Non si è attenuata più di tanto la morsa di una penuria idrica assoluta che da oltre quattro anni affligge il Grande Sud malgascio. Nel 2022, a quella che secondo la stessa Onu è «una carestia legata al cambiamento climatico» e che nella lingua degli Antradoy chiamano keré (essere affamati), si sono aggiunti la tempesta Ana e il ciclone Batsirai che hanno causato morti e miseria anche in altre aree del paese. Va un po’ meglio nel nord-ovest ma, spiega padre Jean Toulouba, un congolese delle missioni Consolata che opera nel villaggio di Beandrarezona, «è piovuto meno anche nella nostra regione, che normalmente è molto piovosa da ottobre-novembre fino a maggio e ha un’importante produzione di riso, l’alimento di base nel paese. I raccolti sono meno buoni anche qui».

Vive proprio nel Sud, a Ihozy, padre Attilio Mombelli, missionario vincenziano, in Madagascar da 53 anni. I suoi progetti sociali riguardano soprattutto le scuole professionali, la sanità e il sostegno alle fasce più povere. È un testimone diretto: «In questi cinquant’anni ho visto cambiare molte cose nel clima della nostra zona e del Madagascar in generale. Quando sono arrivato c’era una stagione delle piogge regolare. Capitava anche fra dicembre e febbraio il periodo dei cicloni. Adesso non c’è più regolarità. In questi ultimi anni le piogge sono state scarsissime».

E adesso? «Dopo anni a secco, quest’anno abbiamo avuto in alcune aree precipitazioni importanti, temporali di tre o quattro ore, quasi un diluvio. In tutto il Madagascar ci sono stati cinque cicloni, due sono passati anche nel Sud e hanno fatto disastri. Cose che non capitavano nel passato». Dunque l’acqua è più che arrivata? «I cicloni hanno portato disastri, hanno sommerso villaggi; ma ci sono zone, tante, nelle quali non hanno portato acqua ma solo vento e disastri. In certe aree si è potuto coltivare il riso in abbondanza e magari a 20 chilometri niente, l’acqua non bastava».

Il fiume di Ihozy «è quasi secco, e anche gli altri. Le piogge non sono state sufficienti a riempire le falde acquifere. L’abbiamo avuta per coltivare il riso, per i pozzi nell’immediato, ma le sorgenti sono quasi secche di nuovo, visto il lungo periodo arido. Insomma i fiumi si riempiono tre volte all’anno e basta». I progetti sono tanti, anche nel recupero della (poca) acqua piovana, con cisterne accanto alle scuole, «ma sono gocce nel mare; non vedo una soluzione prossima».

Padre Attilio ha visto nei decenni regredire le aree forestate («alberi incredibili, secolari») di questo paese scrigno di biodiversità: «Uno dei problemi è che le persone danno fuoco per liberare spazio da coltivare. La deforestazione va sempre più avanti. Ma un fattore centrale è questo cambiamento del clima che vediamo anche in Europa, Il Madagascar forse paga più degli altri…».

Davanti a questa situazione, i vescovi della conferenza episcopale malgascia hanno iniziato anni fa il progetto «diocesi verdi»: associazioni, Caritas, parrocchie sono invitate a piantare alberi adatti al luogo ma soprattutto, «e questo fa la differenza, con l’impegno, di gruppo, di famiglia o personale, ad accudirli nella crescita», finché non faranno da soli. È un progetto anche educativo e qualcosa di ben diverso, fa rilevare polemico il missionario, «dalle giornate dell’albero nelle quali sono tutti obbligati a partecipare, anche impiegati che non sanno nemmeno tenere la vanga, e alla fine sono piccoli carnevali».

Insomma il Grande Sud cerca di sopravvivere alla siccità affamante, con i suoi campi desolati ricoperti dalla polvere rossa, numerosissimi sfollati interni che sopravvivono accampati nei centri urbani, un milione di bambini in stato di malnutrizione importante, con le madri che percorrono lunghi tragitti per portarli ai centri nutrizionali sempre affollati. Fa parte del coordinamento Vim (Volontari italiani Madagascar) il centro nutrizionale della onlus fiorentina Stand up for Life, mentre altri soci del Vim lavorano nella potabilizzazione dell’acqua, e altri ancora nel progetto di produzione di integratori alimentari a base di piante locali resistenti alla siccità; come la moringa.

Comunque è tutto il Madagascar a risultare fortemente impoverito, anche dalle misure anti-pandemia che hanno fatto salire all’80 per cento la percentuale di abitanti sotto la soglia di povertà assoluta. La Banca mondiale l’aveva fissata, nel 2015, a 1,90 dollari al giorno; ma ha rivisto il parametro che al prossimo autunno passa a 2,15 dollari, sui prezzi del 2017.

Un flagello è risparmiato a questo popolo: la guerra. È già una base solida.