L’onda nera che ha travolto l’Europa alle elezioni trova immediata sublimazione nel suo spettacolo più conservatore: il torneo di calcio maschile riservato alle nazionali. Se a livello di club, infatti, il calcio continentale è stato spesso avanguardia, a livello di nazionali resta storicamente tradizionalista. Dove l’evoluzione delle squadre di club è un succedersi di grandi balzi in avanti, lo stile di gioco delle nazionali europee, con rare eccezioni come Ungheria e Olanda, e a tratti Francia e Spagna, è da sempre improntato al conformismo.

Gli allenatori sono semplici selezionatori. E i calciatori che emergono in questi tornei sono raramente i più attesi, più spesso inaspettati comprimari che splendono per un solo istante, come i fiori dell’agave. Forse per il poco tempo a disposizione, o perché manca quell’accumulazione originaria che invece permette ai club di depredare il meglio dal resto del mondo, gli Europei di calcio sono sempre stati uno spettacolo reazionario. Un simulacro della tradizione che rispecchia il risultato delle elezioni.

EURO2024, che comincia questa sera all’Allianz Arena di Monaco con la partita tra Germania e Scozia, e si concluderà con la finale del 14 luglio all’Olympiastadion di Berlino, difficilmente farà eccezione. Partiamo da due delle tre squadre favorite: ovvero l’asse franco-tedesco su cui si è costruita la moderna idea di Europa. E che nella recente tornata elettorale ha rappresentato il cuore di tenebra dei rigurgiti nazifascisti come unica opposizione al dominio di classe dei conservatori.

I padroni di casa della Germania sono una squadra vecchia come il muro che, pur essendo stato abbattuto trent’anni fa, ancora divide in due il Paese tra l’Ovest dei conservatori e l’Est dei neonazisti di Afd. Nomi come Neuer, Rudiger, Kimmich, Kroos, Gundogan e Muller sono associabili a una vecchia idea di Germania, quasi imperiale. Mentre la gioventù, che nell’urna ha abbandonato i verdi per virare su Afd o sui rossobruni di Bsw, sta solo in panchina con il tecnico Nagelsmann, un anno meno del capitano Neuer. O nel talento di Musiala e di Wirtz, splendida sorpresa del Bayer Leverkusen.

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FAVORITA D’OBBLIGO è però la Francia. Una collezione di talenti che potrebbe riempire due squadre – Maignan, Theo, Tchouaméni, Camavinga, Zaire-Emery, Griezmann, Dembélé, Barcola, sublimati dalla stella assoluta Mbappé – guidata da Deschamps. In panchina da 12 anni, è uno dei pochissimi ad avere vinto il Mondiale da giocatore e da allenatore e potrebbe ripetersi con gli Europei. I galletti lasciano il Paese con un governo macronista, e il Presidente che negli anni ha utilizzato la permanenza di Mbappé al Psg come arma di consenso politico. Ma tra un mese rischiano di rientrare a casa con un governo lepenista. E senza Mbappé, migrato al Real Madrid.

La terza squadra in pole non fa parte della Ue da un paio di anni. È l’Inghilterra, finalista a Euro2020, che in realtà parte sempre favorita per poi finire malissimo. Chissà se l’inversione di tendenza politica, con i laburisti che dovrebbero vincere alle politiche del prossimo 4 luglio, dopo 14 anni di incontrastato dominio conservatore, non possa indicare anche un’inversione di tendenza calcistica. Il potenziale in campo, con Foden, Bowen, Eze, Gallagher, Saka e Kane, oltre al fenomeno Bellingham, c’è tutto. Forse, sta davvero cambiando il vento.

Gli allenamenti della nazionale tedesca, Getty Images

IN SECONDA FILA la zattera di pietra di Saramago. Il Portogallo – tra i pochissimi Paesi usciti dalle europee con una maggioranza socialista e un ridimensionamento dell’estrema destra – arriva in Germania con un attacco pieno di stelle. Se giocano Ronaldo, Jota e Vitina rimane fuori qualcuno tra Leao, Bernardo Silva, Felix e Ramos, per capirci. Ma non facendo parte della tradizione calcistica conservatrice europea, come spesso accade resterà nella memoria senza vincere. Più facile che a trionfare sia invece la Spagna, sempre abile a conformarsi all’invenzione della tradizione dominante. A partire dalla panchina, dove il tecnico federale de la Fuente ha vinto tutto coi giovani e ora ci riprova con i grandi. Per continuare in campo, dove il talento di Grimaldo, Pedri, Fermin, Rodri, Olmo, Torres, Williams, Morata, e del bimbo Yamal, che compirà 17 anni il giorno prima della finale, esonda quello delle altre squadre.

E per finire nelle urne, dove hanno vinto i conservatori, l’ultradestra di Vox è cresciuta e hanno fatto ancora più impressione i tre seggi di un partito di estrema destra, omofobo e complottista, appena creato da un influencer sui social. Si chiama Se acabó la fiesta, è finita la festa. E speriamo davvero che la fiesta sia finita. Anche perché la Spagna è nello stesso girone dell’Italia.
Detto che sorprese possono arrivare dall’Olanda di Zirkzee, dalla Serbia di Vlahovic, dalla Croazia di Modric e dalla Danimarca di Hojlund, gli azzurri dunque.

DOPO IL TRIONFO AI MONDIALI 2006 è cominciato un declino spaventoso. Usciti al primo turno nel 2010 e nel 2014, non ci siamo nemmeno qualificati nel 2018 e 2022. La vittoria pandemica a Euro2020 sembra quindi un incidente di percorso più che segnale di rinascita. Questo poteva venire dalla scelta di un tecnico come Spalletti, ma il campionato offre quello che può. Difficile considerare Barella, Pellegrini, Chiesa e Frattesi qualcosa più di buoni giocatori. O immaginare che i discreti Darmian, Bastoni, Di Lorenzo, Jorginho, Raspadori e Retegui siano titolari in altre nazionali di prima fascia. Allora meglio sperare in quelle epifanie brevi e improvvise come i fiori dell’agave, e fingere di credere che il buon centravanti Scamacca replicherà le inaspettate magie di un Paolo Rossi, di un Materazzi o di uno Schillaci. Altrimenti sarà difficile arrivare secondi in un girone che comprende Spagna e Croazia.

E BISOGNERÀ ARRIVARE davanti all’Albania (domani sera alle 21 al Westfalenstadion di Dortmund per l’esordio azzurro, in diretta su Sky e Rai Uno) per sperare di essere tra le migliori terze e passare agli ottavi. Sarà molto complicato andare oltre. Perché il calcio è fottutamente conservatore, non essendo altro che uno spettacolo che replica i modi di produzione dei paesi in cui si gioca. E il nostro paese non sta certo bene. Anche se poi ogni tanto i miracoli accadono, nel calcio come nelle urne, dove la nostra Ilaria Salis ha preso 176mila voti.