Buon sangue non mente. Ci ha pensato il figlio Jacopo a scrollarsi di dosso quel fastidio da commiato della nazione esibito da mezza Italia per la morte di Dario Fo. Un post: “Sì, adesso sono tutti a celebrare Dario. Dopo una vita che han fatto di tutto per censurarlo e colpirlo in tutti i modi. Vaffanculo. Onore a Brunetta che ha detto che mio padre non gli è mai piaciuto”. Parole che mettono in imbarazzo anche i “compagni” di una vita, quelli che da sinistra hanno attaccato duramente il premio Nobel per aver sostenuto il Movimento Cinque Stelle del suo amico Beppe Grillo.

Al ministro della Cultura, Dario Franceschini, lui che non c’entra niente con la sinistra per come la intendeva Fo, è stato chiesto un parere sulla rabbia di Jacopo. Ha preferito sorvolare. “Devo dire – ha detto dopo una breve sosta nella camera ardente allestita al Piccolo Teatro Strehler – che Dario Fo ha dato molti schiaffi e preso molti schiaffi nella sua vita. Penso si debba tenere distinto il piano delle scelte politiche, legittime, dal piano della grandezza dell’artista, del premio Nobel, del regista, dello scrittore di teatro, del pittore, dello scenografo”. Il ministro ha poi ricordato che, in accordo con il figlio Jacopo, il governo in tempi brevi è stato in grado di dare consistenza “al sogno di Dario”, una sede dove conservare l’archivio dell’artista che raccoglie materiali accumulati lungo un percorso durato più di mezzo secolo. “Stiamo ragionando su altre cose da fare in un tempo molto vicino”, ha promesso il ministro Dario Franceschini.

La sede dell’archivio si trova a Verona. Non a Milano. La sua città, negli anni, non è stata in grado di trovare una sede degna per celebrare l’opera e il lavoro del suo artista più famoso. Dario Fo ci teneva moltissimo a fare questo regalo ai milanesi e non ha mai nascosto il suo disappunto. A Milano nemmeno un teatro di periferia gli è stato dedicato, ma c’è da scommettere che presto la Palazzina Liberty verrà intitolata all’uomo che senza il benestare delle istituzioni l’ha già trasformarla in monumento della memoria per diverse generazioni di milanesi.

Sarà il sindaco Beppe Sala ad avere il privilegio di rimediare al fatto che Milano non ha saputo essere all’altezza di uno dei suoi cittadini più illustri. Il primo cittadino, con addosso la fascia tricolore, ieri ha fatto sosta alla camera ardente. Sapeva bene cosa bisognava dire: “Io penso che Dario Fo abbia dato a Milano più di quanto abbia ricevuto. Non ci sono grandi segni di omaggio a lui e cercheremo di rimediare. Oggi è una giornata piovosa, tipica milanese, ma io ho in mente la sua risata”.

Ieri per tutta la giornata un viavai composto di persone (e “personalità” importunate dai giornalisti) ha trascorso qualche minuto nella camera ardente, una breve sosta davanti a una bara con una foto di Fo sorridente sorvegliato da due carabinieri in alta uniforme mai così fuori posto, forse per un ultimo sghignazzo. Verso sera la stanza si è riempita di omaggi e piccoli regali. Corone di fiori (Matteo Renzi, Sergio Mattarella, Virginia Raggi), matite, due magliette, una maschera bianca da commedia dell’arte, fiori, una copia de il Fatto Quotidiano e una spilletta del M5S – sono passati anche Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Davide Casaleggio.

Questa mattina alle 11, giornata di lutto cittadino, dal Piccolo Teatro Streheler parte un corteo che a mezzogiorno arriverà davanti al Duomo. Dario Fo per l’ultima volta in quella piazza. Sarà la più grande cerimonia laica davanti alla cattedrale di Milano. Triste, forse quasi una festa. Non un buon momento per qualunque tipo di “autorità” presente. Dario Fo, dopo la cerimonia, verrà sepolto nella Cripta del Famedio del Cimitero Monumentale. Vicino a Franca Rame ed Enzo Jannacci, il suo amico di una vita, quello che si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale…