Frana in alta quota, Bardonecchia travolta da un fiume di fango
Disastro idrogeologico Notte di paura domenica in Val di Susa per l’esondazione di un torrente. La Regione Piemonte chiede lo stato di emergenza. Legambiente: forte antropizzazione e cementificazione selvaggia le principali cause
Disastro idrogeologico Notte di paura domenica in Val di Susa per l’esondazione di un torrente. La Regione Piemonte chiede lo stato di emergenza. Legambiente: forte antropizzazione e cementificazione selvaggia le principali cause
Uno tsunami di fango e di detriti a 1.300 metri d’altitudine, sotto le montagne che dividono l’Italia dalla Francia. A Bardonecchia, località turistica in alta Val di Susa (provincia di Torino), si contano i danni e si tira un sospiro di sollievo perché il bilancio dell’esondazione del torrente Frejus (detto anche rio Merdovine) nel giorno della festa patronale di Sant’Ippolito sarebbe potuto essere ben peggiore. I cinque dispersi sono stati ritrovati e i 120 sfollati sono rientrati nelle rispettive abitazioni nel corso della giornata.
IL CENTRO DEL COMUNE piemontese, intorno alle ore 21 di domenica, è stato invaso da una inaspettata colata detritica (o debris flow), che ha scatenato il panico tra residenti e turisti in fuga da quest’onda anomala alta almeno sei metri, esplosa tutto d’un tratto oltre gli argini del torrente. Non c’era nessuna allerta, a Bardonecchia non aveva neppure piovuto e a Rochemolles, frazione a 1.600 metri, la centralina aveva rilevato appena 3 millimetri d’acqua.
Tutto avrebbe avuto origine da una bomba d’acqua in alta quota, un intenso temporale in un punto remoto e circoscritto molto probabilmente sul versante francese. Masse di fango e acqua sono – spiegano dall’unità di crisi allestita al centro congressi – ruzzolate fino al Frejus, una parte sarebbe stata trattenuta da dispositivi chiamati «briglie», ma il resto ha preso possesso del torrente. Quando il Frejus ha superato l’argine, il mix di acqua, fango e detriti ha sommerso le auto parcheggiate, molte di queste sono state trascinate verso valle. Un condominio è stato allagato e da un albergo c’è stato il fuggi fuggi; danni sono stati riportati dal caseggiato che ospita il commissariato di polizia.
LE TESTIMONIANZE raccontano di un boato fortissimo e continuo. Gli schizzi di fango hanno raggiunto i piani più alti dei palazzi di Bardonecchia. La sindaca Chiara Rossetti l’ha descritta come «la notte più brutta degli ultimi cento anni per Bardonecchia, perché un fenomeno così non si era mai verificato, del tutto inaspettato e imprevedibile».
La prima stima dei danni ammonta a dieci milioni di euro. Intanto, il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio ha firmato la richiesta di stato di emergenza e la premier Giorgia Meloni ha twittato dall’Albania: «Faremo tutto ciò che è necessario per dare il massimo aiuto e supporto».
È STATO UN EVENTO climatico estremo, figlio però dei cambiamenti climatici in corso, per l’intensità delle precipitazioni, e dell’artificializzazione dei nostri sistemi fluviali, che ha portato a un aumento della velocità delle acque che a ogni esondazione rischia di provocare danni ingenti.
Giorgio Prino, presidente di Legambiente Piemonte-Valle d’Aosta, sottolinea: «I cambiamenti climatici che indeboliscono le nostre montagne, veri e propri hotspot dove gli effetti sono fortemente amplificati, una forte antropizzazione e una cementificazione selvaggia che ha portato a incanalare e costringere fiumi e torrenti costruendo a pochissimi metri dagli argini, sono le principali cause di quanto abbiamo visto accadere. È ora che si prenda sul serio l’emergenza climatica in cui siamo sprofondati, lavorando duramente e velocemente per l’adattamento alle nuove condizioni che ci troviamo ad affrontare e per mitigare l’effetto delle nostre attività sull’aumento della Co2 in atmosfera. E lo si deve fare a ogni livello, dal governo nazionale alla Regione, alle Province fino ai Comuni, con coscienza, serietà e appoggiandosi alla comunità scientifica. Con buona pace degli «ambientalisti del ma». Quelli per esempio del sì al Tav. «Come Legambiente siamo contrari all’opera del Tav: non è supportata dai numeri, anzi basterebbe modernizzare la linea esistente per rispondere alle esigenze di traffico. Inoltre le emissioni climalteranti generate dai lavori sarebbero pareggiate non prima del 2050, quindi ampiamente fuori tempo massimo per gli obiettivi di decarbonizzazione che ci siamo dati e, in ultimo, i fondi andrebbero investiti nella prevenzione del dissesto idrogeologico che sul nostro territorio, come in questo caso, si fa sentire».
Sulla stessa lunghezza d’onda Marco Grimaldi, capogruppo alla Camera dell’Alleanza Verdi-Sinistra: «I cambiamenti climatici stanno segnando sempre di più le nostre vite e questo è l’ennesimo evento meteorologico estremo che dobbiamo commentare. Ci opponiamo alle grandi opere come il Ponte sullo Stretto e il tunnel della (nuova) Torino-Lione perché le più grandi opere che dovremmo mettere in campo sono la fine dell’era fossile e la messa in sicurezza del nostro territorio».
PASSATA LA GRANDE PAURA, la priorità è ripulire tutte le strade e ripristinare i servizi, le infrastrutture e le attività danneggiati dalla colata di fango, con l’obiettivo di salvare anche la stagione turistica. Oggi l’accesso a Bardonecchia con l’auto sarà ancora praticamente impossibile, per la chiusura dello svincolo autostradale e della statale, da mercoledì la situazione potrebbe tornare alla normalità.
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