È stato presentato nei giorni scorsi  il Piano nazionale di prevenzione contro l’uso improprio di Fentanyl e di altri oppioidi sintetici, elaborato dal Dipartimento per le politiche antidroga con il supporto di diversi Ministeri, dipartimenti, strutture e agenzie, con l’obiettivo di definire le attività di prevenzione per intercettare e impedire l’accesso e la diffusione illegale in Italia del Fentanyl e dei suoi analoghi o la sua diversione per usi non sanitari, nonché la gestione di una ipotetica emergenza.

Il documento prevede una stretta sui controlli e pene più severe per chi dovesse essere sorpreso a spacciare. È stata individuata la necessità, ancora tutta da definire nei suoi aspetti più concreti, di percorsi di formazione destinati alle forze dell’ordine, agli operatori sanitari e agli insegnanti.

Per comprendere cosa sia il Fentanyl è necessario fare delle precisazioni: attualmente, negli Stati Uniti la principale causa di morte tra gli adulti di età compresa tra i 18 e i 45 anni è da imputare all’overdose da oppioidi sintetici, con il prodotto in questione- anche detto China Girl -, direttamente coinvolto nel 90% dei casi e con un aumento, negli ultimi cinque anni, del 280%.

La Drug enforcement administration (DEA) ha precisato, poi, che nel Nordest degli Stati Uniti, quasi il 90 per cento del fentanyl da contrabbando contiene la xilamina (tranq o droga dello zombie), – analgesico e sedativo non oppioide, approvato dalla FDA (Food and Drug Administration) dal 1972, esclusivamente per uso veterinario non cronico. La xilazina è acquistabile per soli 6 dollari al chilo su specifici siti Web cinesi.

L’amministrazione Biden, riferendosi in modo particolare al pericolosissimo connubio si è espressa in termini di “minaccia emergente” per la sicurezza nazionale.

Oltre trecento decessi al giorno, quasi cinque al minuto, per i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) americani, solo il 2022 ha fatto registrare 109.680 perdite umane.

Il Fentanyl (o Fentanil) è un analgesico oppioide sintetico con effetti rapidi e durata breve, 100 volte più potente della morfina e 50 volte più dell’eroina. È utilizzato, sotto stretta vigilanza medica, per trattare il dolore cronico, soprattutto quello neoplastico, o come anestetico prima di interventi chirurgici o manovre “invasive”.

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Il farmaco, essendo dotato di un’importante liposolubilità, attraversa con facilità la barriera emato-encefalica – molto più agevolmente di altri oppioidi naturali e di sintesi e se iniettato in vena, produce effetti in meno di 30 secondi. Una pillola con un contenuto superiore ai 2milligrammi può risultare fatale per l’essere umano.

Gli oppioidi si legano ai recettori in molte regioni diverse del cervello, tra cui i centri del dolore e delle emozioni come l’amigdala, ma anche in aree che regolano il respiro (vedi tronco encefalico), alterandone la regolarità sino alla morte.

Un chilogrammo di Fentanyl in purezza acquistabile sul dark web (tra i 3.500 e i 5000 dollari), lavorato poi in pillole, non superiori a 2mg del valore di 20 dollari cadauna (600mila pezzi), e rimesso sul mercato, offre un ricavo finale di circa 340 volte l’investimento iniziale.

Lo stesso quantitativo di eroina comprato a 50.000 dollari al chilogrammo genera un guadagno di circa quattro volte la cifra di partenza.

Ecco spiegata in poche considerazioni l’utile che il narcotraffico “fattura”, avvalendosi non più del prodotto di piantagioni soggette ai rischi imposti dai cambiamenti climatici, controlli di polizia e sempre nuove rotte da individuare per il trasporto, ma servendosi di laboratori anche di piccole dimensioni e chimici, o pseudo-tali, esperti.

Il pronto intervento prova a rianimare un uomo in overdose di fentanyl a Vancouver, in Canada

È tale la potenza del prodotto, assorbibile anche per via transdermica, che ha provocato numerose intossicazioni anche fra i poliziotti americani nell’azione di maneggiare partite sequestrate senza l’utilizzo di guanti o a causa di sia pur ridotte e involontarie inalazioni nel corso di sequestri.

Se ad oggi la problematica del misuso degli antidolorifici ha riguardato significativamente gli Stati (dolenti) Uniti d’America, questo non esclude – e quanto riportato dai pazienti dei Ser.D. ha già destato l’allarme degli operatori del settore – che anche il Vecchio continente ne possa essere coinvolto.

 Al di là delle implicazioni geopolitiche che chiamano in causa Cina, Afghanistan e Messico – rispettivamente coinvolti per la produzione dei precursori chimici, per le conseguenze del divieto di coltivazione del papavero da oppio e per la sicurezza delle rotte del trasporto -, delle conseguenze in chiave sanitaria del consumo e della dipendenza, non può essere sottovalutata anche la lettura socio-culturale del fenomeno.

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Le droghe hanno necessità di un contesto per trovare pervasività e successo e, forse, le chiavi euristiche della diffusione degli oppiodi sintetici è da ritrovarsi nella crisi economica, nei problemi abitativi e occupazionali, nel vuoto relazionale, negli strappi registrati dalla rete di solidarietà, nei colpi inferti al sistema di welfare e alla sanità.

Il nostro Paese può continuare a contare – sperando che basti – sull’indubbio know-how di una rete di Servizi (pubblici e del privato sociale accreditato), maturato a partire dalla diffusione dell’eroina nella metà degli anni ’70, sull’azione di sensibilizzazione e informazione delle Società Scientifiche del settore e sui sistemi di monitoraggio nazionali e internazionali (vedi Istituto Superiore di Sanità in Italia e Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze in Portogallo).

Queste esperienze devono fare riflettere, e non solo gli Stati Uniti, sulle possibili conseguenze della contrazione di fondi per la sanità pubblica rispetto agli interventi di prevenzione orientati ai più giovani, ai trattamenti necessari, alle politiche di riduzione del danno.

È doveroso fare riferimento alla prevenzione ma è altrettanto doveroso ricordare che in Italia la Riduzione del danno, che non è definizione vuota ma insieme di progetti e interventi sul territorio, è inserita nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) ma non più finanziata da anni.

È necessario ricordare che ci sono regioni in Italia che ancora non hanno portato a termine – con annose e vane attese – il sistema dell’accreditamento delle strutture della cura (vedi Comunità Terapeutiche), che ci sono Ser.D. dove i vuoti del personale, in assenza di turnover pur previsto dalla legge, non sono colmati da decenni.

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Va riconosciuto al Governo in carica, dunque, il merito di aver puntato l’attenzione su una questione che davvero potrebbe aprire a scenari drammatici ma, al di là dei proclami e dell’allarme lanciato, è la rete dei Servizi ad essere direttamente chiamata in causa (Ser.D. ossia i Servizi per le Dipendenze delle Aziende Sanitarie Locali e il Privato sociale autorizzato e accreditato) per ciò che attiene al trattamento, alla prevenzione, all’informazione su base scientifica.

La drammatica esperienza degli Stati Uniti, dove per lunghi anni è mancata quasi del tutto una rete di sanità pubblica rivolta al trattamento e alla riduzione dei rischi, deve indurre a rigettare ogni pericoloso indugio anche in chiave nostrana.

La contrazione di fondi destinati alla sanità pubblica e al privato sociale autorizzato e accreditato, il decrescere dell’interesse e della possibilità di fare prevenzione orientata ai più giovani, l’azzeramento delle risorse destinate ai progetti di riduzione del danno, rischiano, infatti, di connotarsi di analoga prodromicità anche nel nostro Paese.

Se il Governo vuole davvero attuare quanto meritoriamente suggerito dal Piano nazionale di prevenzione contro l’uso improprio di Fentanyl e di altri oppioidi sintetici, allora deve mettere a disposizione degli operatori del settore le necessarie e doverose risorse.

Per fare prevenzione e cura ci vogliono strumenti e personale.Non domani, già ieri, comunque almeno oggi.