Alias Domenica

Fiaba carnevalesca di E.T.A. Hoffmann, tra equivoci e grottesco intermittente

Fiaba carnevalesca di E.T.A. Hoffmann, tra equivoci e grottesco intermittenteIllustrazione di Jakob Callot

Classici tedeschi «La Principessa Brambilla», da L'orma

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 28 gennaio 2024

Scritto nel 1820 da Ernst Theodor Amadeus Hoffmann a mo’ di capriccio alla maniera delle incisioni di Jakob Callot, La Principessa Brambilla (ritradotto e annotato da Giulia Ferro Milone, in uscita il 9 febbraio per L’Orma, pp. 192, € 18,00) non è un testo per chi prende tutto maledettamente sul serio: questa avvertenza dello stesso autore, è fondata sul fatto che la sua è – com’è noto – una fiaba sul Carnevale, cui vengono posposte alcune osservazioni di Baudelaire sul comico e sul grottesco (tradotte da Lorenzo Flabbi).

La storia non è presto detta: vi compaiono, infatti, un turbinio di situazioni che si intrecciano l’una nell’altra ruotando attorno alle avventure di alcuni personaggi – gli innamorati «trovati», Giacinta e Giglio più Brambilla e Cornelio, che ancora si cercano – e altri comprimari senza l’«aiuto» dei quali questa rocambolesca, e a suo modo intensamente musicale, vicenda carnevalesca, non si svilupperebbe.

Sullo sfondo di via del Corso e via Condotti, del teatro Argentina e del Caffè Greco, questa folle storia del rapporto tra amore e realtà, tra amore e sogno-illusione, tra amore e umore, porta l’impronta di un romantico che ha fatto proprio l’assurdo, l’inverosimile grottesco, affacciato dalle maschere carnevalesche.

Nessun carattere simbolico, indicatore di una superiore realtà nascosta, che attraverso il gesto poetico e la fiaba si rivela al protagonista, com’era nel mondo di Novalis; nessun universo significante che a tratti si palesa e traspare nel cosiddetto reale, trasfigurandolo. Qui e altrove, il mondo narrato da Hoffmann si presenta per contrasto, «per assurdo».

Le considerazioni sul sogno del secondo capitolo, per esempio, si concludono così: «lo spirito porta a spasso il corpo come un abito scomodo, sempre troppo largo, lungo, mal fatto», dove il contrasto corpo-spirito, che serve a rivelare il mondo altro, è un espediente così attivo, nel ricorso al grottesco, all’ironia, al fantastico e a tutti questi insieme, da condizionare questo mondo, il mondo della storia narrata. Intanto, la sarabanda del Carnevale si mescola con la realtà, e lo scambio dei ruoli e dei personaggi (maschere e esseri umani, ricchi e poveri, nobili e popolani) assume l’aspetto di un gioco fantasmagorico, che trascina a forza il lettore non consentendogli di immergersi in una distanza sognante.

Nelle sue considerazioni, proprio il modo in cui Hoffmann sa mescolare basso-comico e alto-assoluto, ottenendo, nel riso, di ritrovarsi al tempo stesso nella natura e nell’essere umano, fanno dire a Baudelaire che La principessa Brambilla è «una sorta di catechismo di alta estetica», dove Hoffmann si ritrova, anche, tra le voci letterarie che giungono fino allo Hesse del Lupo della steppa.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento