Friuli, Danieli vuole i nomi di chi dice no all’acciaieria
La protesta La regione avalla gli ambientalisti bloccando il progetto, l’azienda ricorre al Tar per placare gli investitori. La Joint venture con l’oligarca Ahmetov prevedeva un sito di 70 ettari. Timori per la Laguna fino a Grado e Lignano
La protesta La regione avalla gli ambientalisti bloccando il progetto, l’azienda ricorre al Tar per placare gli investitori. La Joint venture con l’oligarca Ahmetov prevedeva un sito di 70 ettari. Timori per la Laguna fino a Grado e Lignano
Il Gruppo Danieli ricorre al Tar per ottenere l’elenco nominativo di quanti hanno sottoscritto la petizione contro la costruzione di un’acciaieria a San Giorgio di Nogaro, in provincia di Udine. Un’iniziativa gravissima e assolutamente nuova nel panorama italiano, dove sono migliaia i comitati spontanei che raccolgono firme per contrastare iniziative, quasi fosse ormai questo lo strumento obbligato per farsi sentire dalla politica.
L’ANTEFATTO: un impianto siderurgico da 70 ettari per produrre dai 2 ai 4 milioni di tonnellate di acciaio ogni anno, con dietro la guerra in Ucraina e Danieli unita in una joint venture con Metinvest dell’oligarca Ahmetov, già proprietario della Azovstal della distrutta Mariupol. La Danieli parla del progetto in termini entusiastici: più di un milione di euro come investimento iniziale e 800 posti di lavoro per un polo siderurgico assolutamente sostenibile, attento al climate change. Niente a che vedere con l’immagine degli impianti di anni fa: è il Digital Green Steel Project che vuol dire emissioni basse e controllate, una gestione circolare di scarti e acque di processo, a riprova della possibile coabitazione di natura e siderurgia.
PER L’INTERO 2023 questi concetti vengono ribaditi su tutte le testate giornalistiche locali a ritmi sostenutissimi, vuoi con interviste a Gianpietro Benedetti, presidente di Danieli Group e di Confindustria Udine, vuoi con inserti pagati. Lo stesso Benedetti, per inciso, è parte della cordata padronal-bancaria NEM che dal primo novembre scorso è proprietaria delle maggiori testate giornalistiche del nordest.
NELLA ZONA LAGUNARE invece monta la protesta, si muovono ambientalisti e gruppi di cittadini. Documenti, banchetti nelle piazze, incontri pubblici, si teme per tutta la Laguna, dalle zone umide tutelate Ramsar e Natura 2000 alle affollate spiagge di Grado e Lignano. Su una petizione popolare si raccolgono firme mentre la compattezza dell’amministrazione del Friuli Venezia Giulia scricchiola e dallo stesso presidente Massimiliano Fedriga arrivano dichiarazioni contraddittorie. Danieli fiuta l’aria e non manca di rassicurare ma anche di dichiararsi pronta a rispettare la volontà dei cittadini. Benedetti stesso parla di siti alternativi, siano Piombino, Ravenna o addirittura la Bulgaria. Si arriva a 21.974 firme depositate, riconosciute dalla Regione.
«NON C’È NESSUN PROGETTO», come dichiara a più riprese il Presidente della Regione, ma c’è comunque una manifestazione di interesse depositata da Danieli/Metinvest e la Regione deve rispondere. Il primo settembre arriva la decisione ed è, per molti versi, clamorosa: la Regione rigetta la domanda dichiarando che l’acciaieria avrebbe generato «un impatto talmente rilevante da far prediligere altre tipologie di investimento maggiormente compatibili e sostenibili nel territorio interessato».
PER DANIELI è uno schiaffo che arriva inaspettato, tante riteneva fossero le garanzie avute nel tempo dalla Regione (e dal Governo). E la colpa è della gente subornata dagli ambientalisti: «Da un anno in Friuli, dove nell’area industriale di San Giorgio di Nogaro c’è una delle aree ideali per ospitare questa acciaieria supermoderna e a impatto “zero”, è iniziato un bombardamento ideologico preventivo che non è partito dalla gente, ma da un gruppetto che ha organizzato assemblee pubbliche in cui hanno raccontato un sacco di frottole» dichiara Benedetti al Gazzettino pochi giorni dopo.
CONSEGUENTE, Danieli fa richiesta di accesso agli atti e chiede esplicitamente di avere copia delle firme apposte sulla petizione popolare e poi, davanti al diniego della Regione – sostanzialmente per motivi di tutela della privacy – presenta ricorso al Tar. Un ricorso dove è esplicitata l’intenzione di proporre contro i sottoscrittori della petizione «alternativamente, querela per diffamazione, ovvero azione civile per il risarcimento del danno da lesione della propria immagine e reputazione commerciale». E, se la controparte è la Regione, il ricorso viene notificato anche a Marino Visintini, noto ambientalista friulano, «nella sua veste di controinteressato quale, per certo, sottoscrittore della petizione pubblica».
EVIDENTEMENTE il Gruppo Danieli ha un problema da spa quotata in Borsa: qualche «incomprensione» sulla propria immagine green significa direttamente un danno economico. Lo aveva pur detto Benedetti: la richiesta «è finalizzata anche a dare ai propri azionisti motivazioni e informazioni complete rispetto alla decisione di indirizzare l’investimento su un altro territorio». È vero che il business continua a crescere, con il bilancio 2022-2023 che ha visto salire i ricavi operativi del 13%, a quota 4,1 miliardi ma, andata storta la vicenda in Friuli, farebbe fatica a digerire un altro fallimento in terra italiana. Lo dice anche il ricorso: «Il rifiuto di parte pubblica a far realizzare la nuova acciaieria nella Regione in cui ha la sua sede e la sua base – come visto, spigata con l’”ascolto” del territorio e quindi conseguente alla presentazione di quella petizione – sta creando di riflesso ostacoli anche a farla realizzare in altre parti d’Italia, come a Piombino».
VENGONO IN MENTE le Slapp, quelle azioni legali finalizzate a bloccare la partecipazione alla vita pubblica intimorendo l’avversario. Un fenomeno che in Italia vede un numero elevato di azioni o querele temerarie intentate da politici o da imprese che, però, una legislazione molto carente favorisce anziché reprimere.
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