Docenti a scatti meritocratici
Renzi annuncia la stabilizzazione di 150mila precari tra un anno. Ma la sua riforma prevede più ore di lavoro e aumenti salariali legati alle competenze. Il costo della mega infornata è di quattro miliardi a regime. Per i nuovi assunti è prevista la «valutazione di merito» ogni tre anni e l’obbligo alla mobilità. La figura centrale del «patto» renziano sarà il preside-manager
Renzi annuncia la stabilizzazione di 150mila precari tra un anno. Ma la sua riforma prevede più ore di lavoro e aumenti salariali legati alle competenze. Il costo della mega infornata è di quattro miliardi a regime. Per i nuovi assunti è prevista la «valutazione di merito» ogni tre anni e l’obbligo alla mobilità. La figura centrale del «patto» renziano sarà il preside-manager
Il «patto educativo» proposto da Matteo Renzi a docenti, famiglie e studenti è un progetto di società, e non solo scolastico, congruente con la pedagogia neoliberale che il presidente del Consiglio vuole applicare all’intero paese. Ispirato alla «meritocrazia» il governo propone uno scambio ai 150 mila docenti che ha annunciato di volere assumere da settembre 2015: un posto di lavoro, ma a condizioni salariali bloccate per nove anni, e in più chiede la disponibilità ad essere flessibili geograficamente. Stipendi ridotti e mobilità dettata dalle esigenze della scuola-azienda. In questo modo Renzi si propone di rendere efficiente lo Stato per gestirlo come un’impresa.
Gli scatti di competenza
Il primo obiettivo è abolire il contratto nazionale e la progressione di carriera del personale scolastico in base all’anzianità di servizio. Gli «scatti di anzianità» saranno sostituiti dagli «scatti di competenza» che saranno concessi solo ai docenti giudicati «meritevoli» in base a una valutazione sui crediti «documentabili, valutabili e certificabili». Lo «scatto di competenza» dovrebbe avvenire ogni tre anni. Si sostiene che due docenti su tre avranno 60 euro in busta paga in più. Sempre che lo meritino. Nei fatti viene aperta la strada all’aumento dell’orario di lavoro dei docenti.
Quello di Renzi è anche un discorso morale. La «competizione» viene legata alla responsabilità. Sottoponendosi alla valutazione, i docenti e gli studenti aiuteranno lo Stato a risparmiare e a essere più produttivi, rispettando il comandamento dell’austerità. Quello che è certo è che non si torna indietro: gli 8,4 miliardi di euro tagliati da Gelmini-Tremonti non verranno rifinanziati.
Le assunzioni
Nelle graduatorie ad esaurimento (Gae) ci sono 155 mila docenti precari. Quest’anno verranno assunti 7700 su cattedre ordinarie e 6700 su posti di sostegno. L’anno prossimo il governo vuole assumerne in un solo colpo 140.600. A questi aggiunge i 3 mila vincitori senza cattedra del concorsone 2012 (il 70 iscritto alle Gae). Assunti anche gli «idonei« dello stesso concorso: 6300 (il 60% iscritto alle Gae).
A tutti gli altri precari abilitati il governo prospetta un concorso per assumere 40 mila persone dal 2017 e colmare il divario con il personale che andrà in pensione. Tra questi dovrebbero entrare anche i recenti abilitati Pas (69 mila) e Tfa I e II ciclo (10.500 e 22.500). potrebbero partecipare fino a 200 mila persone, calcolando anche i laureati non abilitati. Questa operazione costerà 3 miliardi di euro. Un miliardo dovrà essere impegnato da settembre a dicembre 2015 nella legge di stabilità che verrà presentata nei primi giorni di ottobre.
Come curare la «supplentite»?
I 150 mila assunti andranno a coprire l’organico dei posti scoperti. Visto che molte con i tagli alla scuola migliaia di cattedre sono state cancellate, e molti sono stati gli istituti accorpati, chi non avrà una cattedra andrà a ricoprire una «posizione funzionale». 50 mila avranno una cattedra, 100 mila neo-assunti dovranno garantire la mobilità, spostarsi nella loro provincia, rispondendo alle richieste dei presidi. Le assunzioni dovrebbero seguire l’ordine nella gradutatoria. Chi sta in fondo rientrerà in questo «organico funzionale a rete». Ci sarà una categoria di docenti «stabili» e un’altra di «mobili», cioè dovranno essere disponibili a trasferirsi per lavoro, non diversamente da quanto accade oggi tra i precari che migrano da Sud a Nord. Entro il 31 dicembre di quest’anno il Miur dovrebbe fare il censimento di tutti i precari per chiarire la situazione. Sembra infatti che 43 mila iscritti alle Gae non abbiano effettuato supplenze negli ultimi 3 anni, probabilmente perché lavorano a tempo pieno e sottopagati nelle scuole paritarie. Proprio quelle che il governo intende aiutare con misure per la defiscalizzazione.
Verrà abolita la «terza fascia» dove i precari sono più numerosi e lavorano sulle supplenze brevi che saranno assorbite dall’organico funzionale. Si calcola che siano 93 mila le persone che hanno insegnato meno di un mese. 100.500 quelli che hanno insegnato più di un mese. Non vengono considerati «precari». Saranno apolidi.
Il preside-manager
Figura centrale del «patto» è il dirigente scolastico. Figura centrale della sua scuola sarà il preside-manager. Gestirà il registro nazionale dei docenti, l’insieme dei curricula online, definiti anche come «portofolio» delle competenze. Sceglierà i docenti più adatti al suo progetto di impresa, la «squadra» si legge nel documento, lo stile è da gestione delle risorse umane. Il preside-manager sarà un capo-impresa che sceglierà i «suoi» docenti, un po’ come farebbe Marchionne con i suoi manager o dipendenti. La vecchia utopia aziendalista dell’istruzione, perseguita sin dalla fine degli anni Ottanta trova la sua realizzazione. Renzi realizza la vecchia legge Aprea respinta dagli studenti nel 2012.
Il sistema di valutazione
Il tutto sarà gestito da un sistema di valutazione interno, coordinato da un «docente mentor», e da un sistema nazionale di valutazione (Snv) rivolto anche alle scuole paritarie. Questi sistemi sono l’espressione del progetto neo-liberale introdotto nell’università e nella ricerca con la riforma Gelmini: serviranno cioè ad aumentare la «qualità» della scuola e i «portfolio» di studenti e docenti. Il progetto è quello di superare l’idea per cui l’insegnamento è un «servizio pubblico». Diventerà un atto di volontà individuale al servizio della scuola-impresa. Il documento governativo parla di «riscatto» individuale e «protagonismo civico». In vista della premialità, si consiglia all’individuo di impegnarsi nella sua comunità di riferimento a diffondere i valori della nuova governance. Il valore dell’impresa cresce quante più persone scelgono di auto-valutarsi.
Privati, volontari e terzo settore
Renzi vuole attrarre i privati, imprese, fondazioni, fino a prospettare al Terzo settore l’entrata nella scuola su progetti per tenere aperti gli istituti oltre l’orario scolastico. In quest’ottica vincolerà il Fondo per il Miglioramento dell’Offerta Formativa (Mof) agli obiettivi di miglioramento delle scuole. Le attività così prodotte verranno valutate nel portfolio di docenti e studenti e rientreranno nella valutazione finale. Si punta a creare «laboratori sul territorio» (anche con Fablab o incubatori d’impresa) per integrare pubblico e privato. Viene inoltre teorizzato il ricorso al lavoro gratuito e volontario dei professionisti o dei docenti in pensione che offriranno «servizi» e «competenze» alle scuole. Si vuole così creare «comunità educanti», ispirate ai valori dell’impresa etica. Nell’immaginario del governo queste comunità avvieranno al lavoro gli studenti con stage e all’apprendistato in azienda, obbligatori negli ultimi tre anni dei tecnici e professionali. È un progetto che rientra nella riforma Poletti dove gli apprendistiti vengono inquadrati con una paga fino al 60% dei loro colleghi. La buona scuola educa, alla precarietà.
La società dei controlli
Annunciata, infine, una «digitalizzazione spinta» della scuola. Le aziende che producono lavagne luminose faranno affari d’oro. Ma con questa idea, molto simile al progetto berlusconiano anche per l’insistenza sull’inglese, si vogliono introdurre i dispositivi dello screening e del profiling individuale sulla base delle competenze (il portfolio). Renzi si prepara così al passaggio dalla società disciplinare a quella che Gilles Deleuze definì «società dei controlli».
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