«Divano» numero quattrocento
Sono con questa quattrocento le note apparse su «il manifesto» regolarmente ogni venerdì, dal 26 febbraio 2016, in questa rubrica Divano. Una prima serie, con cadenza quindicinale, fu pubblicata tra il 1991 e il 1992. Furono Rossana Rossanda e Valentino Parlato a propormi di tenerla. E poi, otto anni orsono, ancora Valentino e Luciana Castellina mi sollecitarono ad accordarmi con Norma Rangeri e Tommaso Di Francesco nel caso fossero eventualmente propensi a riprenderla, quella rubrica, dopo tanti anni, con il medesimo titolo e con i medesimi intenti. Accettarono la proposta, ma Tommaso insisté perché il Divano uscisse ogni settimana, il venerdì.
Mi assunsi l’impegno non senza la forte preoccupazione che mi dava il fiero dubbio di non esser io capace di rispettare la tassativa regolarità che mi veniva richiesta. Dissi che ci avrei provato, salvo rinunciare senza indugio una volta constatata la mia inadeguatezza ad onorare il compito che mi assumevo.
In questo Divano numero 400, in segno di buon augurio, vorrei riportare stralci di quanto si leggeva nel Divano numero 1, otto anni fa: «Per suggestione dei canzonieri arabi classici e, segnatamente, di quello celebre di Hafiz, con il titolo Divano Occidentale-orientale Goethe raccoglie nel 1819 le liriche composte nei quattro anni precedenti. Divano sta per elenco ordinato, raccolta. Il vocabolo (tiene nell’etimo la radice di scrivere) ha la sua origine nel persiano diwan donde pervenne alla lingua araba e alla turca e, da queste, senza alterazioni o corruzioni, passò in Occidente, a quanto pare nel primo Seicento, come affermano i più (ma l’uso di divan in Francia è attestato all’anno 1558 e in Spagna fin dal XII secolo), tal quale nella lingua spagnola e francese, nella tedesca e nell’inglese. E in italiano. Si intitola allora questa rubrica Divano per dichiarare che vi si tratterà di argomenti scelti, collocati in una disposizione riconoscibile, svolti secondo un metodo. Del resto, con diwan si intendeva proprio rubrica, semplicemente.
La redazione consiglia:
Irma Brandeis missionaria messianica: un’ipotesi suggestivaEra infatti il registro nel quale si segnavano i nomi dei dignitari che formavano il Consiglio di stato dell’impero turco, sicché si usava dire che era riunito il diwan quando costoro si adunavano in seduta plenaria. Da qui, divano come luogo in cui si assumono responsabilità pubbliche o esercizio di un pubblico ufficio. E lo scrivere su un quotidiano è atto pubblico di cui si porta piena la responsabilità. Pure per questo verso si vorrebbe giustificato il nome prescelto per questa rubrica.
Michele Rago in un suo Manuale del giornalista, a proposito della ‘rubrica’ («nota che è nello stesso tempo di continuità e di varietà») scriveva: «nella rubrica la realtà si allarga, si entra nel campo della informazione e della critica culturale. Non esistono più legami precisi con l’attualità: è la stessa rubrica che, con i suoi pregi particolari, crea in qualche caso l’attualità».
Quali pregi particolari possono creare l’attualità di una rubrica? Entro spazi tipografici dati, con regolare periodicità, note dedicate a temi tra loro affini, percepiti, se non in stretta continuità, almeno entro un giuoco di corrispondenze e rimandi reciproci. Chi si appresta a redigere una rubrica, si dispone ad un esercizio di scelta, cioè di critica e di approfondimento. È necessario accomodare competenze e inclinazioni provando a conferir loro un verso, una direzione. Nel concepire il tenore della rubrica, l’autore pone nel contempo alla prova la sua maturità di giudizio e i presupposti di metodo con le sue predilezioni, i suoi gusti.
Mettere in luce il particolare per intendere l’insieme. E porre in evidenza il particolare in virtù di sensati ingrandimenti, di commisurate rispondenze. Considerare la forma propria o, più semplicemente, il carattere, il modo, il tratto di una poesia o di un dipinto. O d’un edificio, d’un luogo o d’un paesaggio. Illustrare una vicenda esemplare, in sé o per un significato che racchiuda. Lo scegliere e l’ordinare comportano allora una implicazione, un incontro, un coinvolgimento. Quando, addirittura, non mettono capo ad un atto critico che rivendica una sua non differibile presenza. Tale l’attualità della rubrica».
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