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E da una volta stellata scende la fiaba filosofico-esistenziale del Piccolo Principe

E da una volta stellata scende la fiaba filosofico-esistenziale del Piccolo PrincipeAntoine de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe e la Volpe, studio (1942-’43), foto SKKG 2021, coll. eredi Saint-Exupéry-d'Agay

Antoine de Saint-Exupéry al Mad di Parigi À la rencontre du Petit Prince esibisce il manoscritto (e i disegni) del libro-faro dello scrittore-aviatore: custodito a New York, è in Europa per la prima volta, per la gioia di grandi e piccoli

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 26 giugno 2022

Quando al termine di questa domenica di inizio estate, al Museo di arti decorative di Parigi (Mad), verranno definitivamente spente le luci dell’asteroide B 612 – suggestiva installazione d’ingresso della mostra À la rencontre du Petit Prince –, piccoli e grandi ammiratori di Antoine de Saint-Exupéry non potranno che essere invasi da infinita nostalgia. Per chi ha avuto la fortuna di visitarla, l’esposizione curata da Alban Cerisier e Anne Monier Vanryb ha rappresentato infatti un’emozionante e forse irripetibile immersione nel più intimo universo dello scrittore-aviatore (o piuttosto, dell’aviatore-scrittore). La rassegna ha accolto, per la prima volta nella capitale francese e in Europa, il manoscritto di uno dei libri più letti al mondo. Duecento milioni le copie vendute, circa cinquecento le traduzioni tra lingue e dialetti che la mostra celebra nella sezione «La biblioteca universale»: tradotto in principio nelle lingue europee, le trasposizioni del Piccolo Principe si estendono all’Asia negli anni settanta, per poi conquistare l’Africa negli anni novanta. La versione in toba segnerà la prima pubblicazione di un’opera di narrativa nella lingua di una esigua comunità aborigena dell’Argentina; nel 2003, la traduzione in khmer contribuirà alla lotta contro l’analfabetismo in Cambogia.
Le Petit Prince apparve nel 1943 negli Stati Uniti, sia in inglese che in francese, per la casa editrice Reynal & Hitchcock. Il prezioso esemplare, conservato presso la Morgan Library & Museum di New York, era stato affidato da Saint-Exupéry all’amica giornalista Sylvia Hamilton qualche ora prima di lasciare il paese d’esilio per raggiungere l’Algeria. Assieme all’edizione canadese, quella americana è l’unica ad aver visto la luce mentre l’autore era in vita. In Francia, Le Petit Prince venne diffuso solo nel ’46. Fa una certa impressione, dunque, trovarsi di fronte a una selezione dei 141 fogli di carta semitrasparente scritti a inchiostro e matita (alcuni versano, purtroppo, in condizioni talmente fragili da non poter viaggiare), come l’incipit del capitolo I con il disegno del boa «chiuso» e del boa «svelato» che contiene un elefante nel ventre.
L’osservazione dei «reperti letterari» è resa più coinvolgente dall’allestimento concepito dall’agenzia Designers Unit di Parigi: le pagine incorniciate della fiaba filosofico-esistenziale pendono poeticamente da una volta stellata. Se il manoscritto è abbastanza fedele al testo definitivo, nondimeno balzano agli occhi correzioni e incertezze. Si scopre così che proprio nel primo capitolo, nell’intento di attenuare la dimensione autobiografica del suo racconto, Saint-Exupéry ha eliminato un passaggio in cui il narratore-aviatore afferma di aver scritto dei libri e fatto la guerra. Anche il foglio n°2 non è esente da ripensamenti. La formula di cortesia che precede la famosa supplica «S’il vous plaît, dessine-moi un mouton» (con l’avvicendarsi del «voi» e del «tu») è stata aggiunta, infatti, in un secondo momento. Nel pregevole catalogo della mostra (Gallimard, pp. 350, euro 39,00), Cerisier sottolinea che cancellature e aggiunte dimostrano una grande precisione nell’utilizzo delle parole e nella costruzione equilibrata di ciascuna frase. Ma se nel 2013 Gallimard aveva presentato un volume che affianca alla trascrizione integrale della copia autografa il fac-simile, il valore dell’esposizione al Mad consiste nell’aver riunito documenti perlopiù inediti appartenenti a collezioni private, i quali chiariscono la genesi del progetto letterario dello scrittore, teso – ancora secondo Cerisier – alla «semplicità del meraviglioso».
Tra queste carte di straordinaria attrattiva s’inserisce anche la dedica del libro – dattiloscritta e con una minuscola correzione a mano – a Léon Werth, scrittore noto tra le due guerre per l’impegno anticolonialista e antimilitarista nonché per le sue critiche d’arte. Tale dedica all’amico fraterno «quando era bambino» non figura né nel manoscritto né nelle bozze in colonna dell’edizione americana in lingua francese. Probabilmente fu consegnata in extremis da Saint-Exupéry all’editore, forse per il dichiarato imbarazzo di offrire un libro per bambini a una «grande persona». Apprendiamo da un altro documento in mostra che Antoine rimpiangerà di non aver dedicato Le Petit Prince alla moglie Consuelo Suncín Sandoval, pittrice e scultrice salvadoregna, dal cui «grande ardore» a Bevin House, la villa vittoriana di Long Island dove i coniugi trascorsero l’estate del 1942, sarebbe nato il libro. Una traccia di rossetto appena visibile nella missiva inviata dal Marocco il 15 giugno del ’43 rende questa testimonianza particolarmente toccante. Tuttavia, non è un segreto che il rapporto della coppia fosse tanto appassionato quanto turbolento e che Antoine fosse soggetto a ripetuti e fulminei innamoramenti. Come quello per la giovane ufficiale della Francia Libera incontrata per caso su un treno tra Algeri e Orano. È lei, nel 1942-’43, la destinataria di una sorprendente lettera in forma di fumetto in cui un imbronciato Piccolo Principe (qui identificato senza ambiguità con Saint-Exupéry) si lamenta di non ricevere l’ambita telefonata e poi, con espressione rassegnata, confessa di essere stato dimenticato dalla sua amica.
Ma se questa serie di disegni nota solo agli specialisti amplia ora l’orizzonte comune, il pubblico dei fedelissimi (anche quello dell’infanzia: d’altra parte la rassegna s’inquadra nella programmazione che il Mad consacra, dal 2019, proprio ai bambini) ha avuto l’attesa ricompensa davanti agli acquerelli – dal Piccolo Principe nel roseto alla pulizia del vulcano, dai tramonti ammirati spostando la sedia da un punto all’altro dell’asteroide al volo in compagnia di una migrazione di uccelli selvatici, fino al maestoso ritratto con mantello e spada – utilizzati dal tipografo americano, che Consuelo portò via con sé da New-York alla fine della guerra (qualche segno di usura mette in evidenza le traversie affrontate dalle opere). Gallimard non poté disporne per la prima edizione francese e fu costretto a ingaggiare un disegnatore, il quale stravolse maldestramente i colori originali. Indubbio fascino esercitano i disegni preparatòri della favola, tra i quali si annoverano personaggi che non furono inclusi nella stesura finale, come il cacciatore di farfalle (autentica chicca dell’esposizione), la lumaca o il mercante di strumenti a manovella presente solo nel volume americano. Un’illustrazione prova che originariamente Saint-Exupéry aveva pensato di rappresentare l’aviatore tramite un braccio teso che impugna un martello. La rinuncia a questo dettaglio corrisponde ancora una volta al desiderio dello scrittore di non mettersi in scena. Incantevoli gli schizzi che restituiscono il Piccolo Principe con le ali in procinto di sorvolare la terra: una delle tante idee abbandonate di cui veniamo felicemente a conoscenza.
Sebbene si configuri come un commovente omaggio al suo libro faro, l’esposizione indaga altresì la poliedrica personalità di Saint-Exupéry, promuovendo – in un momento di rinnovati teatri di guerra – il messaggio profondamente umanista di cui è pervasa l’intera opera. Una sezione è dedicata all’infanzia dello scrittore: è questo l’angolo dei ricordi, con album fotografici, letture fantastiche e disegni realizzati nell’amata dimora di Saint-Maurice sotto il vigile controllo della madre, Marie de Fonscolombe: alla sua tenera presenza, Antoine rivolse lettere – di cui la mostra è generosa – intrise di affetto, riconoscenza e dolorosa nostalgia. La rassegna non poteva non rievocare, inoltre, le avventure nei cieli. L’Aeropostale, innanzitutto. E poi i raid in paesi esotici, l’amicizia con Henri Guillaumet, gli incidenti nel deserto e i miracolosi salvataggi. Esperienze da cui sono germogliati i cosiddetti romanzi dell’aviazione Corriere del Sud (1929), Volo di notte (premio Femina nel 1931) e Terra degli uomini (1939) ma che accenderanno anche la fiammella del Piccolo Principe.
Manifestazione dell’impegno politico di Saint-Exupéry è Pilota di guerra. Apparso inizialmente negli Stati Uniti e poi autorizzato dal regime di Vichy, verrà interdetto dai nazisti nel 1943. Una delle ultime istantanee di Antoine scattate dal fotografo di «Life» John Philipps all’aeroporto militare di Alghero, lo ritrae mentre – ormai fuori «taglia» – indossa goffamente la divisa del 3rd Photographic Reconnaissance Group. Dalla costa nord-occidentale della Sardegna «Tonio» effettuerà il suo penultimo volo. Com’e noto, l’ultimo – decollato da Borgo, in Corsica, il 31 luglio del 1944 – si concluse tragicamente nella rada di Marsiglia. Nel 2000, il sommozzatore Luc Vanrell – in seguito al controverso rinvenimento del braccialetto d’argento con i nomi di Antoine e Consuelo da parte del pescatore Jean-Claude Bianco – ha identificato al largo dell’Isola di Riou i resti del P38 – Lightning. Senza sepoltura, l’aviatore-eroe di cui nessuno poté piangere le spoglie si trasfigurerà così nel misterioso e struggente personaggio che lo ha reso immortale.

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