Destino da Indiana Jones, il fascino di ieri e lo sguardo di sempre
Al cinema Da oggi nelle sale il nuovo capitolo della saga, «Indiana Jones e il Quadrante del Destino», l’ultimo con protagonista Harrison Ford, la regia è di James Mangold. Una credibile «giovinezza digitale» con l’ispirazione dei videogame
Al cinema Da oggi nelle sale il nuovo capitolo della saga, «Indiana Jones e il Quadrante del Destino», l’ultimo con protagonista Harrison Ford, la regia è di James Mangold. Una credibile «giovinezza digitale» con l’ispirazione dei videogame
Dopo la prima mondiale a Cannes, il mese scorso, arriva nella sale Indiana Jones e il Quadrante del Destino, entry un po’ retro dei listini estivi, che punta sul fascino evergreen della sua star di sempre, Harrison Ford.
ATTORE la cui carriera abbraccia più di cinquant’anni di importante cinema americano, Ford indossa il suo status di mega star globale con la discrezione di un caratterista, che si è tenuto stretto il tipico riserbo midwestern pur continuando ad essere uno degli attori più pagati (20 milioni a film) e corteggiati di Hollywood. L’economia delle espressioni, la lieve autoironia che lo avvolge da sempre, e l’inesorabile depositarsi del tempo, sul suo volto (gli occhi però continuano ad essere infantili, anche a ottant’anni), sui suoi movimenti e su quelli dei suoi personaggi danno l’impressione che la polvere degli anni si sia posata con grazia su Ford, come su uno dei rarissimi pezzi antichi per cui va pazzo Indiana Jones. Ma quella stessa polvere è assente, come per magia, nella scena d’apertura del quinto capitolo delle avventure dell’archeologo esploratore inventato da Lawrence Kasdan, Steven Spielberg e George Lucas nel 1981. Perché l’Indy che incontriamo all’inizio del film è lo stesso di….quarantadue anni fa.
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Harrison Ford: «È stato bello, ma ora non vorrei tornare giovane»DOPO la prima di un’interminabile serie di elaboratissime scene d’azione che si avvicendano una dopo l’altra (questa è ambientata su un treno) il film si sposta in un modesto appartamento di New York. È il luglio del 1969, poco dopo lo sbarco sulla Luna dell’Apollo 11. Nelle strade si sta preparando un’enorme parata per festeggiare gli astronauti, ma al professor Jones il cosmo non interessa. Stanco, irascibile, scricchiolante e depresso come appare (con i documenti del divorzio pronti da firmare e il frigo vuoto), completamente scollato dal presente, sembra che non gli interessi nemmeno più l’archeologia. Fino a quando Helena, la figlia del suo vecchio amico di Oxford (Phoebe Waller-Bridge, l’autrice e protagonista delle sitcom inglese Fleabag), non appare in classe e lo risucchia nella ricerca del quadrante. Insieme alla ragazza, il passato rigurgita anche un ex ufficiale nazista (Mads Mikkelsen) che è alla ricerca dello stesso oggetto. Dopo aver gettato la parata nello scompiglio più totale con iperboliche scene di fuga a bordo di numerosi veicoli, incluso un cavallo, il film si sposta a Tangeri, sul fondo del Mediterraneo, e poi nella Sicilia di Archimede, nel bel mezzo di una battaglia navale della guerra punica. Antonio Banderas -sprecato- appare per un attimo nei panni di un vecchio pescatore. Karen Allen – la fidanzata storica – torna per il finale un po’ sdolcinato. Oltre a tutti i mezzi di locomozione possibile, qua e là appaiono i classici props della saga – i serpenti che Indy detesta (qui sotto forma di murena), milioni di ragni enormi, tombe che si aprono e mega massi rotolanti. Il ritmo è sempre serrato, il modello quello del videogioco di qualità che la produttrice Katheleen Kennedy ha impresso anche agli Star Wars dell’era post Lucas. Quasi perfetti e un po’ senza cuore – se non fosse per quel caratterista da venti milioni di dollari.
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