Visioni
Fano Jazz by the Sea, musica e territorio
Festival Fino al 31 luglio la kermesse nel segno della rinascita. Un cartellone ricco di presenze fra cui Gonzalo Rubalcaba, Tigran Hamasayan, Giovanni Guidi
Nils Petter Molvaer – foto di Andrea Rotiliar
Festival Fino al 31 luglio la kermesse nel segno della rinascita. Un cartellone ricco di presenze fra cui Gonzalo Rubalcaba, Tigran Hamasayan, Giovanni Guidi
Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 28 luglio 2021
Guido MicheloneFANO
Probabilmente quest’edizione del festival passerà alla storia anche per le belle parole di Gonzalo Rubalcaba a inizio dell’intera rassegna e del primo concerto: il pianista cubano, visibilmente commosso per il ritorno in scena, racconta cosa significhi per un musicista un anno e mezzo di pandemia, al di là delle tragedie personali riguardanti amici e familiari. La mancanza del pubblico e l’impossibilità di condividere la propria arte a stretto contatto con le persone che si fanno comunità, ha rappresentato un ostacolo fino a ieri insormontabile, che però la 39a edizione di Fano Jazz By The Sea, anche grazie alla direzione di Adriano Pedini, come sempre generosa, competente, appassionata, supera brillantemente.
Il festival infatti si snoda attraverso un programma che per nove giorni investe la città da mane a sera, tra workshop, recital, marching band, spazi per giovani, attenzioni ai bambini, all’ecologia, all’ambiente e tra un cartellone serale di big europei e americani. Al di là dei jazzmen da ascoltare quest’anno la rassegna, mediante il Green Jazz Village, accanto alla Rocca Malatestiana, vuole anche essere un esempio di ecosostenibilità, interpretando, a impatto e a km zero i valori alternativi per diffondere e promuovere consapevolmente il patrimonio locale a livello di arte, spettacolo, paesaggio, enogastronomia, sino adottare le regole dei CAM (Criteri Ambientali Minimi), di cui un esempio riuscito e apprezzatissimo dal pubblico è l’accesso gratuito all’acqua fresca da bere in appositi bicchieri ecologici.
IN SINTONIA al discorso sul territorio c’è un’idea del jazz che, almeno in Italia, fatica ancora ad affermarsi, nonostante gli sforzi intellettuali di autorevoli musicologici quali Stefano Zenni o Marcello Piras. Infatti se si vuole trovare un fil rouge alle sonorità proposte, occorre cercarlo nel concetto tanto arcano quanto nuovissimo che in jazz sia ancora una musica in progress, ovvero la più adatta a contaminarsi, aprirsi, sciogliersi con sempre diverse culture, spostando addirittura il baricentro dagli Stati Uniti verso altri continenti. Basti pensare, in tal senso, alla provenienza dei primi cinque gruppi: Cuba, Armenia, Norvegia, Italia, Francia.
O basti andare alla prima soirée con Rubalcaba nei primi venti minuti in piano solo ispirato a esternare propria originale fusione afro-bop; e il virtuosismo di Gonzalo a 360 gradi, che sa integrare alla perfezione il jazz alla tradizione cubana, emerge altresì nell’accompagnare la vocalist Aymée Nuviola, la quale sa anch’essa swingare e improvvisare sullo struggente (e talvolta comico) repertorio di charanga, son, guaracha, timba e rumba.
La seconda serata, nel magico naturale scenario della Rocca Malatestiana, vede trio fare il trio dell’armeno Tigran Hamasyan, il quale presenta il nuovo geometrico album The Call Within, abilmente giocato sui contrasti tra la voce evocante antiche melodie, la ritmica decisamente funk e rock, gli effetti elettronici e soprattutto il funambolismo pianistico del leader che all’interno di un brano passa da tempi lenti a scorribande velocissime, memore di Bach, Thelonious, Bud Powell, con una fisicità che è quasi un tutt’uno fra uomo e strumento.
Il Fano Jazz By The Sea conferma la partenza sprint quando tutte le polemiche attorno al presunto nu jazz o techno jazz di Nils Petter Molvær, suscitate anni prima in loco, si dissolvono la terza sera quando il trombettista norvegese col proprio eccellente trio si esibisce in trio suonando jazz-jazz con qualche minimale effetto elettrico, puntando invece sul contrasto tra frasi lente e impennate funk, con le note cool della tromba suffragate da un incisivo percussionismo dai molti richiami, persino orientaleggianti.
Dopo lo struggente tributo a Gato Barbieri di Giovanni Guidi con la propria band americana (stupefacente James Brandon Lewis al sax tenore), il festival prosegue giorno per giorno, fino al 31 luglio, da martedì con Michel Portal MP85, l’Antonio Faraò Trio, il David Helbock’s Random/Control, con il Yilian Canizares Resilience Trio, e con altre decine di recital tra chiese, piazze, caffé, pinacoteche, per non parlare della rassegna d’agosto Terre Sonore: ma questa è già un’altra nuova storia.
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