La minaccia anarchica sta passando di moda, adesso è il turno del terrore rosso. Da un paio di giorni i social network sono un elenco di allarmi per l’incolumità degli esponenti della maggioranza e del governo. Se n’è accorto il notoriamente misurato Francesco Storace, che giusto ieri si è esibito in un pezzo che ha guadagnato il titolone d’apertura di Libero: «Ora vogliono pure uccidere il ministro». Chi? «Lo squadrismo rosso», chiarisce l’occhiello. Si parla delle minacce di morte all’indirizzo di Valditara, ovvero del post su Instagram di uno studente di un liceo di Torino: «Ho sognato questa notte le barricate in via Bologna. E la Digos qua non entra più, Valditara a testa in giù».

Segue a distanza ravvicinata un altro allarme, sempre proveniente da Instagram, contro Matteo Salvini, citato in una storia con colonna sonora di Dj Fastcut: «Sappia che a piazzale Loreto c’è ancora posto». Il ministro delle Infrastrutture si è detto comunque disponibile, volendo, a fare un’assemblea con gli studenti.
E poi c’è la piazza antifascista di Firenze, dove qualcuno ha gridato un «Meloni sei la prima della lista» e qualcun altro avrebbe addirittura inneggiato al maresciallo Tito, come ha segnalato a Radiotre, preoccupatissimo, il consigliere del ministero della Cultura Francesco Giubiliei (che, di contro, ha balbettato non poco quando gli è stato domandato quali fossero i rapporti tra Azione Studentesca e Fratelli d’Italia).

Il resto ce lo mette il Secolo d’Italia del redivivo Italo Bocchino, che denuncia feste di carnevale in cui si sarebbe parlato di un «omicidio Meloni purtroppo mai avvenuto».
In tutto questo, dopo le accuse di connivenza con la mafia perché i suoi parlamentari effettuano visite in carcere così come previsto dalla legge, il Pd viene bollato come irresponsabile perché «con certa gente» ci andrebbe a braccetto.

I fedeli climatologi del governo, insomma, non hanno dubbi: in Italia tira una brutta aria. E il riferimento non è alle violenze degli studenti di destra a Firenze, né ai quattro neofascisti arrestati in Sardegna per terrorismo appena dieci giorni fa, ma alle minacce a mezzo Instagram contro Meloni e i suoi. Provocazioni gratuite, sciocche e decisamente puerili, ma «il salto di qualità» di cui pure ha parlato Ignazio La Russa nella sua ultima intervista tv si fa fatica a vederlo.

Lo dice, del resto, lo stesso Viminale. Nell’arco di nemmeno due settimane, prima a margine di un incontro a Torino, poi in Calabria e infine alla presentazione del rapporto annuale sulle persone scomparse, il ministro Piantedosi ha ribadito che, rispetto al pericolo anarchico, «non ci sono particolari preoccupazioni». Ci sarebbero anche dei numeri a proposito: nella relazione di settembre sulle intimidazioni agli amministratori locali si segnala una diminuzione dei casi del 16% rispetto al 2021. In calo anche le manifestazioni con episodi di violenza: meno del 3% del totale di quelle che si sono tenute l’anno passato. Lo scorso dicembre, al primo Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza presieduto da Piantedosi, nessun riferimento è stato fatto alle minacce a esponenti politici e, persino per quello che riguardava le previsioni sul 2023, l’unico accento è stato messo sui reati stradali.

Ma un allarme non ha bisogno della realtà per esistere: basta proclamarlo, aggiungere che non bisogna sottovalutare certi episodi e poi invitare tutti ad abbassare i toni. Tutti gli altri, ovviamente, perché nell’Italia di Giorgia Meloni un post su Instagram è un fatto di gravità inaudita, mentre un ministro che minaccia una preside è normale dialettica politica.