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Eleusi capitale dei misteri e della cultura

Eleusi capitale dei misteri e della cultura

Grecia Un evento seguito da milioni di persone in streaming e migliaia in presenza: Eleusi (o Elefsina, in greco) 2023

Pubblicato più di un anno faEdizione del 4 marzo 2023
Franco UngaroELEUSI (GRECIA)

‘Tutto ciò che gli uomini dovevano fare ai misteri di Eleusi era guardare’, scriveva Albert Camus, cogliendo in tal modo la misura e la qualità, l’intensità e l’audacia dello sguardo necessario per confrontarsi con i Misteri. È lo stesso tipo di sguardo nutrito da sapienza, curiosità e azzardo che ha animato la cerimonia inaugurale di Eleusi 2023 Capitale Europea della Cultura progettata dal direttore artistico Michail Marmarinos e diretta da Chris Baldwin svoltasi tra il 4 e 5 febbraio. Due giornate meteorologicamente gelide ma caldissime dal punto di vista della temperatura emotiva che questo angolo di Mediterraneo è riuscito a regalare. Con estrema e maniacale cura in ogni dettaglio, persino nella confezione del catalogo che illustra e documenta ogni evento, ogni Mistero; ha le sembianze di un oggetto sacro, come fosse un messale, in carta ruvida ma pregiata, con il rosso scarlatto delle copertine cartonate e dei bordi delle pagine.

Eleusi 2023 si presenta in ‘uno stato di prontezza interiore’ come la chiamava Walter Benjamin in un mix affascinante di arte e vita, di passato, presente e futuro. Tutto all’insegna di una complessità che non è fatta solo dei numeri collocati a fianco di ciascun Mistero, se ne contano più di 160 o del numero di eventi del 2023, più di 450, o dei tre milioni di persone che hanno seguito l’evento via satellite e dei quindicimila in presenza oppure i tremila chilometri percorsi a piedi da Antwerp a Eleusi dal Time Circus. Si tratta piuttosto di una costruzione e visione organica che esplora l’upper world e l’under world, il visibile e l’invisibile, il materiale e l’immateriale, il classico e il contemporaneo, le ombre e le stelle di una città da rigenerare urbanisticamente e umanamente, dove ogni ispirazione e traccia del passato diventa movimento, azione rivolta al futuro.
E se la giornata comincia con la mostra Raw Museum nelle stanze del Museo Benaki, la città la si può leggere nella sua lontananza e luminosità attraverso le citazioni di Virginia Woolf ed Henry Miller ma anche attraverso il videoracconto per immagini, suoni, parole e testimonianze personali sulla vecchia e nuova Eleusi.

Da lontano, arrivano nel primo pomeriggio anche le quattro processioni ad opera di quattordici diversi gruppi folkloristici guidati da Jenny Argyriou e Vasilis Gerodimos con i canti e le danze dall’Asia Minore e dalle isole che scaldano i cuori e le strade di Eleusi. Condividevano fianco a fianco, mano nella mano respiri e desideri come se inseguissero un miraggio, il sogno di un tempo perduto ma necessario.

Nel teatro-arena costruito nella Old Oil Mill Factory si consuma il rito istituzionale della cerimonia inaugurale condotto dalla cantante Rena Morphi con la presenza della Presidente della Repubblica Katerina Sakellaropoulou («L’Europa è come una patria più grande»), della Ministra della Cultura Lina Mendoni e del Sindaco Argyris Oikonomou.

«Questa città sta svelando, potenziando e ricercando la sua attuale profonda identità attraverso la cultura e l’arte» dice il direttore artistico Marmarinos mentre Jack Lang in video ricorda a tutti che l’obiettivo delle Capitali europee della Cultura era quello di ‘avvicinare i cittadini europei mettendo in evidenza la ricchezza e la diversità delle culture europee e sensibilizzandoli alla loro storia e ai loro valori comuni’. Tuoni, vento e pioggia costringono tutti a rifugiarsi nelle sale al chiuso dove si possono ancora ammirare due straordinarie mostre/installazioni, Fragments dedicata a Melina Mercouri e 7 Columns di Heiner Goebbels.

«La Grecia è stata sempre un’ossessione…con le sue colpe e i suoi meriti…la Grecia è la mia vera forza, ciò che desidero veramente» ebbe a dire Melina Mercouri, rivendicando alla Grecia l’idea delle Capitali Europee della Cultura, di cui è stata insieme a Jack Lang ispiratrice e artefice. Poster, scene, costumi dei suoi film e dei suoi spettacoli, immagini fotografiche documentano la vita e le battaglie di una donna per la quale cultura era sinonimo di democrazia, pace e condivisione di valori europei.

Con 7 Columns, Heiner Goebbels, tra i più geniali e innovatori artisti contemporanei, la cui sintassi espressiva unisce e contamina musica teatro video cinema arti visive, esplora la relazione possibile tra lo spazio della Old Oil Mill Factory e il suono, tra l’architettura industriale e la elaborazione delle tracce sonore raccolte dal musico- etnologo Samuel Baud-Bovy. I riflessi dell’acqua sul pavimento rispecchiano l’incontro tra quell’upper world e under world dove immagine e suono creano un misterioso cortocircuito fra passato presente e futuro, dove i lamenti funebri delle donne, i moroloja, diventano ‘miti di passaggio’ verso l’altrove di una esistenza diversa.

«Lavorando in questo spazio- dice Heiner Goebbels- ho cercato di comporre un equilibrio tra ciò che si sente e ciò che si vede, sembra che queste conversazioni tra gli elementi attraversino più tempi. È come ritrovarsi al tempo degli Ottomani, in questo spazio è possibile scoprire e attraversare più temporalità…. Una polifonia equilibrata che ci parla come un oracolo.
E quando si ritorna all’aperto, il rosso arancio del sole che tramonta sul mare predispone all’evento principale con il pubblico disposto sulle battigie e la possibilità di seguire sugli schermi Led ciò che accade in mare, una coreografia nella quale agiscono sedici barche che entrano nella baia con trenta musicisti dell’Orchestra di Stato di Atene. Le note sembrano arrivare dal profondo del mare così come dal mare emerge il simbolico corno cui si accorda tutta la composizione musicale dell’evento. E dal profondo del mare emerge la grande balena, una scultura di metallo alta sei metri e dieci tonnellate di peso progettata da Philippe Geoffrey e sulla quale le luci e il videomapping di Petko Tanchev imprimono il segno e il senso, il destino e il viaggio non solo di Eleusi ma di una nuova umanità. Persefone torna dall’Ade e con la sua energia rigeneratrice entra nei corpi di 122 adolescenti coriste vestite di bianco e rosso. È un inno alla sacralità e alla necessità dell’arte come atto fondativo di un nuovo modo di essere al mondo, inclusivo e sostenibile. «Persefone è Kore-ripete Marmarinos- e il coro è nato in Grecia e chi vuole studiare e fare coreografia deve venire in Grecia» ( vedi intervista Alias del 30 luglio 2022).

Uno dei progetti che Eleusi 2023 lascerà come eredità è U(r)topias Accademia di Coreografia affidata a Patricia Apergi e a Aerites Dance Company, creerà uno scambio di conoscenze ed esperienze tra coreografi professionisti, storici e teorici dell’arte e coreografi emergenti per arrivare a delle vere e proprie creazioni site specific. Un primo effervescente assaggio lo si è visto durante la maratona realizzata sul lungomare sino a notte inoltrata con performance e installazioni per strada, nei cortili, nei garage, nelle autofficine, sulle facciate, dai balconi e dai tetti. L’atto finale della giornata vede in scena sul piazzale davanti alla fabbrica IRIS i Stereo Nova, pionieri della musica elettronica greca, di nuovo insieme dopo una lunga assenza, di fronte a cinquemila spettatori riunitosi per celebrare un mito e un rito che riconnette ancora una volta passato e futuro. Il tema sul quale si cimenteranno nei prossimi mesi anche gli artisti italiani, tra i tanti l’attesissimo Romeo Castellucci, Gemma Hansson Carbone e Davide Venturini.

Misteri che sorgono dal mare: intervista con Chris Baldwin
Incontriamo Chris Baldwin regista di eventi internazionali, ultimo in ordine di tempo quello di Eleusi Capitale della cultura.

I misteri di Eleusi e i miti ad essi collegati sono stati la principale fonte di ispirazione per l’evento inaugurale sul mare? Quale il tuo particolare approccio ai miti e ai misteri?
Per Joseph Campbell autore de Il potere del mito e L’eroe dai mille volti i miti sono creazioni dell’immaginazione collettiva umana, hanno varie funzioni (metafisica, cosmologica, sociologica e pedagogica/psicologica) e ci dicono qualcosa sulle fasi o forme di sviluppo della società. Per me sono profondamente politici in senso contemporaneo, servono per creare uno spazio o un momento condiviso in cui possa avvenire qualcosa di radicale, una sorta di rottura simbolica. A Eleusi abbiamo guardato indietro, ma solo per guardare avanti, il futuro non è determinato da ciò che è già accaduto. E per me e per Michail Marmarinos, non esiste un unico passato. C’è un passato antico, i luoghi sacri, gli echi dell’epoca classica, i sussurri di miti e storie che sono radicati qui e che «appartengono» all’intera umanità. Ma a Eleusi c’è un passato intrecciato alla vita contemporanea: il passato post-industriale con i suoi particolari paesaggi e edifici costruiti per produrre vernice, olio d’oliva, sapone, alcol, che sono andati in rovina, con la sua vivace società operaia che ha le sue radici ancestrali altrove, ma che ha fatto di Eleusi la sua casa durante il XX secolo.

Quali particolari stimoli hai ricevuto dalla città?
I misteri sono metafora dell’idea di transizione sociale. Attraverso i miti abbiamo potuto introdurre molte altre voci del passato e del presente. Mentre ero a Eleusi, mi colpiva il fatto che viviamo in un mondo iper-saturo di informazioni, con i nostri telefoni e dispositivi, con immagini provenienti da ogni parte del mondo, dal passato e dal presente, attraverso parole, slogan, motivetti musicali che si insinuano nelle nostre teste. Tutto questo ci stordisce, forse ci rende insensibili, immuni alle vulnerabilità di noi stessi e degli altri. Eleusi è sia un luogo in cui non c’è tempo (sì, abbiamo tutti e ovunque fretta), ma anche un luogo in cui il tempo è più lento, ti dà la possibilità di vedere che le cose non sono sempre state come sono ora, permette di capire che siamo nati da ciò che è successo prima e che il futuro può essere determinato, almeno in parte, dalle scelte che facciamo oggi. Eleusi è molto consapevole del suo passato, sia antico che moderno.

Quale differenza tra la cerimonia di apertura di Eleusi e le altre precedenti da Lei dirette?
A Wroclaw in Polonia (2016), la domanda era come riaffermare Wroclaw come città europea. È vero che ora «appartiene» alla Polonia, ma era una città in cui c’erano tedeschi, c’erano ebrei e cittadini che venivano da altrove e in migliaia sono stati deportati ancora una volta dopo la Guerra. La città ha qualcosa di importante da condividere con gli altri europei. Qui la cultura è stata vista come un modo per fare i conti con la storia.
A Kaunas, in Lituania (2022), abbiamo affrontato i segreti e i traumi del periodo bellico, con la colonizzazione da parte dell’URSS e il desiderio di essere una città in cui le persone potessero vivere in uno Stato europeo libero e indipendente, senza dominatori. L’attacco russo contro l’Ucraina è avvenuto pochi giorni dopo l’evento che ho diretto a Kaunas e i lituani erano molto consapevoli della posta in gioco.
Per Eleusi c’era la necessità di provocare una trasformazione culturale-economica per far sì che l’economia non mettesse più a repentaglio il benessere, ma diventasse fonte di vero benessere. Come possiamo strutturare una sorta di importante conversazione pubblica? Come utilizzare le grandi arene pubbliche per forme di intrattenimento che non siano vuote di contenuti, ma luoghi in cui si possano toccare temi sociali interessanti e rilevanti? Sono le domande che si faceva già quasi 2500 anni fa Eschilo, nato a Eleusi.

L’evento da Lei diretto può contribuire alla rigenerazione sociale e culturale di Eleusi e quale l’impatto sui processi di cambiamento delle città?
Eleusi è una metafora vivente del rapporto apocalittico del XX secolo con l’ambiente. L’epoca dello sviluppo industriale è ormai finite e la città sta iniziando il lungo viaggio per ridefinire il suo rapporto con il mare, l’aria e il suolo. Verranno rimossi i numerosi relitti marini che circondano la baia, mentre i siti industriali vengono già trasformati in centri culturali e comunitari. Il mare viene visto sempre più come un luogo con una sua dignità, un suo ossigeno, un suo complesso sistema ecologico di cui noi umani siamo semplicemente parte e non padroni. Perché se il mare respira, noi respiriamo. Questa transizione non è solo socio-economica. Deve essere guidata dai valori. E le pratiche culturali hanno un contributo significativo da dare in questo senso.

Per riprendere l’evento sono stati utilizzati droni e nuove tecnologie? Ritiene questa scelta efficace?
A Eleusi metà dello spazio urbano è in realtà acqua! E tutte le strade portano all’acqua. Secondo i primi calcoli, da otto a dodicimila persone potevano assistere a uno spettacolo in tutta sicurezza dalla riva del mare, circa il cinquanta per cento della popolazione locale poteva partecipare all’evento, se lo desiderava. Ma cosa avrebbero visto? E se anche gli abitanti di Atene, avessero deciso di venire? Se lo spettacolo fosse stato in mare, si sarebbe svolto principalmente a livello dell’orizzonte, il che significa che il pubblico sistemato in quattro o cinque file dalla riva avrebbe visto ben poco. Sapevamo quindi che dovevamo sollevare gli oggetti il più in alto possibile (utilizzando delle gru), ma anche assicurarci che più schermi LED di grandi dimensioni potessero trasmettere le immagini a un pubblico più lontano dalla riva. E questo flusso di immagini era anche un’opportunità per portare le prospettive del luogo all’occhio di chi guardava. È qui che i droni, le telecamere sott’acqua, le telecamere a braccio lungo sono diventati tutti narratori a modo loro, aggiungendo punti di vista altrimenti irraggiungibili per noi.

Qual è stato l’ostacolo più grande che avete incontrato e qual è stata la scoperta più bella, lavorando a Eleusi?
Qualsiasi cosa si tenti di fare con l’acqua diventa mille volte più complicata. Ci vuole più tempo, è più pericoloso, ci sono preoccupazioni legittime sulla sicurezza del lavoro. Ma questi ostacoli per me sono stati motivazioni per la creatività e l’innovazione. Perciò l’evento è stato concepito come un evento ibrido, doveva funzionare per un pubblico dal vivo e integrarsi con la copertura televisiva, arricchito dalla presenza di telecamere e tecnologia. Sapevo anche che lavorare in mare comporta rischi enormi (condizioni meteorologiche, salute e sicurezza, guasti tecnici).
Abbiamo programmato anche le prove in costume, raccogliendo abbastanza materiale registrato per realizzare una versione televisiva dell’evento nel caso in cui la serata del sabato fosse stata sospesa per un motivo o per l’altro. I piani B, C e D non sono stati piani di riserva, ma inseriti nel piano A. Dalla pandemia ho imparato molti nuovi modi per ridurre i rischi e aumentare allo stesso tempo le possibilità creative.

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