Visioni

Filmando l’inferno del popolo curdo, diario di consapevolezza di una guerra

Filmando l’inferno del popolo curdo, diario di consapevolezza di una guerraUna scena di «Kurdbûn - Essere curdo»

Cinema «Kurdbûn - Essere curdo» di Fariborz Kamkari è ora visibile su Mubi, si basa sulle riprese della giornalista Berfin Kar a Cizre nel 2017

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 19 luglio 2022

Cronaca di un assedio, di un massacro. Quello attuato dal regime turco e dal suo esercito, e dai paramilitari che facevano il lavoro sporco, a Cizre, nel Sud-Est della Turchia al confine con Iraq e Siria tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017. Un attacco pianificato contro gli abitanti di quella città a maggioranza curda, esempio di confederalismo democratico basato sulle idee e la loro realizzazione di Abdullah Ocalan, dei partiti curdi (messi al bando da Ankara, come l’Hdp), dei tanti sindaci, attivisti, giornalisti perseguitati, arrestati, uccisi nel corso del tempo nel tentativo di silenziare un intero popolo da parte della seconda forza della Nato, mai condannata dalle potenze internazionali.
A Cizre, poco prima che l’inferno si scatenasse, era giunta, «per caso» come disse lei stessa, la giornalista televisiva curda Berfin Kar con il suo operatore Baran Yasak. E vi rimase per settimane, inizialmente decisa a filmare la città e le persone e poi rimasta intrappolata quando iniziò a scatenarsi l’offensiva turca nel momento in cui la popolazione non rispettò l’ultimatum dell’esercito di evacuare Cizre. Filmò, intervistò, entrò nelle case, si spinse nelle strade, visse nei rifugi sotterranei dove la gente era così tanta da rendere impossibile avere un piccolo spazio per coricarsi.
A un certo punto, giunta un’apparente tregua, dovette andarsene, essendo per lei troppo rischioso rimanere, salvando così anche tutto il materiale che lei e Baran avevano girato.

QUEL MATERIALE incandescente è confluito in Kurdbûn – Essere curdo (ora su Mubi dopo una breve uscita in sala), documento più che documentario costruito esclusivamente con i filmati «in diretta» di quel periodo che Fariborz Kamkari ha assemblato dando loro una forma narrativa. Ne è nato un lungometraggio incalzante, una «lezione» di Storia partendo da una delle più recenti atrocità compiute contro i curdi.
Un assemblaggio non solo visivo – che accanto alle immagini televisive più classiche nella forma pone quelle «all’ultimo respiro» filmate sotto i bombardamenti con la videocamera che anch’essa ansima, cade, si nasconde al pari dei civili – ma pure di fonti che compongono la densa narrazione (tratte dallo scrittore iraniano Sadeq Hedayat, Brecht, Adorno, Abdullah Ocalan, il Gramsci di Odio gli indifferenti) affidata alla voce narrante di Heja Netirk che «interpreta» Berfin Kar (ancora in attesa del processo in Turchia insieme a Baran Yasek).

https://www.youtube.com/watch?v=6eNkeNSqyJs

IL «DIARIO» si fa così doppio: per immagini e parole. Un flusso di entrambe che dà al film il senso del thriller, una lunga serie di brevi scene chiuse da dissolvenze a nero. Come se, ma solo per una quasi impercettibile frazione di tempo, l’occhio fosse chiamato a riposarsi, a trovare un istante di riparo da quanto sta vedendo, prima di essere di nuovo scaraventato nei dettagli di quell’orrore quotidiano. Che per un attimo sembra fermarsi quando gli abitanti di Cizre un mattino si svegliano e scoprono che è nevicato, e bambini, ragazzi, adulti si lanciano per strada palle di neve, e una ragazza piange – ma per la gioia. La guerra sembra non esserci mai stata, o essere sparita, ma ben presto riprenderà furiosa.
«Ho pensato di scrivere un diario esistenziale e ideologico che riflettesse la coscienza individuale e la consapevolezza che ogni curdo ha della propria storia e identità», afferma Kamkari, cineasta e scrittore curdo-iraniano attivo in Italia che a ogni film ama reinventare il suo cinema esplorando sempre nuove traiettorie.

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