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Rubriche

Da una guerra all’altra, Ungaretti e Giolli

Divano La rubrica settimanale di arte e società. A cura di Alberto Olivetti
Pubblicato 10 mesi faEdizione del 19 gennaio 2024

All’entrata dell’Italia in guerra, il 22 maggio del 1915, Giuseppe Ungaretti è arruolato nel 53° Reggimento di Fanteria di stanza a Vercelli. Il 23 ottobre, soldato semplice inquadrato nella ottava compagnia del 19° Reggimento Fanteria Brigata Brescia, verrà mandato in zona di guerra, al fronte, sul Carso. Ha ventisette anni. Nel 1916, a Udine, in ottanta copie, sotto il titolo Il porto sepolto, stampa presso lo Stabilimento Tipografico Friulano una raccolta di trentadue poesie. Le ha scritte in quei dodici mesi di trincea su foglietti, su margini di pagine di giornale, al bordo di una lettera ricevuta.

Nelle veglie, nella pausa del rancio, nei momenti di provvisorio cessate il fuoco: «abbandonato in questa dolina/che ha il languore/di un circo/prima o dopo lo spettacolo». Ettore Serra, un tenente della sua medesima compagnia, propone a Ungaretti di raccogliere quei fogli sparsi e di stamparli. A Serra, datata Locvizza il 2 ottobre 1916, Ungaretti dedica il componimento Commiato: «Gentile/Ettore Serra/poesia/è il mondo l’umanità/la propria vita/fioriti nella parola/la limpida meraviglia/di un delirante fermento//Quando trovo/in questo mio silenzio/una parola/scavata è nella mia vita/come un abisso».Il porto sepolto confluirà nel 1919 in Allegria di naufragi, il volume edito da Vallecchi che raccoglie le poesie scritte da Ungaretti dal 1914 al 1919.

Nel 1942 Ungaretti cura una nuova edizione dell’Allegria. Molte saranno le recensioni in occasione di questa rinnovata pubblicazione dell’opera del poeta, in piena guerra: da una guerra all’altra la presenza di Ungaretti si accampa, in modi e forme naturalmente variate e diverse, ma tuttavia nella dimensione e nella latitudine di una Italia che è ancora in guerra. Nel 1943 uno studente della Facoltà di Lettere e Filosofia della Statale di Milano, allievo di Antonio Banfi, pubblica una recensione di Allegria

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Si chiama Ferdinando Giolli. Aveva stampato in quello stesso anno 1943, presso l’editore Guanda di Modena, un volumetto di poesie, Le note. È nato nel 1924, ha diciannove anni. Accoglie Il porto sepolto come un lascito, una eredità che gli appare consona alla sua presa di posizione morale riguardo alla guerra in corso. Lo scavo della parola è purificazione dunque, ne consegue, istituzione di un’etica ‘personale’ (che nasce e cresce nell’interiorità), ma intesa ad essere messa in valore perché capace di una sua propria incidenza politica.

C’è, tra gli altri, un passaggio rilevante che Giolli sottolinea a significare l’eredità di Ungaretti quando, citando Giuseppe De Robertis, invita a recitarla questa poesia, ovvero a dirla a voce alta, non, semplicemente, a leggerla nel silenzio d’una stanza. Così è certamente significativo che questa poesia che scaturisce e prende senso da un silenzio di «abisso» (parola di Commiato), inviti Giolli a una dizione cioè ad una pronuncia, ad un suono da ascoltare.

Ungaretti introietta la musicalità del verso (in specie dell’endecasillabo) per ottenere al verso una sorta di continua relazione (che non è affatto interruzione o cancellazione) con il silenzio. Sicché la recitazione di una poesia de Il porto sepolto ha a che vedere con qualcosa che comporta la regola elementare della dizione, della pronuncia, e cioè, nella fattispecie, la restituzione piena del valore della sillaba rispetto al metro. E giacché questa sillaba di Ungaretti è tuttavia dentro l’andamento di un metro, la sillaba assume qui toni, timbri e accentuazioni che sono costitutivi di questo nuovo modo di dare alla parola purificata o pura una valenza poetica piena e compiuta.

È questo dire la parola, che tiene Giolli nell’anno di guerra 1943, è questa urgenza, questa necessità, questo bisogno, di fronte alla parola de Il porto sepolto, di dirla a voce alta: sta qui la più forte conferma, per Giolli, che la poesia di Ungaretti muove e mette capo ad una chiara motivazione di ordine morale. Giolli dopo l’8 settembre 1943 si mette in contatto con i partigiani che stanno combattendo nella zona della Valle d’Aosta. Il 15 ottobre del 1944, la sua pattuglia è intercettata dalla Decima Mas. Giolli verrà fucilato con i suoi compagni l’indomani a Villeneuve, presso Cogne. Ha vent’anni.

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