«Ci dovete caricare!! Ci dovete uccidereee!!!». Vincenzo De Luca si rivolge con veemenza inusuale persino per lui agli agenti di polizia che gli bloccano la strada verso l’ingresso di Palazzo Chigi. Ha deciso di puntare verso la sede del governo dopo aver tentato inutilmente di essere ricevuto al ministero per gli Affari europei e il sud, guidato da Raffaele Fitto (assente). Con la polizia ci sono momenti di tensione, alcune centinaia di sindaci e amministratori arrivati a Roma da tutto il sud (soprattutto dalla Campania) cantano «Bella ciao», volano spintoni, alcuni primi cittadini lamentano di essere stati caricati.

Poi il governatore ripara alla Camera, l’unico palazzo da cui non può essere tenuto fuori. E lì, sui divanetti di Montecitorio, regala ai cronisti la frase di giornata destinata alla premier Meloni che, dalla Calabria (dove ha firmato l’ok a 3 miliardi di fondi per il governatore di Fi Occhiuto), lo aveva invitato a «lavorare invece di fare manifestazioni»: «Senza soldi non si lavora. Stronza, lavori lei».

È IL CULMINE DI UNA GIORNATA che era nata per protestare contro il ritardo nella consegna di circa 7 miliardi di fondi dal governo alla Campania (5,6 miliardi di Fondi di sviluppo e coesione e 1,3 di altri fondi europei). Ma soprattutto per protestare contro l’autonomia differenziata: 20 i pullman partiti dal sud, comizio del governatore in piazza Santi Apostoli. «L’Autonomia è una legge truffa», attacca subito De Luca. «Se si consente alle regioni del nord di fare contratti integrativi nella sanità con 3000 euro in più al mese per i medici noi siamo morti».

E ancora: «Schlein ha detto che l’autonomia penalizza il Sud? No, lo calpesta e lo offende. Meloni deve chiedere scusa, se pensa che la dignità del Sud sia in vendita si sbaglia». Il governatore è un fiume in piena: «Chi governa non può prendere le risorse come se fossero un bottino di famiglia e fare quello che vuole». Anche l’Anci Campania attacca: «Senza quei fondi 200 Comuni rischiano il default».

NEL MIRINO SOPRATTUTTO il ministro Fitto, che nei giorni scorsi aveva convocato i sindaci campani per dare rassicurazioni e togliere benzina alla manifestazione. Niente da fare. Dopo il comizio De Luca parte in corteo sottobraccio ad alcuni sindaci per un sit-in improvvisato sotto il ministero di Fitto. Vuole entrare e consegnare una sorta di lettera -ultimatum per chiedere lo sblocco dei 7 miliardi entro una settimana. Ci sono trattative, cui partecipa il prefetto Mario Morcone, oggi assessore alla Sicurezza nella giunta della Campania.

Niente da fare. Così la truppa ripiega verso palazzo Chigi. «Dovete far venire qualcuno qui a parlare con noi!», grida De Luca agli agenti, per poi passare al più ruvido «Non ce ne andiamo. Ci dovete uccidereeee!». Infine, un nuovo corteo verso la Prefettura, dove il governatore è arrivato attorniato dai cori di incitamento dei sindaci («C’è solo un presidenteee»), per poi essere ricevuto dal prefetto Lamberto Giannini. All’uscita ritrova la posa dell’uomo d’ordine: «Le forze dell’ordine non c’entrano, c’entra il governo indegno di un paese democratico».

IL SINDACO DI NAPOLI Gaetano Manfredi, forse preveggente, aveva deciso di non salire a Roma. C’è Clemente Mastella, sindaco di Benevento, che già di primo mattino aveva suggerito di «evitare le guerre puniche» e un clima di maggiore collaborazione tra istituzioni. «De Luca fa bene a dare una scossa, lo sapete come è fatto, ma io sono qui con le mie idee, sono un democristiano e vorrei evitare scontri».

Suggerimento inascoltato, tanto che alla fine Mastella solidarizza con la premier. In piazza ci sono alcuni esponenti dem: il responsabile sud Marco Sarracino, il deputato Piero De Luca, Pina Picierno, Susanna Camusso, oltre al leader dei Verdi Angelo Bonelli. «Spesso non condivido i toni di De Luca, ma il governo ha gestito molto male questa giornata», dice Sarracino.

Il ministro degli Interni Piantedosi accusa i manifestanti: «È mancato il rispetto per gli uomini in divisa anche da parte di chi dovrebbe rappresentare le proprie idee all’insegna del massimo rispetto delle istituzioni e delle regole». Ancora più duro il titolare dell’Istruzione Valditara che parla di «degrado della lotta politica» e accusa il governatore per « l’incredibile e volgare offesa» a Meloni. L’imbarazzo in casa Pd è palpabile. Da destra parte il coro che coinvolge vari ministri: «La sinistra si dissoci, se Schlein non lo manda a casa è complice».