segretario generale: dopo otto anni che Fillea Cgil lascia?
Lascio una Fillea sana economicamente e organizzativamente, primo sindacato per iscritti in tutti i settori. Penso soprattutto, anche se non sta a me giudicare, di lasciare un sindacato forte sul piano politico e contrattuale, a livello territoriale, nazionale e internazionale, merito di un grande lavoro collettivo. Dal Durc di Congruità ai rinnovi in edilizia e negli impianti fissi, dai nuovi protocolli di legalità fino agli accordi sulle grandi opere e alle intese sui lavori del Giubileo, a Firenze, Bologna, Ischia, abbiamo dimostrato che si può scommettere su lavoro regolare e di qualità, su giusti salari e meno precarietà, su più trasparenza e lotta serrata alle tante forme di illegalità e criminalità. Molto rimane però da fare e sono certo che il prossimo gruppo dirigente saprà fare meglio e di più.

Da Torino intanto giungono notizie molto gravi che coinvolgono dirigenti della Filca Cisl in un’inchiesta d’ndrangheta.
Premetto che come Fillea Cgil abbiamo sempre provato a praticare un’unità con Filca Cisl e Feneal Uil, difficile certo ma che, penso in particolare alla Filca Cisl, quando avviene sui nostri contenuti è una contraddizione per gli altri, non per noi. Ma è evidente che sta emergendo uno spaccato inquietante. Un sistema con intrecci che vanno ben oltre l’immaginabile. Ho sempre distinto tra dirigenti che sbagliano, che superano linee insuperabili, e migliaia di lavoratori e delegati in buona fede a cui non dobbiamo mai smettere di parlare. Mi auguro che facciano un passo indietro, per il buon nome e l’onorabilità del sindacato, tutti coloro e a tutti i livelli che sono coinvolti in rapporti poco limpidi con gente di malaffare. Se non per colpevolezza giudiziaria – non sta a me dire questo – per opportunità politica e morale.

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