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Fratoianni: «Il campo progressista non si costruisce sulla lealtà a Draghi»

Fratoianni: «Il campo progressista non si costruisce sulla lealtà a Draghi»Nicola Fratoianni – LaPresse

Intervista Il segretario di Sinistra italiana: «Franceschini sbaglia con gli ultimatum al M5S. Questo governo non ha le ricette giuste. Se vogliamo vincere serve un programma di cambiamento»

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 6 luglio 2022

«Sì, sono convinto che ci sia uno spazio politico grande per la lista che stiamo costruendo con Europa Verde, i risultati delle ultime amministrative sono incoraggianti. No, non è l’ennesimo cantiere della sinistra: ci sono due partiti che hanno deciso di fare un percorso insieme, perché convinti che giustizia sociale e giustizia ambientale siano due battaglie indissolubili». Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, è reduce dalla convention di sabato scorso a Roma con i Verdi, «Nuove energie». «Di qui a settembre vogliamo lavorare su un programma di cambiamento profondo, allargarci a tante realtà civiche della sinistra e dell’ecologismo in giro per l’Italia.

Se volete fare Mélenchon come farete poi ad allearvi con il Pd- Macron alle elezioni?

Non vogliamo fare la copia di nessuno, non funziona. Vogliamo contribuire ad un’alleanza progressista in grado di battere le destre, che sono ancora molto forti. L’alternativa deve partire dalle forze che hanno sostenuto il governo Conte 2, dunque con Pd e M5S ma non basta dire che siamo contro Salvini e Meloni. O si dà al paese una speranza reale di cambiamento, o non si va da nessuna parte.

Il “campo largo” non sembra in grande salute.

A me non interessa discutere della geografia del campo, ma della qualità della proposta, di quanto sia in grado di ridurre le diseguaglianze, di combattere il lavoro povero e la precarietà, di proporre un sistema fiscale più progressivo, di sostenere l’istruzione pubblica dall’asilo all’università, di investire in modo strutturale sulle energie alternative. Le alleanze si fanno sui temi. E io penso che la costruzione di una coalizione preveda anche un conflitto culturale e politico, un corpo a corpo.

Il Pd è sempre più allineato all’agenda Draghi. Le pare una base di partenza accettabile?

Assolutamente no, e infatti stiamo all’opposizione. Il problema è chiarirsi sulla natura di questo governo: una parentesi di emergenza o qualcosa di diverso? Se non è una parentesi meglio dirlo subito e in modo chiaro.

Franceschini ha detto ai 5 stelle: se uscite dalla maggioranza niente alleanza.

Parliamoci chiaro: se la fiducia a questo governo è la precondizione per le alleanze allora il Pd dovrebbe presentarsi al voto con Salvini, Berlusconi, Renzi e Di Maio.

Voi sareste fuori.

Noi pensiamo che questo governo, per la sua stessa natura, non sia in grado di dare le risposte che servono al paese, soprattutto sul tema delle diseguaglianze, ma anche sull’ambiente. Al massimo può adottare piccole e inefficaci mediazioni al ribasso. Se qualcuno pensa a Draghi dopo Draghi, come Calenda, allora siamo fuori strada. Io penso che i confini di questa maggioranza non possano e non debbano determinare in alcun modo la prospettiva futura né le alleanze. E penso anche che con Pd e M5S sia arrivato il momento di concentrarci su cosa vogliamo proporre agli italiani, invece che perdere tempo sulle geometrie del campo. È evidente che immaginare un’intesa con Renzi che vuole abolire il reddito di cittadinanza e con Calenda che vuole il ritorno al nucleare sarebbe un esercizio pericolosamente acrobatico.

Cosa consiglia a Conte?

Non mi permetto di dare consigli. Mi a Conte dico: incontriamoci, discutiamo, ci sono molti temi, dalla guerra ai beni comuni, su cui esiste una convergenza. Costruiamola in Parlamento e, soprattutto, per l’Italia dei prossimi 5 anni. Il M5S è parte fondamentale della coalizione che vogliamo costruire.

Forse temono di essere additati come putiniani in caso di rottura col governo?

Una barzelletta che ha stufato. Noi dal primo giorno abbiamo detto no alle armi, siamo pacifisti sempre, non a intermittenza. Putin è il riferimento delle destre nazionaliste in tutta Europa. Ripeto: si possono avere idee diverse su come sostenere il popolo ucraino aggredito dalla Russia. E dopo 4 mesi mi pare che la scelta dell’escalation militare non stia contribuendo ad una soluzione pacifica. Anzi.

Nelle ultime settimane il “draghismo” del Pd si è ulteriormente accentuato.

È il partito del governo e della responsabilità, questo è un dato strutturale. Ma ci sono temi su cui la discussione tra noi è aperta: diseguaglianze, al salario minimo, ai diritti civili. Ricordo che le emergenze che stiamo affrontando non sono neutre: dal Covid alla siccità all’energia, non colpiscono tutti gli italiani allo stesso modo. E così le risposte che vengono date.

C’è una spinta a stabilizzare questa formula di governo, anche dopo le elezioni. Mettendo conto una astensione record.

La vittoria delle destre è un pericolo, ma considero ugualmente grave l’idea di replicare all’infinito il quadro attuale. Ci sono interessi politici ed economici che lavorano perché nulla cambi, e che considerano l’astensione come un fatto positivo, per una democrazia delle élite che espelle il conflitto per garantire i privilegi di pochi. Il mio assillo è batterci per sconfiggere questo progetto.

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