La Corte suprema degli Stati uniti è chiamata a decidere su un caso spinoso che riguarda la responsabilità penale del colosso farmaceutico Purdue Pharma, produttore di antidolorifici potenti, fra cui il famigerato OxyContin, tra i responsabili della crisi da dipendenza da oppioidi che provoca ogni anno la morte di migliaia di americani.
In ballo c’è il destino di un’azienda, dei suoi proprietari, la potente famiglia Sackler, e dei dirigenti che hanno prodotto e promosso l’uso di un farmaco ad alta dipendenza, che ha causato la morte di centinaia di migliaia di americani e ha distrutto le vite di molti altri, e il fatto che le vittime possano o meno chiedere conto di tutto ciò ai Sackler in tribunale.

DOPO ANNI di negoziazioni Purdue Pharma aveva accettato di pagare 6 miliardi di dollari di risarcimento per chiudere le migliaia di cause avviate dai familiari di vittime di dipendenza da oppioidi, aggiungendo come clausola fondamentale l’esonero dei membri della famiglia Sackler da ogni responsabilità. A maggio l’accordo era stato approvato da un tribunale di New York, ma il Programma fiduciario degli Stati uniti, una divisione del Dipartimento di Giustizia, lo ha bloccato, chiedendo alla Corte suprema di rivederlo: i giudici costituzionali hanno ascoltato gli argomenti delle parti lunedì.

Alcuni dei casi che arrivano ai “supremes” mettono i giudici in un ruolo scomodo: Harrington vs Purdue Pharma sembra essere proprio uno di questi. Sin dalla prima seduta la Corte è sembrata subito divisa sull’ accordo fallimentare di Purdue Pharma ferocemente contestato, con le domande dei giudici che riflettevano il motivo per cui l’accordo ha suscitato così tante critiche, in una disputa che contrappone il denaro ai principi.

Il problema è che in discussione non c’è solo l’effetto pratico dello scioglimento di un accordo negoziato faticosamente per anni, e la preoccupazione che l’esenzione dei Sackler dalla responsabilità legale li libererebbe da ulteriori controlli sul ruolo che hanno svolto nella crisi degli oppioidi, ma anche le conseguenze che avrà per altri accordi simili risolti attraverso il sistema della dichiarazione di bancarotta.

L’ACCORDO fallimentare che è stato negoziato prevede che la famiglia Sackler paghi personalmente poco più di 5 miliardi di dollari in 18 anni, con la maggior parte del denaro che andrebbe agli stati, ai governi locali e alle tribù dei nativi americani, per aiutare a combattere l’epidemia di oppioidi in corso. 750 milioni di dollari sono destinati a pagare le singole vittime e le loro famiglie. Il fondo stanzierebbe da 3.500 a 48.000 dollari, con pagamenti distribuiti su 10 anni. Questa per Purdue è una grande concessione e il loro rappresentante ha dichiarato che l’accordo di bancarotta è l’unico grande accordo sugli oppioidi a prevedere dei «recuperi significativ» per le vittime.

ALL’INTERNO dell’aula i giudici sono apparsi profondamente divisi, e i loro interventi non si sono allineati lungo linee ideologiche, conservatori da una parte e “progressisti” dall’altra. La giudice liberal Ketanji Brown Jackson si è mostrata scettica sul fatto che l’esenzione di responsabilità possa essere l’unico modo per risarcire le vittime degli oppioidi. Un avvocato dei gruppi delle vittime, Pratik Shah, ha insistito sul fatto che altrimenti i membri della famiglia Sackler non sottoscriverebbero nessun altro accordo, rischiando così di lasciare le vittime senza nulla. «Senza questo risarcimento, – ha detto – Non ci sarà alcun percorso praticabile per un rimborso delle vittime».