Anche il sindacato confederale ieri si è mobilitato, ma senza sciopero: la Fiom Cgil è scesa in piazza con il movimento, la segretaria Re David ha sfilato a Roma. La Flai Cgil ha dedicato l’8 marzo ad Antonietta, vittima della tragedia di Cisterna di Latina, ridotta in fin di vita dal marito, che ha ucciso le due figlie Alessia e Martina e infine sé stesso. «Antonietta era una lavoratrice della Findus – spiega la segretaria Flai Ivana Galli – I suoi esposti evidentemente non sono bastati perché fossero attivate delle protezioni. Le sue figlie non potranno mai diventare donne».

Nel settore agroalimentare, nelle industrie e nei campi, lavorano moltissime donne.

La segretaria della Flai Cgil Ivana galli
La segretaria della Flai Cgil Ivana Galli

Sì, e sono colpite dalle molestie più che nel passato. Aumenta la precarietà, il lavoro mal pagato, lo stato di bisogno, e insieme il ricatto da parte dei dirigenti rispetto alle operaie, dei caporali rispetto alle braccianti. Negli anni scorsi abbiamo avuto il caso delle lavoratrici agricole di Ragusa, rumene, che oltre allo sfruttamento erano costrette a subire anche il ricatto sessuale. Accadono ancora tanti episodi, noi cerchiamo di sostenere le donne che vengono a raccontarceli, ma spesso non è facile convincerle: hanno paura di denunciare, se hanno dei figli ancora di più, perché temono di perdere il posto. La dignità, è triste dirlo, per molte donne diventa quasi un lusso.

Una realtà cruda. Ma addirittura in aumento? Eppure sempre più donne alzano la testa.

Se è vero che da un lato c’è chi riesce a farsi coraggio, anche grazie all’aiuto delle altre, o delle istituzioni – quando si trova supporto – dall’altro io vedo assolutamente un peggioramento. Il linguaggio, specie nei più giovani, anche nel mondo del lavoro, è sempre più sessista: la donna viene vista come una minaccia per la sua intelligenza, la sua libertà, la sua indipendenza, e si costringe al ruolo di oggetto sessuale. Prima nel linguaggio, poi con la molestia fisica.

Voi tradizionalmente non scioperate l’8 marzo. Come mai?

Perché questo è un tipo di sciopero a cui le lavoratrici della nostra categoria non aderiscono: i problemi delle donne sono da inquadrare in quelli più generali di lotta al precariato, allo sfruttamento e per un welfare inclusivo. Noi ci proviamo anche con i contratti: ad esempio prevedendo centri di ascolto, territoriali o aziendali, dove le donne si possano sentire non più sole.