La giornata che precede l’incontro tra Mario Draghi e Giuseppe Conte è segnata da trattative nella maggioranza: l’obiettivo è evitare che il governo ponga la questione di fiducia sul dl Aiuti.

IL MOVIMENTO 5 STELLE sfoglia la margherita delle sue lamentazioni nei confronti dell’esecutivo. Ci sono le restrizioni al reddito di cittadinanza, ma la questione si risolve più in una vicenda simbolica che sostanziale: il presidente del consiglio ha già fatto capire che la pretesa di far valere anche il rifiuto di offerte di lavoro dai privati, oltre che dai centri per l’impiego, ai fini del conteggio per la sospensione del sussidio è inapplicabile. C’è il tema del caro-bollette e del prezzo dell’energia, ma su quello il governo promette di intervenire ulteriormente. Resta l’inceneritore di Roma, di fronte al quale il M5S non è disposto ad alzare le barricate prima che Conte vada a Palazzo Chigi. E allora resta il Superbonus: il ministro M5S ai rapporti col parlamento Federico D’Incà esplora la possibilità che si discuta un emendamento che sblocchi i crediti che giacciono nella pancia delle banche e li sganci da rischi di irregolarità.

LEGA E FORZA ITALIA protestano, chiedono che il tavolo delle modifiche dell’ultimo momento si riapra a 360 gradi e non solo per i 5 Stelle. Matteo Salvini prova a infilare nella partita la questione dello Ius Scholae, del tutto estranea al provvedimento in discussione. Dal Pd invece lavorano per il compromesso: Emanuele Fiano nega che l’ostacolo siano i 5 Stelle e le compatibilità dentro il «campo largo», come dicono i salviniani. «La Lega prova a buttarla sul terreno di uno scontro fra coalizioni ma farebbe meglio a guardare in casa sua: quella del centrodestra – sostiene Fiano – Il nostro gruppo non ha mai chiuso al confronto e a alla possibilità di valutare modifiche al testo che siano nell’interesse dei cittadini, e su questa linea continueremo nelle prossime ore».

IN SERATA si viene a sapere che la mediazione è saltata per mancanza di coperture: Palazzo Chigi e ministero dell’economia dicono che mancano circa 3 miliardi. La seduta si apre con D’Incà che chiede di rinviare tutto. «In stretto collegamento con la presidenza del consiglio ho sondato tutte le forze della maggioranza per capire se fosse possibile trovare un accordo per evitare di porre la questione di fiducia sul decreto Aiuti – dice D’Incà – Questo si è reso necessario per venire incontro a richieste parlamentari di miglioramento del testo, in particolare nella parte relativa al Superbonus». La vicenda, prosegue il ministro, presenta un alto grado di «complessità politica». Ergo: serve prendere ancora del tempo. «Il governo ha dato la massima disponibilità per un accordo, per elaborare un compromesso», è il messaggio che trapela da Palazzo Chigi, con una postura tipicamente draghiana. Traduzione: se la vedano i gruppi parlamentari e ci facciano sapere cosa hanno deciso. Il pallino passa a un organismo ristretto delle Commissioni, il «Comitato dei nove», che viene chiamato a valutare eventuali modifiche concordate con la maggioranza e da votare in Aula: è stato convocato per le 9 di questa mattina.

SE NON SI DOVESSE trovare il punto di caduta, non resterebbe che porre la fiducia. A quel punto è difficile che il M5S faccia davvero saltare il banco prima ancora che Conte veda Draghi. Nelle ultime ore pare che il leader abbia di nuovo parlato con Enrico Letta che sarebbe stato ancora una volta più risoluto: «Il Partito democratico non potrebbe accettare alleanze con un M5S che sceglie l’opposizione», avrebbe detto il segretario dem.

CONTE NON ha smesso di considerare l’alleanza progressista il suo orizzonte strategico. Dunque è molto sensibile a questo tipo di argomentazione, anche se alcuni dei suoi gli sussurrano l’insinuazione che il Pd abbia soltanto paura che un M5S all’opposizione riprenda troppa quota e pesi di più nella coalizione. Molti dei parlamentari scalpitano. Alla Camera sono divisi, con il capogruppo Davide Crippa e il direttivo più propensi a un compromesso. Ma la quasi totalità dei senatori preme per un ritorno all’opposizione. Il gruppo a Palazzo Madama, peraltro, è quello che meno ha patito la scissione di Di Maio (solo in dieci sono passati col ministro degli esteri) e che considera questa fedeltà come un patrimonio da investire nei rapporti interni ai 5 Stelle. Conte oggi riunisce il Consiglio nazionale, cui partecipa la delegazione nel governo e i referenti dei principali comitati tematici, prima di andare da Draghi. In serata, dopo il faccia a faccia tra il premier e l’avvocato, è prevista l’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari.