Fridays in piazza: No all’ecocidio, No al genocidio
La protesta Greta Thunberg nel corteo di Milano: «Nessuno sarà libero finché tutti non lo saranno». Manifestazioni da Nord a Sud
La protesta Greta Thunberg nel corteo di Milano: «Nessuno sarà libero finché tutti non lo saranno». Manifestazioni da Nord a Sud
«Nessuno sarà libero finché tutti non lo saranno. Di fronte a un genocidio non si può restare neutrali». Kefiah sulle spalle, microfono in mano, Greta Thunberg ha chiuso così, applauditissima, la manifestazione milanese dei Fridays for Future. Si è fatta tutto il corteo in mezzo agli attivisti, dietro lo striscione «Stop Ecocide, Stop Genocide». Poi, sul finale, prende la parola. I manifestanti, la stragrande maggioranza studenti e studentesse delle superiori, accorrono sotto il pulmino, improvvisato palco da cui parla. Scattano foto, fanno video. Pochi minuti e il discorso di Greta è già su tik tok.
RIMBALZA di piazza in piazza, le decine di piazze italiane dove i Fridays hanno manifestato. Ognuna con la sua specificità: a Taranto c’è l’Ilva; a Torino lo striscione «giù le mani dal Meisino» contro la realizzazione di un centro per l’educazione sportiva all’interno di un parco alla periferia nord della città voluta dalla giunta di centrosinistra; a Roma si prende di mira il ministero dell’Istruzione per dire No a una scuola repressiva e lontana dalle esigenze degli studenti. E ancora, in Veneto, Toscana, Emilia-Romagna, dove i segni delle ultime alluvioni ci sono ancora.
IL CORTEO milanese, partito da largo Cairoli, appuntamento classico per le manifestazioni studentesche della città, si è concluso al parco Baden Powell, vicino a ripa di porta Ticinese. Simbolico, per chi è sceso in piazza per un’istanza ambientalista. È ancora tempo di cambiamenti, lo slogan con cui è stata convocata la manifestazione. Non sono stati moltissimi i partecipanti (sono lontani i tempi in cui a sfilare dietro le bandiere dei Fridays c’erano decine di migliaia di persone) per un corteo che, oltre alle tradizionali parole d’ordine del movimento ambientalista ha voluto portare in piazza anche altre istanze.
LA REPRESSIONE del popolo palestinese, come ricordato da Greta, ma anche la protesta contro il ddl Sicurezza. Giustizia climatica e giustizia sociale sono strettamente legate, dicono gli organizzatori. Dal pulmino che apriva il corteo, parole contro le multinazionali del petrolio, ma anche contro patriarcato, repressione e colonialismo. Il coro più ripetuto «Free free Palestine». Quando i manifestanti passano davanti al museo della scienza e della tecnica, finanziato da Leonardo, appare un missile di cartone, a cui viene subito dato fuoco. Così come, poco più avanti, di fronte a un distributore dell’Eni, compare la sagoma di un cane a sei zampe insanguinato.
VIA CRISTOFORO COLOMBO diventa «via degli indigeni resistenti», contro vecchi e nuovi colonialismi. Al fondo del corteo, ci sono i militanti di Extinction Rebellion e i sindacati di base. Dal furgone che apre la manifestazione si parla di cambiamenti climatici, di Palestina, di antifascismo e patriarcato. Una ragazza tiene tra le mani un cartello con scritto: «Non sono di proprietà di nessuno». Si urla contro il ddl Sicurezza, che sanziona anche le azioni non violente dei movimenti giovanili. A poca distanza, carabinieri e poliziotti osservano indifferenti. Quello che sta succedendo in Medio Oriente in certi momenti sembra sovrastare i «classici» slogan del movimento ambientalista. La global strike contro i cambiamenti climatici appare quasi una lotta globale contro il sistema, che sia capitalista, coloniale, patriarcale, repressivo.
GRETA, che percorre tutto il corteo in mezzo agli attivisti, sembra incarnare questa trasformazione. Parla di oppressione dei popoli, di sfruttamento delle persone, di impossibilità a tacere di fronte a quanto nel mondo succede. «Non si può pretendere di lottare per la giustizia climatica – dice – se si ignora la sofferenza dei popoli colonizzati ed emarginati di oggi». Tutto si lega. Applausi, foto di rito e il corteo si scioglie.
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