La vita è strana. Prendete un giovanotto nato in provincia di Varese, fatelo studiare a Milano, Accademia di Brera, città dove si sposa, con Franca Rame, e dove larga parte della sua attività artistica ha origine, un’attività che lo porta a ottenere un Nobel per la letteratura e a essere l’autore italiano più rappresentato nel mondo. Bene, anche in occasione dell’ultimo saluto Dario ha dovuto essere ospitato in un teatro non suo perché Milano non ha mai saputo offrirgli questa possibilità.

Eppure la storia di Dario e di Milano sono indissolubilmente intrecciate. Lo sberleffo era nel suo Dna e infatti comincia presto a scrivere testi satirici per la Rai, monologhi dal titolo lombardo Poer Nano. Sono poi i primi spettacoli teatrali e la sceneggiatura di Lo svitato che viene affidato a Carlo Lizzani per la regia. Il film non è un successo, ma c’è già tutta la creatività surreale di Dario, uno sguardo unico verso Milano, che porta ancora alcuni segni della guerra e attorno ai protagonisti Dario e Franca c’è una bella fetta di teatro, da Franco

Parenti a Giancarlo Cobelli, da Alberto Bonucci a Giustino Durano, compreso Leo Pisani, pseudonimo dell’impresario Leo Wachter, amico di Dario dal 1945.
Dario e Franca ormai riempiono i teatri con le loro commedie folli e irresistibili, Dario fa coppia anche con Parenti alla radio e arriva la tv. Anzi arriva nientemeno che la conduzione di Canzonissima la trasmissione di punta dell’unico canale televisivo dell’epoca. Fo e Rame però raccontano storie che ai censori dell’epoca non piacciono. Sono continui confronti, richieste di tagli, aggiustamenti, sino a quando, dopo sette puntate, uno sketch che tira in ballo le misure di sicurezza nei cantieri edili, ovviamente inviso ai burocrati, fa sì i due se ne vadano sbattendo la porta e facendo molto rumore.

Dall’altra parte dell’oceano Bob Dylan canta The Times They are a Changin’, i tempi stanno cambiando. Dario e Franca si spostano dai teatri tradizionali e cercando un nuovo pubblico percorrono strade allora praticamente sconosciute proponendo i loro spettacoli nelle case del popolo, nei circoli ricreativi, nelle piazze, nelle fabbriche.

Sta per soffiare anche in Italia il vento del 1968. Dario «ci ragiona e canta» e con l’amico e sodale Enzo Jannacci scrive Ho visto un re, piccolo gioiello di una collaborazione sempre geniale. Inoltre Dario e Franca, con Nanni Ricordi e altri, fondano il gruppo teatrale Nuova Scena, cercando di ricreare e riproporre la matrice popolare della rappresentazione teatrale. In questo periodo nasce l’opera forse più conosciuta di Dario: Il mistero buffo. Interamente recitato in grammelot, miscelando citazioni storiche e invenzioni sublimi. Subito dopo è la volta del collettivo La comune.

E Dario, sempre con Franca, trova finalmente il suo teatro a Milano: è un capannone industriale in via Colletta, zona Porta Romana. Lì il matrimonio tra teatro e politica si consolida, un testo su tutti: Morte accidentale di un anarchico, in cui viene raccontata la storia di Giuseppe Pinelli, anarchico e ferroviere (come il babbo di Dario che lavorava alla stazione di Porto Valtravaglia), fermato per la bomba di piazza Fontana e mortalmente volato da una finestra del terzo piano della questura di Milano durante un interrogatorio.
Sono anni frenetici per Dario che corre ovunque per portare il suo contributo. Ma il punto di riferimento rimane Milano. Poco distante da via Colletta, in largo Marinai d’Italia, è nato un piccolo parco sullo spazio che era del Verziere, i mercati generali di frutta e verdura, trasferito altrove. Nel parco c’è una palazzina che nessuno sa come utilizzare, Dario e La Comune, dopo anni di abbandono, la trasformano in qualcosa di più di un teatro. Per esempio è lì che il popolo di sinistra celebra la storica vittoria del referendum sul divorzio. Nel ’77 poi sembra essere passato agli archivi l’ostracismo Rai perché, proprio dalla Palazzina Liberty, vengono ripresi e messi in onda da Raidue diversi spettacoli di Dario, tra cui Il mistero buffo (che naturalmente provoca le ire del Vaticano), Settimo ruba un po’ meno, Isabella tre caravelle e un cacciaballe. Sino alla fine degli anni ’70 quello spazio diventa un punto di riferimento imprescindibile, non solo per i milanesi. Ma quel sussulto è destinato a non durare, il comune si riprende dalla Comune quello spazio, affidandolo alla Banda Civica, quindi Dario è di nuovo costretto alle ospitate nei teatri altrui.
Nel 1986 termina un altro ostracismo nei confronti di Dario e Franca, quello del governo degli Stati uniti. Sino a quel momento la coppia «in odore di comunismo» non ha mai potuto ottenere il visto, poi l’intellighenzia statunitense ha cominciato a fare pressione sino a quando è stato possibile organizzare una tournée negli Usa dove Dario porta il suo Mistero buffo e Franca interpreta Tutta casa letto e chiesa. Con una singolare versione di traduzione simultanea fatta di scritte in inglese che scorrono su due rotoli che ruotano durante gli spettacoli. Il successo è trionfale.
Milano però è sempre Milano e la coppia ritrova l’amico Leo Wachter che nel frattempo ha aperto un teatro, il Ciak, e lì trovano ospitalità per i loro spettacoli in città. Anni dopo, in un altro teatro, il Carcano, in corso di Porta Romana, poco distante dalla loro abitazione, Dario celebra pubblicamente il suo Nobel, con Franca che lo assiste e supporta. Solo nel 2012 però Milano gli apre delle porte. Sono quelle di Palazzo Reale in occasione della mostra Dario Fo a Milano – Lazzi sberleffi dipinti.
Il genio di Dario era grande e sfaccettato, ma non avrebbe potuto esprimersi allo stesso modo e con tanta forza sarebbe se accanto non avesse avuto Franca. E allora al Piccolo Teatro Strehler, per l’ultima ospitata, come ha fatto lui solo tre anni fa, al funerale di Franca, lo salutiamo con un «ciaoooo», urlato, ma con tantissimo affetto.