Il sesto pacchetto di sanzioni che l’Ue sta discutendo contro la Federazione russa potrebbe assestare un colpo mortale al polo petrolchimico di Siracusa. A venire travolta sarebbe la raffineria di Priolo Isab-Lukoil: si tratta di un’azienda di diritto italiano controllata dalla svizzera Litasco Sa, a sua volta controllata dalla russa Lukoil. Isab impegna, tra lavoratori diretti e indiretti, circa 3mila persone, quasi tutte famiglie monoreddito; l’area industriale vale il 51% del Pil della provincia di Siracusa. Le navi che riforniscono l’impianto costituiscono quasi un quinto dell’intero traffico del porto di Augusta. Il greggio raffinato da Isab-Lukoil copre il 22,2% della capacità nazionale. La chiusura del sito avrebbe un impatto terribile non solo sull’economia siciliana.

«Finora le sanzioni non hanno avuto conseguenze nell’approvvigionamento del greggio e la società non è sottoposta a sanzioni – spiega il segretario generale della Cgil Siracusa, Roberto Alosi –. L’Ue però ha avviato la discussione sul sesto pacchetto di sanzioni, che comporta l’interdizione dei porti italiani alle navi russe e anche alle navi che portano prodotti russi. Nel frattempo le banche hanno bloccato il credito fermando l’anticipazione delle fatture alla Isab-Lukoil». Così la società, che prima importava solo il 40% del greggio lavorato da Mosca e il resto lo prendeva sul mercato internazionale, è stata costretta a rifornirsi al 100% dalla Russia, l’unica che le fa credito.

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Con la nuova stretta anti Putin (che potrebbe arrivare la prossima settimana) l’impianto dovrà per forza chiudere, trascinando con sé l’intera area industriale e il porto di Augusta. Nei giorni scorsi da fonti del Mise era stata ipotizzata la nazionalizzazione temporanea della raffineria di Priolo ma lo stesso ministro Giorgetti avrebbe tirato il freno: «La nazionalizzazione dell’Isab non è attualmente all’ordine del giorno». Il presidente della regione Sicilia Musumeci ieri ha commentato: «ll governo Draghi ci dica finalmente cosa intende fare del più importante polo energetico dell’isola».

La Cgil chiede risposte urgenti: «Si tratta di un impianto che già in epoca pre Covid aveva delle criticità, come tutto il sistema industriale siracusano – sottolinea Alosi -. La guerra ha accelerato questi processi degenerativi. Stiamo costruendo un percorso di mobilitazione dell’intero territorio perché Siracusa merita una risposta da parte dell’esecutivo. Da tempo chiediamo di affrontare la questione, l’invasione dell’Ucraina ha rallentato se non interrotto il progetto di transizione energetica. Ci vuole un intervento forte di politica industriale, il governo non si può voltare dall’altra parte. Migliaia di persone potrebbero perdere il lavoro e il territorio non è in grado di assorbirli, un disastro economico e sociale».