Eurogruppo: la Grecia è convocata l’11 febbraio
Crisi del debito Riunione d'emergenza dei ministri delle finanze della zona euro alla vigilia del vertice Ue, nel giorno della chiusura del rubinetto della liquidità "ordinaria" per Atene. Partner e Bce chiedono alla Grecia di accettare un nuovo Memorandum, Tsipras invece vuole tempo per concludere un "nuovo contratto". Rigidità verso la Grecia, ma comprensione nei confronti della mega-evasione fiscale delle multinazionali: dopo il Luxleaks, l'Europarlamento si limita a istituire una commissione senza poteri
Crisi del debito Riunione d'emergenza dei ministri delle finanze della zona euro alla vigilia del vertice Ue, nel giorno della chiusura del rubinetto della liquidità "ordinaria" per Atene. Partner e Bce chiedono alla Grecia di accettare un nuovo Memorandum, Tsipras invece vuole tempo per concludere un "nuovo contratto". Rigidità verso la Grecia, ma comprensione nei confronti della mega-evasione fiscale delle multinazionali: dopo il Luxleaks, l'Europarlamento si limita a istituire una commissione senza poteri
Confermata ieri dal presidente Jeroen Dijsselbloem la convocazione di un Eurogruppo di emergenza per l’11 febbraio, il giorno in cui la Bce chiuderà il rubinetto «ordinario» delle liquidità alle banche greche, condizionata all’accettazione del programma di «aiuti» che Atene ha denunciato. L’Eurogruppo si tiene alla vigilia del Consiglio europeo, che, convocato da tempo, avrebbe dovuto discutere di terrorismo, ma che ha cambiato agenda, mettendo la Grecia (e l’Ucraina) al primo posto. Ci sono pochi giorni per trovare un terreno se non di intesa, almeno di discussione.
A Bruxelles aspettano le dichiarazioni di Alexis Tsipras, che nei prossimi giorni dovrà esprimersi al parlamento di Atene, prima del voto di fiducia per il suo governo. Ma per il momento le posizioni restano distanti. Da Berlino il portavoce di Wolfgang Schäuble ha affermato: «Ciò che succederà alla fine del piano di aiuti è totalmente aperto».
Il 28 febbraio scade il secondo programma. La Grecia rifiuta i 7 miliardi dell’ultima tranche e non vuole più aver a che fare con la troika. Ma per Schäuble, «certamente la Grecia deve continuare a lavorare con la troika». Il relativo ritardo con cui è stato convocato l’Eurogruppo di emergenza è dovuto al fatto che alcuni paesi volevano che preventivamente la Grecia dichiarasse la propria «comprensione» per le «attese» dei partner: in altri termini, volevano che prima dell’incontro Tsipras presentasse una richiesta di prolungamento del piano di aiuti. Ma la Grecia aveva un altro progetto: ottenere un po’ di tempo per discutere, con un «piano transitorio» di 3-4 mesi, per arrivare a fine maggio e poter così precisare un «nuovo contratto» con la Ue, senza la troika.
Ma gli europei si aggrappano alle regole: questa procedura non è possibile, perché nessun piano, neppure transitorio, può essere varato senza la firma di un nuovo Memorandum, cioè senza impegni precisi e scritti da parte della Grecia. In altri termini, siamo dentro a un circolo vizioso.
La Grecia ha forse un alleato in Obama (vedi qui) ma gli Usa sono lontani. Nella Ue, Atene è sola.
La Germania ha costruito un solido fronte «ordoliberista», con Finlandia, Olanda, Baltici, a cui si sono aggregati Portogallo e Spagna, paesi che hanno subito i diktat della troika e i cui governi temono politicamente l’esempio greco. La Francia si presenta nelle vesti del mediatore, tra il «rispetto» del voto ad Atene greco e il «rispetto» delle posizioni dei creditori.
A Bruxelles pensano di aver già fatto un passo verso Tsipras: «Accettiamo di discutere ed è già molto». Nella sostanza, la Ue propone un confronto «attorno al piano attuale e l’adozione probabile di una sua estensione».
Il colpo di mano di mercoledì notte della Bce ha ricevuto l’approvazione dei paesi dell’area euro. Prevale l’interpretazione light: Francoforte avrebbe agito con la valida intenzione di fare pressione sui partner perché trovino un accordo ed evitino il default della Grecia. Ma perché la Bce non ha aspettato il 28 febbraio, cioè la fine del programma di aiuti, per intervenire e invece ha anticipato sulla base delle presunzione che «attualmente non è possibile contare sul successo di una revisione del piano di aiuti», come recita il comunicato dell’Eurotower?
La Bce mette fretta. E fa politica. Non è una novità. Aveva agito nello stesso modo con l’Irlanda nel 2010, quando l’allora presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, aveva fatto pressione su Dublino, minacciando la chiusura del rubinetto delle liquidità, se non fosse stato accettato il piano di aiuti.
Una lettera analoga era stata inviata da Trichet nel 2011 a Silvio Berlusconi e allo spagnolo José Luis Zapatero, imponendo privatizzazioni, licenziamenti più facili, calo degli stipendi pubblici, cioè tutto il catalogo dell’austerità. La stessa manovra è stata fatta per Cipro nel 2013.
Tutti hanno piegato la testa. Anche per questo adesso Tsipras è lasciato solo (ha trovato un po’ di sostegno solo a Nicosia).
In Europa c’è molta più comprensione, invece, verso la grande evasione fiscale venuta alla luce con il Luxleaks di Juncker.
Ieri il Parlamento europeo ha istituito una commissione «speciale» sulla pratica dei tax ruling in Lussemburgo, cioè sulla mega-evasione fiscale delle multinazionali concordata con il governo (quando era al potere l’attuale presidente della commissione Jean-Claude Juncker). Attenzione: «speciale» significa non «di inchiesta», cioè sarà una commissione senza poteri, che non potrà fare audizioni né richiedere documentazione dall’amministrazione fiscale. Il tutto finirà con un «rapporto», tra un anno.
Intanto però la commissaria alla concorrenza, Maegrethe Vestager, indaga sul Belgio e sui vantaggi fiscali concessi anche qui alle multinazionali: se scegliete di avere la sede europea da noi avrete in cambio la possibilità di evadere le tasse. Per esempio, British American Tobacco avrebbe potuto così ridurre del 92% la sua base imponibile. Sono inoltre attese per la primavera le conclusioni delle inchieste su «aiuti illeciti di stato» a favore di Starbucks in Olanda, Apple in Irlanda, Amazon e Fiat in Lussemburgo.
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