Approvare la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario nell’aula della camera entro questa settimana, senza la fiducia. Un pezzo della maggioranza prova a raccogliere il bottino pieno grazie a un patto di solidarietà tra sei gruppi – Pd, M5S, Leu, Forza Italia, Coraggio Italia, Azione +Europa – che si impegnano a non presentare emendamenti al testo faticosamente approvato dalla commissione giustizia e a non votare quelli (circa duecento) dell’opposizione. Non partecipano al patto la Lega che insiste con emendamenti che ricalcano i quesiti referendari del prossimo 12 giugno e Italia viva che (a differenza dei leghisti che votano a favore) si sfila del tutto dalla riforma presentando una cinquantina di emendamenti: «Legge inutile, ci asteniamo». Il patto traballa quando i 5 Stelle, relatore del disegno di legge compreso, annunciano che si asterranno nel voto sull’articolo 12 della riforma, quello che riduce da quattro a uno solo i passaggi di funzione consentiti tra pm e giudice (e viceversa) ma la maggioranza, la ministra della giustizia Cartabia e il ministro per i rapporti con il parlamento D’Incà restano ottimisti e sperano nella conclusione alla camera già domani sera.

Al senato servirà invece la fiducia per approvare senza intoppi e soprattutto velocemente la riforma. Gli uffici di via Arenula hanno in mente un blitz nei giorni immediatamente a seguire: la rapidissima approvazione del decreto sui nuovi collegi elettorali (adesso è previsto il sorteggio, ma prima di definire i dettagli servirà acquisire il parere del Csm uscente) e subito dopo la convocazione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio che così potrebbero tenersi due mesi dopo, a luglio inoltrato. Se qualcosa va storto, al senato o nelle procedure di convocazione, si può rinviare il voto a settembre senza grossi disastri.
Nel frattempo l’Associazione nazionale magistrati prepara la clamorosa protesta. Ma malgrado l’accelerazione dei tempi alla camera, rallenta la convocazione, ampiamente annunciata, dello sciopero. Il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia si rivolge così al parlamentino delle toghe, riunito nel pomeriggio di ieri: «C’è stata una contrazione dei tempi alla camera, speriamo sia funzionale a dare al senato la possibilità di una discussione più ampia, e che sia l’occasione perché alcune delle nostre considerazioni critiche siano prese in considerazione». Sa bene anche lui che non è così e che al senato il provvedimento arriverà blindato, ma la magistratura associata è arrivata al momento di massimo scontro in condizioni di isolamento. Le forze politiche che condividono con l’Anm l’opposizione alla riforma lo fanno con argomenti diametralmente opposti a quelli dei magistrati.

Al mattino Santalucia e l’intera giunta esecutiva dell’Anm si presentano ai giornalisti confessando una difficoltà: «Siamo fortemente preoccupati per i contenuti di questa riforma e li contrastiamo, ma abbiamo bisogno di far capire ai cittadini che non siamo una casta che si oppone al confronto e alle novità. Siamo consapevoli della necessità di una riforma, ma di una riforma diversa da questa che guarda molto al passato e utilizza la leva disciplinare per spaventare e controllare i magistrati».

L’Associazione però è ancora divisa, come lo è stata durante tutta la fase della preparazione della riforma tanto da non aver potuto presentare una sua proposta di nuova legge elettorale per il Csm. Tra chi propone non una ma più giornate di sciopero e chi vede il rischio di peggiorare in questo modo la popolarità delle toghe presso l’opinione pubblica, la decisione del vertice dell’Anm (approvata a maggioranza) è quella di rinviare all’assemblea generale dei magistrati del 30 aprile prossimo «di deliberare su ogni efficace forma di protesta, ivi compresa la proclamazione di una giornata di astensione dall’attività giudiziaria». Assemblea alla quale saranno invitati i responsabili giustizia dei partiti. Nel frattempo l’Anm propone di convocare una «Notte Bianca sulla riforma dell’ordinamento giudiziario», organizzando negli uffici giudiziari «eventi serali di informazione e dibattito», chiede agli iscritti di leggere un documento in apertura delle udienze e prepara comunicati da pubblicare sui giornali. «La magistratura prima di arrivare a forme i proteste radicali cerca un dialogo», spiega Santalucia. Intanto la riforma corre.