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Exploding Star Orchestra, il tempo reale della creazione

Exploding Star Orchestra, il tempo reale della creazioneExploding Star Orchestra al Novara Jazz Festival

Festival Al Novara Jazz Rob Mazurek e il suo ensemble portano il ritmo e l’utopia viva dell’avanguardia. L’equilibrio tra scrittura e improvvisazione, l’album «Lightning Dreamers»

Pubblicato più di un anno faEdizione del 13 giugno 2023

La dimensione musicale è largamente libera, informale, non senza però anche momenti di grande piacevolezza melodico-ritmica; ma non è una piacevolezza che nel rapporto con l’ascoltatore tenda a «chiudere», riportando, con una cristallizzazione si potrebbe dire riformista, all’ordine, alla prevedibilità, alla conferma delle certezze: quella della Exploding Star Orchestra di Rob Mazurek è invece una piacevolezza che apre al desiderio e all’utopia, e che rinvia ad elementi estatici del jazz più avanzato degli anni sessanta. La prospettiva d’avanguardia di Chicago Underground, con cui Mazurek si è distinto negli anni novanta, si è del resto nutrita di una intensa rielaborazione dell’esperienza della generazione del free jazz, facendo tesoro per esempio anche della lezione post-free di Don Cherry, oltre che del magistero di una figura emblematica come Pharoah Sanders, che per Mazurek è stato un mentore.

L’esibizione sabato sera della Exploding Star Orchestra nella centrale corte del Broletto ha rappresentato il momento culminante dell’edizione 2023 del Novara Jazz, edizione con la quale il festival ha festeggiato le venti annate di attività, iniziate con i primi concerti nel 2004. Due fine settimana lunghi, 1-4 e 8-11 giugno, con il clou nel weekend finale, in tanti spazi della città.
La Exploding non è mai uguale a se stessa: e non tanto perché, creata quasi vent’anni fa, ha conosciuto tanti avvicendamenti di componenti. Oltre a Mazurek, tromba, voce, campanacci, qui allineava Damon Locks, elettronica, campionamenti, voce, Angelica Sanchez, piano, Nicole Mitchell, flauto, voce, Pasquale Mirra, vibrafono, Mauricio Takara, percussioni, elettronica, Ingebrigt Haker Flaten, contrabbasso, Chad Taylor e Mikel Patrick Avery, batterie. Rispetto allo scorso anno a Jazz em Agosto a Lisbona la formazione era già in parte cambiata (e Nicole Mitchell ad un certo punto ha elaborato il lutto, che era anche di tanti spettatori, invocando dolorosamente lo spirito della trombettista Jaimie Branch, tragicamente scomparsa una ventina di giorni dopo l’esibizione portoghese). Ma il punto non è questo, come non lo è che nel frattempo Mazurek ha allestito nuovi canovacci per la Exploding, e che è uscito un nuovo album, Lightning Dreamers (pubblicato da un’etichetta di punta, la International Anthem).

Quello a Novara era un concerto diverso per la semplice ragione che la concezione che sta dietro alla Exploding è quella non di una musica che viene tolta dal frigo e scongelata nel concerto, ma invece cotta e mangiata sul momento: una musica non eseguita, ma, pur con parti scritte e passaggi arrangiati, creata lì sul palco. In questo Mazurek – e non sono molti oggi a farlo – si ricollega ad una luminosa tradizione di esperienze orchestrali del jazz d’avanguardia, che rilancia in avanti per proporre una musica viva, palpitante, di segno fortemente contemporaneo. Ma vedendo Mazurek in scena in mezzo ai suoi, impegnato a dare – con una direzione densa di scelte in tempo reale – indicazioni ai suoi musicisti in maniera così autorevole, ma anche a fare sintesi con i suoi interventi alla tromba, il pensiero non poteva non correre anche all’indimenticabile Miles Davis elettrico degli anni settanta e ottanta.

MOMENTI molto caldi, altri rarefatti, situazioni astratte ma spesso su base ritmica incalzante, pulsante, la suggestione delle declamazioni vocali di Damon Locks enfatizzate con l’elettronica, il ribollire ritmico-timbrico del basso e delle percussioni, gli aspetti melodici e lirici: tutto trova una coerenza nell’insieme. C’è anche qualche attimo di sapore spiccatamente brasiliano: «Ho trascorso tre anni della mia vita – ha scritto Mazurek a proposito dell’ispirazione di Lightning Dreamers – sul grande Rio Negro a Manaus, in Brasile, dove si incontrano i fiumi Bianco e Nero. Lì è consuetudine prendere una barca fino alla linea di divisione di questi due grandi fiumi e tuffarcisi dentro, per affermare che veniamo tutti dallo stesso posto».

NON CI SONO molti altri festival di jazz, in Italia, che hanno le risorse ma prima ancora il coraggio progettuale di presentare una Exploding Star Orchestra. Con una scelta anche artisticamente intelligente, Novara Jazz ha ottimizzato proponendo Mazurek anche con il suo inedito e interessante New Future City Radio, cointestato a Damon Locks (in trio con Takara), e un cavallo di battaglia come Chicago/Sao Paulo Underground, con Takara e Chad Taylor; costruendo un trio con Avery, Flaten e Gabriele Mitelli (trombe, elettronica); e proponendo soli di Pasquale Mirra, Nicole Mitchell, Angelica Sanchez. Ma nell’ultimo fine settimana c’era anche molto altro: e un solo – limitiamoci a questo – di un maestro afroamericano come il sassofonista Joe McPhee, 83 anni portati invidiabilmente, è una vera rarità.

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