Europa spaccata, nel mirino la soluzione tedesca
Crisi energetica Germania e Olanda frenano sull’idea di Gentiloni e Breton di recuperare il «modello Sure». In attesa delle proposte della Commissione venerdì al Consiglio informale di Praga
Crisi energetica Germania e Olanda frenano sull’idea di Gentiloni e Breton di recuperare il «modello Sure». In attesa delle proposte della Commissione venerdì al Consiglio informale di Praga
Giornate di forti tensioni tra i paesi Ue, mentre sono attese per il Consiglio informale di Praga di venerdì (che segue la prima riunione della Commissione politica europea tra i 27 e 17 paesi vicini) le proposte della Commissione per far fronte alla crisi energetica causata dalla guerra in Ucraina. Quindici paesi chiedono un tetto al prezzo del gas (tra cui Francia, Italia, Spagna e Polonia).
La Germania è nel mirino, a causa del piano di 200 miliardi per venire in aiuto alle imprese messe in difficoltà dall’impennata dei prezzi del gas, mentre al tempo stesso Berlino (con l’Olanda) frena sull’ipotesi di un nuovo piano di rilancio comune, sul modello del Recovery di 750 miliardi lanciato per uscire dalla crisi del Covid. Come allora, all’inizio della pandemia, la Germania è accusata di muoversi da sola. Mentre ora, a maggior ragione, Berlino dovrebbe giocare la carta della solidarietà, visto che ha una responsabilità particolare nella crisi dell’energia, a causa dell’eccessiva dipendenza dal gas russo, che fa aumentare i prezzi e ha dato a Gazprom un enorme potere in Europa.
In un testo comune, i commissari Thierry Breton (Mercato interno) e Paolo Gentiloni (Economia) chiedono più unione, con strumenti comuni a livello Ue: «Di fronte alla sfida c’è una sola risposta possibile: quella di un’Europa della solidarietà». Breton spiega: «Mentre la Germania può permettersi di prendere a prestito 200 miliardi sui mercati finanziari, altri stati membri non possono, dobbiamo riflettere urgentemente su come offrire agli stati che non hanno l’ampiezza di manovra fiscale la possibilità di sostenere la loro industria e il business».
GENTILONI AVVERTE sul rischio di «frammentazione» della Ue. Il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, non attacca la Germania ma parla di «possibilità a livello nazionale di fare debito ma con l’aiuto e la garanzia di tutti gli stati membri, che significa poter accedere a prestiti a un prezzo inferiore». L’idea è di riprendere il “modello Sure”, che nel 2020 (crisi Covid) ha permesso di salvare in Europa 31 milioni di posti di lavoro e impedito il fallimento di 2,1 milione di aziende (la Commissione, che ha una notazione AAA, ha preso a prestito 100 miliardi poi ri-prestati ai paesi membri per programmi di sostegno a breve).
Il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, non è d’accordo: «Nuove proposte basate sul programma Sure non sono giustificate» sostiene, perché siamo di fronte a uno shock di offerta e non a uno shock di domanda, «una crisi molto diversa da quella del Covid». Stessa reazione da parte della ministra olandese, Sigrid Kaag: «Non credo che sia necessario che per ogni situazione che dobbiamo affrontare si debba definire un nuovo strumento, dobbiamo utilizzare quello che abbiamo, incanalare cosa abbiamo e investire nel modo giusto». Per il vice-presidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, un falco, «la questione richiede ulteriori discussioni».
Le Maire qualche giorno fa ha firmato un testo con il ministro tedesco dell’Economia, Robert Habeck, per «un sostegno finanziario sostanziale e efficace aperto a tutte le imprese colpite dal rialzo dei prezzi», per impedire che si diffonda in Europa, con effetto-domino, una crisi di lungo termine, con chiusure di fabbriche, smantellamenti di produzioni e disoccupazione.
LA CRISI DELL’ENERGIA, infatti, non minaccia solo eventuali black out quest’inverno (il commissario alle crisi, Janez Lenarcic, parla di «possibilità» di black out, ma rassicura: se riguarderà pochi paesi agiremo come di fronte a un disastro mentre se toccherà più stati ricorreremo alle riserve strategiche). L’inflazione energetica sta intaccando la produzione. La Germania è tra i paesi più colpiti, c’è già stata una diminuzione del 5% della produzione di acciaio, dell’8% nella chimica, del 70% nei fertilizzanti.
Oltre a questi settori, sono minacciati dalla crisi vetro, componentistica auto e aeronautica, alluminio, cemento, ceramica. La Ue, che è la prima potenza commerciale mondiale, ha ormai una bilancia in passivo: è passata da un attivo di 121 miliardi nei primi sei mesi del 2021 a un rosso di 177 miliardi nello stesso periodo di quest’anno. Le delocalizzazioni minacciano: in Asia e negli Usa il costo dell’energia è cinque volte inferiore alla Ue.
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