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Europa in fibrillazione sui profughi: «Pronti a ogni scenario»

Europa in fibrillazione sui profughi: «Pronti a ogni scenario»

Si salva chi può La commissaria Johansson: «L’instabilità porterà a un aumento della pressione migratoria». E chiede più impegno nei reinsediamenti

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 19 agosto 2021

Almeno per il momento a Bruxelles si preferisce non fare cifre il cui unico effetto sarebbe quello di allarmare l’opinione pubblica, ma su una cosa la commissaria agli Affari interni Ylva Johansson non ha dubbi: «L’instabilità in Afghanistan – ha detto ieri parlando in videoconferenza ai ministri dell’Interno dei 27 – rischia di portare a un aumento della pressione migratoria. Ci stiamo quindi preparando per tutti gli scenari».

La realtà è che forse mai come oggi l’Unione europea rischia di sbriciolarsi sotto la pressione di una nuova crisi di migranti. Neanche negli anni passati, quando i 28 (c’era ancora la Gran Bretagna) litigavano sulle quote di profughi siriani senza approdare mai a nulla, si è avuta l’impressione di essere vicini alla fine del progetto europeo. Senza contare che nel frattempo il numero dei Paesi favorevoli a una linea dura anche verso i profughi e non solo verso i migranti, è aumentato. Vale per l’Ungheria, che ha già detto che non prenderà afghani, ma non solo.

Una situazione che i vertici delle istituzioni europee conoscono bene, tanto da pesare con il bilancino ogni dichiarazione. Anche per questo due giorni fa il responsabile della politica estera, Josep Borrell, ha annunciato che l’Unione tratterà con i talebani «per evitare un disastro migratorio e una crisi umanitaria». Ed è per questo che Johansson – dopo Borrell – ha fatto sua la linea dettata dalla cancelliera Angela Merkel ripetendo che l’impegno europeo sarà soprattutto nell’aiutare i Paesi confinanti con l’Afghanistan a sostenere il peso dei profughi.

Del resto ieri, nel corso del vertice dei ministri, si è avuto un esempio delle divisioni che affliggono l’Unione. Sempre Johansson ha affermato che dall’Europa non verrà effettuato nessun rimpatrio forzato verso l’Afghanistan, considerato ormai come un Paese non sicuro. Per tutta risposta il ministro dell’Interno austriaco Karl Nehammer ha insistito perché si costruiscano nei Paesi confinanti con l’Afghanistan «centri di espulsione» dove inviare gli afghani la cui richiesta d’asilo è stata respinta, anche per scoraggiare nuovi arrivi in Europa.

Dove tutti si sono detti d’accordo è invece sulla necessità di riportare al più presto in Europa il personale diplomatico e i collaboratori afghani che rischierebbero la vita nel caso cadessero nelle mani dei talebani. Su questo ieri la Merkel ha chiamato il presidente Biden per chiedere un maggior numero di evacuazioni di afghani. Tutti d’accordo, ovviamente, anche nel fare di tutto perché un’eventuale ondata di profughi non vada oltre i confini del Paese. Pur, come detto, senza cedere alla tentazione di fare cifre (ieri il governo tedesco ha smentito una stima secondo la quale la crisi afghana potrebbe provocare tra i 300 mila e i 5 milioni di profughi) la commissaria ha fatto il punto sulla situazione attuale che vede circa 550 mila afghani sfollati all’interno del Paese dall’inizio dell’anno, in aggiunta ai 2,9 milioni presenti alla fine del 2020. «L’80% è costituito da donne e bambini», ha spiegato Jahansson chiedendo agli Stati membri un maggiore impegno sui reinsediamenti e corridoi umanitari per i più vulnerabili. Perché, ha aggiunto, «non si possono abbandonare le persone in pericolo immediato».

Pakistan, Iran, Tagikistan e Turchia sono invece i Paesi che per Bruxelles potrebbero accogliere i migranti, Con qualche dubbio sulla Turchia, dove il presidente Erdogan deve fare i conti con una forte opposizione interna all’arrivo di nuovi profughi. Stando a quanto si è appreso Merkel punterebbe soprattutto sul Pakistan, Paese che già ospita 3,5 milioni di afghani, da incoraggiare ovviamente con aiuti europei allo sviluppo sul modello di quanto fatto nel 2016 con la Turchia.

Per ora si tratta comunque ancora di ipotesi, progetti che andranno perfezionati nelle prossimi giorni. A partire dal G7 dei ministri degli Esteri previsto per oggi, ma anche nel vertice Nato fissato per venerdì e in una prossima riunione Ue convocata dalla presidenza slovena per la prossima settimana.

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