Diva ergo sum, le declinazioni infinite dell’universo r’n’b
Icone Il ritorno di Diana Ross, «riletture» postume per Donna Summer e il talento della giovane H.E.R.
Icone Il ritorno di Diana Ross, «riletture» postume per Donna Summer e il talento della giovane H.E.R.
Il confine – labile – tra lo status di pop star, icona e diva, Diana Ross, lo ha superato da tempo. Prima vera stella della musica black a trascendere dal genere e dalla razza, porta a compimento il diabolico meccanismo messo a punto da Barry Gordy e dalla sua Motown capace di imbarcare legioni di giovani bianchi trascinando singoli e album – dove l’r’n’b strizzava l’occhio al pop – dell’etichetta nei top 100 di Billboard. Con le Supremes prima ma soprattutto dal 1970 in versione solista, la seducente artista di Detroit diventa per oltre un decennio un punto di riferimento per chi si misura con il soul di classe (Beyoncé ne ha studiato mise e repertorio per non parlare di Michael Jackson…) attraverso album prodotti insieme a Ashford & Simpons, la disco di classe con gli Chic, le ballate strappacuore (i duetti con Lionel Richie, Endless Love, il tema del film Mahogany), il disco in coppia con Marvin Gaye e qualche tentativo cinematografico.
A VENTIDUE ANNI dall’ultimo album di inediti (Every day is a new day, 1999) – intervellati da molte antologie e un disco di sole cover – la settantasettenne diva annuncia il suo ritorno in pompa magna con un disco in uscita il 10 settembre per Decca (Universal) dal benaugurante titolo Thank You, tredici pezzi e una lista lunghissima di produttori che includono Jimmy Napes (Alicia Keys, Sam Smith), Tayla Parx (Ariana Grande, Khalid), Mark «Spike» Stent (Spice Girls, Beyoncé, Madonna), Amy Wage (Ed Sheeran). Se la scelta di produttori lascia presagire un occhio attento alla scena contemporanea, il singolo omonimo di debutto fa però tesoro della grande tradizione soul dei settanta, refrain e ritornello evocativo in un climax gospel che recupera un sample dal classico di Marvin Gaye e Tammi Terrell You’re All I Need To Get By.
ICONA IN VITA e ancor di più dopo la sua prematura scomparsa, avvenuta il 17 maggio del 2012, Donna Summer può vantare una discografia estesa nel tempo e che le ha consentito di andare oltre il fortunatissimo e creativo lustro disco cavalcato con successo insieme a Giorgio Moroder, grazie a una scelta di repertori anche molto lontani fra loro. Repertorio rivalutato grazie al lavoro degli eredi (e l’etichetta Crimson Productions) che da qualche anno stanno rieditando la sua discografia attraverso singoli progetti, un box di trenta album uscito lo scorso anno con la discografia completa, remix, rarità e collaborazioni sparsi nel tempo. Il prossimo – annunciato per l’8 ottobre – è poi alquanto bizzarro. Si tratta infatti di I’m A Rainbow – Recovered & Recoloured, lanciato con il primo singolo disponibile da oggi, I Believe in You remixato da Figo Sound. Per i fan della diva di Boston, I’m a Rainbow è forse il lavoro più controverso: registrato nel 1981, il doppio album doveva essere il secondo realizzato per la giovane etichetta di David Geffen, dopo The Wanderer. Una raccolta che dava modo a Donna di mettere in mostra le sue qualità interpretative cavalcando i generi più disparati: dalla disco (Leave me alone) alla ballata epica (To Turn the Stone) al rock (Romeo). Tanta camaleontica capacità di muoversi tra stili diversi spaventò Geffen che congelò il disco, diede il benservito a Moroder e Bellotte e affidò Donna Summer alle cure di Quincy Jones con il quale realizzò nel 1982 l’album Donna Summer, il più marcatamente soul della sua carriera. I’m a Rainbow vedrà la luce solo quindici anni più tardi, nel 1996 ed ora la Crimson ne ripropone una selezione di dieci brani «ripensati» in una chiave più dance e affidati alle mani di produttori di specialisti del remix come Junior Vasquez, Le Flex, Jean Tonique Ladies on Mars e Oliver Nelson.
SE NON EREDE quanto meno influenzata dallo stile delle due dive, la giovane vocalist e songwriter H.E.R. ha appena pubblicato il suo album di debutto Back Of My Mind composto da ben ventun pezzi. La fama di H.E.R. si è accresciuta enormemente nel corso del 2020 grazie a I Can’t Breathe, un inno r’n’b dove elenca con la voce calda e seducente gli orrori del razzismo, tanto da diventare l’inno del movimento Black Lives Matter, e per aver vinto quest’anno l’Oscar per la miglior canzone originale per Fight For you dalla colonna sonora di Judas and the Black Messiah, il film di Shaka King che narra le vicende di Fred Hampton, leader delle Pantere Nere.
Gabriella Sarmiento Wilson (suo vero nome all’anagrafe, classe ’97) è un talento cristallino, suona il piano ispirandosi a Stevie Wonder e ha le idee molto chiare. Ha scelto di farsi chiamare così, ha detto nel corso di un’intervista: «Perché volevo essere una sorta di silhouette, in modo che le persone si concentrassero sulla mia musica non sull’immagine», e ama definirsi, «una ragazza orgogliosamente filippina e nera».
L’ALBUM è un concentrato di r’n’b contemporaneo – inevitabile featuring di stelle del mondo hip hop – ma con una precisa direzione musicale che la porta a confrontarsi con i giganti del passato, tanto che nella perla del disco Bloody Waters feat. Kaytranada & Thundercat, mette a punto un arrangiamento perfetto che cita What’s goin on e il suo diabolico e ipnotico giro di basso funky riprodotto da Thundercat. H.E.R., una stella dalle mille potenzialità. Da tenere sicuramente d’occhio.
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