Foibe, a Siena arriva la storia ufficial-comunale
La scuola italiana, una delle ultime «ridotte» costituzionali del paese, riapre dopo il lungo inverno della didattica a distanza, della dispersione scolastica e dell’allargamento delle diseguaglianze sociali, culturali e formative […]
La scuola italiana, una delle ultime «ridotte» costituzionali del paese, riapre dopo il lungo inverno della didattica a distanza, della dispersione scolastica e dell’allargamento delle diseguaglianze sociali, culturali e formative […]
La scuola italiana, una delle ultime «ridotte» costituzionali del paese, riapre dopo il lungo inverno della didattica a distanza, della dispersione scolastica e dell’allargamento delle diseguaglianze sociali, culturali e formative ed immediatamente diventa terreno di incursioni politiche legate alla stretta strumentalità del dibattito pubblico «minore».
Accade così che nella Siena appena attraversata dall’aggressione mediatica al rettore dell’Università per Stranieri Tomaso Montanari, tacciato di «negazionismo» per aver correttamente denunciato la strumentalizzazione della vicenda delle foibe da parte della destra e delle sue formazioni più o meno estreme, la giunta guidata da Lega e Fratelli d’Italia che governa la città si appresti ad operare un’azione di uso pubblico torsivo della storia riversato su giovani studenti e studentesse appena tornati sui banchi in presenza.
La Commissione consiliare «Cultura e Scuola» del Comune, infatti, ha comunicato una sua riunione per il 21 settembre prossimo con due punti specifici all’ordine del giorno, il secondo dei quali recita testuale: «Iniziative da parte del Comune di Siena per una corretta informazione nelle scuole e nelle università del contesto storico del massacro delle foibe e degli altri massacri etnici. Condanna del negazionismo storico».
La formula della convocazione contiene in sé un falso storico associando le violenze sul confine italo-jugoslavo del settembre 1943 e del maggio 1945 alla nozione di «pulizia etnica»: ovvero una violenza che sarebbe stata esercitata contro gli italiani (fascisti e non) «solo perché italiani» completamente decontestualizzata dalla dimensione della guerra totale scatenata dai regimi dittatoriali di Roma e Berlino.
Una formula lontana dalla realtà e che nessuno storico serio afferma esserci stata, non fosse altro che per la presenza di migliaia di italiani nelle fila dell’Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia (che per evidenti ragioni di logica ed appartenenza nazionale non avrebbero potuto odiare gli italiani «solo perché italiani»); per la presenza di migliaia di jugoslavi (deportati in Italia nei campi d’internamento fascisti) nella Resistenza italiana che combatterono per la Liberazione del nostro Paese a dispetto di un loro presunto odio etnico; per gli stessi caratteri ideologici che nei Balcani come nel resto dei campi di battaglia contrapposero non nazioni ma campi valoriali trasversali all’appartenenza etnica e nazionale: dittatura/democrazia, fascismo/antifascismo.
Ciononostante attorno alla definizione di «pulizia etnica» si alimenta, nella sfera e nella memoria pubblica, da un lato il paradigma vittimario legato alla lettura afascista delle vicende del nostro confine orientale (una rivisitazione che elude la questione dei crimini di guerra italiani nei Balcani durante la Seconda guerra mondiale e l’impunità garantita dai governi repubblicani ai criminali responsabili di stragi, deportazioni di civili e massacri) e dall’altro un tentativo di «rivincita memoriale» della destra postfascista protesa alla delegittimazione delle radici antifasciste della Repubblica attraverso la demonizzazione di una delle culture politiche fondative della democrazia costituzionale: il comunismo italiano.
Così a Siena l’assessore di Fratelli d’Italia Paolo Benini (di professione medico) si appresta ad indicare le direttive che le scuole dovranno seguire per una «corretta informazione» sulle foibe secondo uno schema di ingerenza politica nell’autonomia culturale e nella libera ricerca molto caro alla destra italica. Lo stesso Benini che il 20 settembre 2020 è stato condannato per diffamazione aggravata a seguito di insulti omofobi contro un professore che aveva partecipato al Toscana Pride. Lo stesso Benini che venne difeso in tribunale dall’attuale sindaco di Siena, Luigi De Mossi, già duramente contestato da associazioni come Non Una di Meno, Udi, Arcigay per la sua difesa legale di un uomo poi condannato (il 10 luglio 2020) per violenza sessuale contro due ragazze minorenni.
Gli stessi Benini e De Mossi nella cui maggioranza figura Michele Forzoni, un consigliere comunale di Fratelli d’Italia che il 25 aprile 2019 ha celebrato la Liberazione dal nazifascismo omaggiando sui suoi profili social i reparti criminali della X Mas di Junio Borghese e della repubblica di Salò.
Alla scuola, ai suoi docenti e soprattutto a studenti e studentesse il compito di resistere a questa ennesima, e certamente non ultima, incursione abusiva nella storia e nella cultura democratica.
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