Lo scontro sul 25 aprile arriva a Palazzo Madama, con Ignazio La Russa regolarmente al suo posto sullo scranno più alto. La maggioranza decide di votare anche la mozione di Pd, M5S, Az-Iv, Autonomie e Alleanza Verdi Sinistra, ma è più una provocazione che una mossa ecumenica.

IL DOCUMENTO era stato concepito all’indomani delle gravi dichiarazioni del presidente del presidente del Senato sull’azione partigiana di via Rasella. Prende le mosse dal discorso col quale Liliana Segre aveva aperto la legislatura: la senatrice a vita si era chiesta chiedendosi per quale motivo il 25 aprile, il primo maggio e il 2 giugno siano considerate «divisive». Da qui nasce un equivoco non da poco. Perché il testo delle opposizioni viene battezzato «mozione Segre», tirando in ballo a sua insaputa la senatrice a vita che al momento della discussione non neppure è presente in aula. Questa operazione di restyling consente a Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia di uscire dall’imbarazzo e disinnescare l’insidia delle opposizioni. Decidono di votare il documento che viene ascritto alla senatrice a vita sopravvissuta ad Auschwitz, solo per questo considerandolo come bipartisan. La cosa strana è che pare che questa targhetta, dalla quale Segre è costretta a prendere le distanze con un comunicato stampa stringato ma palesemente piccato, pare sia stata appiccicata alla mozione da esponenti del centrosinistra. Al danno bisogna aggiungere la beffa: da Palazzo Madama trapela che la commissione Segre, quella sì legittimamente intestata alla senatrice, fino a oggi non ha potuto prendere il via perché la maggioranza non ha comunicato i nomi dei sui membri. L’organismo era stato votato all’unanimità ma pare incontrare una sorta di resistenza passiva dalle destre.

CHE LA MAGGIORANZA usi strumentalmente Segre è ancora più evidente quando mette sul tavolo il suo documento, che come da anticipazioni è un distillato di revisionismo e relativismo. Stigmatizza «ogni potere totalitario, a prescindere da qualunque ideologia’, e segnatamente contro il nazismo, il fascismo, il comunismo», e ripropone l’accostamento tra Olocausto e foibe. Alla fine passa anche questa mozione, con i 78 voti favorevoli delle forze che sostengono il governo, i 29 contrari di Partito democratico e Alleanza Verdi Sinistra, i 26 astenuti di M5S e Azione-Italia viva.

«NON ABBIAMO imbarazzo alcuno a ribadire giudizi drasticamente inequivocabili su tragedie della storia del Novecento – dice in aula Walter Verini del Pd presentando la mozione – I lager sovietici, i massacri staliniani. Abbiamo ogni anno reso omaggio alle persone massacrate nelle foibe, ai profughi giuliano-dalmati. Ma nel nostro paese c’è stato un regime fascista. E i comunisti italiani si sono battuti per la libertà. Se oggi tutti noi siamo qui, è perché in Italia ci sono stati la resistenza antifascista e il 25 aprile». Raffaele Speranzon di Fratelli d’Italia spiega in questo modo l’allergia della sua parte politica per l’antifascismo, non menzionato nella mozione delle destre: «Doveva essere il valore unificate tra destra e sinistra, ma è diventato un elemento divisivo. Non perché i moderati di centrodestra sono meno antifascisti, ma perché non sono antifascisti come vorrebbe la sinistra: impegnata a distribuire patenti di libertà. E che nella sua storia ha condotto ad atti di efferata violenza». Di fronte alle proteste da sinistra, La Russa ci mette ancora una volta del suo e sancisce: «Nella Costituzione non c’è alcun riferimento alla parola antifascismo». Peppe De Cristofaro di Alleanza Verdi Sinistra marca la distanza, evidenzia il senso di via Rasella e ricorda all’aula: «Furono solo i partigiani a riscattare l’onore e la dignità di tutto il paese. Ed è solo con questa solida consapevolezza alle spalle che possiamo incamminarci sul percorso che ci ha indicato la senatrice Segre».